2023-11-15
Biden ottimista: «Ostaggi verso il rilascio»
Gaza durante un attacco dell'Idf. Nel riquadro, Noa Marciano (Getty Images)
La jihad islamica si sfila da un eventuale accordo Hamas-Gerusalemme. I terroristi accusano il nemico della morte della soldatessa prigioniera Noa Marciano e promettono: «La lotta è all’inizio». La Casa Bianca conferma: «Ospedali usati come base dai jihadisti».Israele contro Antonio Guterres. La replica del portavoce Onu: «Seguita la Carta». Erdogan: «Netanyahu è il nuovo Hitler».Lo speciale contiene due articoli.Mentre a Gaza imperversa la battaglia attorno all’ospedale Al-Shifa e i negoziati per il rilascio degli ostaggi sono apparentemente bloccati, Hamas torna a minacciare Israele. E lo fa con le parole del funzionario e rappresentante di Hamas in Libano, Osama Hamdan: «Diciamo all’occupazione che la battaglia è ancora all’inizio e ciò che sta per arrivare è più grande». Minacce a cui si aggiunge l’ennesimo ricatto tentato dal gruppo terrorista sul tema degli ostaggi, con il terzo video diffuso dall’inizio della guerra che mostra un sequestrato. Questa volta, però, i miliziani delle brigate al-Qassam hanno deciso di andare decisamente oltre e innalzare il livello del terrorismo psicologico mostrando sui social le immagini del cadavere di Noa Marciano, una soldatessa israeliana di 19 anni rapita il 7 ottobre e morta, secondo quanto affermano i terroristi, durante un bombardamento aereo dell’esercito israeliano del 9 novembre. Il video montato da Hamas comincia con la giovane in vita mentre si identifica dicendo di essere prigioniera da quattro giorni, e poi prosegue con le immagini del corpo di una giovane donna. Inizialmente non c’erano certezze che si trattasse di Noa, ma poche ore dopo è arrivata la conferma da parte dell’esercito israeliano. Tel Aviv però sembra non aver intenzione di cedere a tali intimidazioni e procede dritta sulla strada della guerra. Benjamin Netanyahu ha detto che un cessate il fuoco in questo momento senza ottenere il rilascio di tutti gli ostaggi sarebbe una resa ad Hamas. Il premier israeliano, in un’intervista a Fox News, ha poi dichiarato che «se Israele non vincerà, Usa e Ue saranno i prossimi», aggiungendo che «non subirà pressioni dai manifestanti che stanno protestando in tutto il mondo contro l’operazione a Gaza» e assicurando che «farà di tutto per vincere questa guerra». Le famiglie degli ostaggi intanto continuano a far sentire la propria voce e hanno organizzato una marcia di protesta da Tel Aviv a Gerusalemme: l’obiettivo è arrivare nella città santa nella serata di sabato 18 e ottenere un incontro con il gabinetto di guerra per chiedere di compiere ogni sforzo affinché siano rilasciati tutti gli ostaggi. Sul tema è tornato a esprimersi anche Joe Biden. Il presidente degli Stati Uniti si è detto ottimista in merito al raggiungimento di un accordo per la liberazione di dozzine di ostaggi, probabilmente forte della sponda con il Qatar che in questi giorni sta lavorando costantemente a un accordo tra le parti. Da Doha ha parlato il ministro degli Affari esteri, Majed Bin Mohammed Al-Ansari: «Il deterioramento della situazione a Gaza sta ostacolando gli sforzi di mediazione. Crediamo che non ci sia altra possibilità per entrambe le parti se non che questa mediazione abbia luogo e si raggiunga una situazione in cui si possa vedere un barlume di speranza». Una mediazione da cui però si è chiamata fuori la jihad islamica, attraverso le parole del suo leader, Ziad Nachala, secondo cui le modalità di negoziazione potrebbero far decidere al movimento terroristico palestinese di non partecipare all’accordo in attesa di condizoni migliori. Da Hamas, invece, accusano Israele di aver bloccato e rinviato un’intesa che avrebbe dovuto portare al rilascio di circa 50-70 ostaggi tra donne e bambini, in cambio di un numero di prigionieri palestinesi. Ecco quindi che Israele sta lavorando parallelamente a un negoziato anche sul fronte egiziano, con il viaggio del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, a Il Cairo.Va sottolineato, però, come un eventuale raggiungimento di un accordo sul rilascio degli ostaggi non implicherebbe la fine del conflitto. L’esercito israeliano ha preso il controllo dei palazzi governativi gestiti da Hamas nei quartieri di Rimal e Ijlin a Gaza City. In particolare, i militari della Brigata Golani uniti a quelli della Settima Brigata sono entrati nell’edificio del Parlamento, del governo, del comando della polizia e anche nella sede della facoltà di ingegneria che i terroristi utilizzavano per produrre e sviluppare armi. Sui social e su diversi siti è circolata una foto che ritrae i soldati israeliani issare la bandiera dello Stato ebraico all’interno del quartier generale della polizia. L’Idf continua a mettere a ferro e fuoco la Striscia, in particolare gli ospedali. L’Oms ha denunciato che 22 strutture su 36 sono ormai fuori uso e che Al-Shifa è diventato un cimitero con 179 corpi sepolti in una fossa comune all’interno. Secondo il portavoce del ministero della Sanità di Gaza, controllato da Hamas, al momento è impossibile aggiornare il bollettino dei morti a causa della mancanza di Internet che permette di mettersi in contatto con gli ospedali. L’Organizzazione mondiale della sanità ha fatto sapere che circa 600 persone si trovano ancora dentro l’ospedale e una tregua e una speranza per questi civili potrebbe arrivare dal messaggio recapitato ieri da Biden a Israele. Prima di partire per San Francisco, dove il presidente americano oggi incontra Xi Jinping, ha dichiarato ai giornalisti di essere in contatto con il governo di Tel Aviv, a cui ha detto di aspettarsi «azioni meno intrusive» contro gli ospedali a Gaza. Allo stesso tempo però, proprio dall’America, arriva conferme sul fatto che i terroristi usino gli ospedali come base da cui far partire le operazioni e per tenere prigionieri gli ostaggi. Secondo la Casa Bianca queste informazioni arrivano dall’intelligence Usa.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gaza-ostaggi-biden-2666272640.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="israele-si-scaglia-contro-guterres-non-e-degno-di-guidare-lonu" data-post-id="2666272640" data-published-at="1700048554" data-use-pagination="False"> Israele si scaglia contro Guterres: «Non è degno di guidare l’Onu» I rapporti tra Israele e Nazioni Unite si inaspriscono sempre di più. Durante una conferenza stampa a Ginevra, il ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen, ha detto che il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, «non merita di essere il capo delle Nazioni Unite» perché non avrebbe condannato Hamas abbastanza nettamente. La replica è arrivata in serata, per bocca del portavoce: «Il segretario continua il suo lavoro, basandosi sui principi della Carta Onu e sulle leggi umanitarie internazionali». Il presidente americano Joe Biden, pur mantenendo il sostegno a Gerusalemme, comincia a intervenire sui metodi condotti dall’Idf. Nelle ultime ore ha chiesto ai leader israeliani di proteggere l’ospedale Al-Shifa, affermando di «sperare e aspettarsi azioni meno intrusive» in generale contro gli ospedali da parte dello Stato ebraico. Appello al quale si è unita anche Londra. Washington comincia a subire pressioni interne sul tema del conflitto in Israele. Cresce il dissenso interno all’amministrazione Biden, tanto che, come riporta il New York Times, più di 400 esponenti di nomina politica e membri dello staff di circa 40 agenzie governative hanno inviato ieri una lettera di protesta al presidente sollecitandolo a chiedere urgentemente un cessate il fuoco immediato nella Striscia e a spingere Israele a consentire l’arrivo degli aiuti umanitari nel territorio palestinese. Inoltre centinaia di manifestanti guidati da attivisti pacifisti ebrei si sono radunati in California per chiedere il cessate il fuoco a Gaza. «Prendere misure efficaci per fermare immediatamente gli attacchi di Israele su Gaza e inviare aiuti umanitari nella zona è un dovere umanitario e legale di tutte le organizzazioni internazionali e regionali e di tutti i Paesi che cercano la libertà». Sono le parole del presidente iraniano, Ebrahim Raisi, scritte in alcune lettere inviate separatamente ai capi di Stato di alcuni Paesi. L’Iran nel denunciare Israele e i suoi alleati si muove su più fronti. Il viceministro degli Esteri, e capo negoziatore sul nucleare di Teheran, Ali Bagheri Kani, ha affermato che, a prescindere dal risultato della guerra in corso a Gaza, gli Stati Uniti usciranno sicuramente sconfitti. Mentre l’ambasciatore presso le Nazioni Unite Saeed Iravani denuncia preoccupazione per la minaccia per la regione rappresentata dal potenziale nucleare di Israele. Anche la Turchia continua con le accuse. Ankara infatti ha intentato una causa contro il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, presso la Corte penale internazionale (Cpi), accusandolo di aver commesso un «genocidio» nella Striscia di Gaza. «Abbiamo depositato una causa presso la Corte penale internazionale dell’Aja contro l’Hitler del XXI secolo, il primo ministro israeliano Netanyahu, che deve essere processato per il genocidio che ha commesso nella Striscia di Gaza e per tutti i crimini contro l’umanità», ha dichiarato l’avvocato Metin Kulunk dell’Akp, Partito giustizia e sviluppo, oggi al potere. Al coro si unisce anche il presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva: «Ho detto ieri che l’atteggiamento di Israele nei confronti dei bambini e delle donne è un atteggiamento pari al terrorismo, non ho un altro modo per dirlo». Sul fronte opposto si prosegue con lo strumento delle sanzioni. Gli Stati Uniti hanno imposto un terzo pacchetto di sanzioni a un gruppo di funzionari di Hamas in coordinamento con Londra. Critico l’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell: «Più che imporre sanzioni ad Hamas andrebbero tagliati i fondi». Poi ha aggiunto: «Non c’è consenso per ottenere il cessate il fuoco, ma domenica abbiamo raggiunto un accordo per chiedere “pause umanitarie” subito». «Le pause umanitarie sono un passo avanti, ma vi devono partecipare anche Hamas ed Hezbollah», il commento del ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.