2018-05-09
Gay e disabili: il suicidio assistito è razzista
Contro il disegno di legge dello Stato di New York, che punta a favorire il ricorso alla morte da parte dei malati, si stanno battendo le persone di colore, gli omosessuali e i portatori di handicap. L'attivista lgbt Anita Cameron: «La vita dei più deboli è in pericolo».Pochi in Europa lo stanno raccontando, ma questi sono giorni intensi per lo Stato di New York, nelle cui sedi istituzionali si sta esaminando un disegno di legge molto delicato sul suicidio assistito. Una norma sulla falsariga di quella dell'Oregon e contro la quale una categoria, su tutte, si sta battendo con grande decisione: quella dei disabili. Significativi, in tal senso, gli interventi nelle audizioni di Kathryn Carroll, avvocato e referente del Center for disability rights, la quale ha denunciato come la semplice disabilità conseguente a una malattia «sarebbe sufficiente», con il suicidio assistito legale, «per porre fine alla propria vita». Ma anche quelli di Mel Tanzman, del Westchester disabled on the move, il quale, parlando a nome di 40 organizzazioni che assistono persone con disabilità, ha segnalato come «i timori di diventare disabili e di affrontare una perdita funzionale» potrebbero, da soli, spingere molti a chiedere di farla finita.Le più vibranti critiche contro il Medical aid in dying act, questo il nome della legge sul suicidio assistito, sono però state quelle rese da Anita Cameron per conto di Not dead yet. Cinquantadue anni, di colore, colpita da disabilità multiple (sclerosi multipla, atassia cerebellare congenita e diabete) e appartenente alla comunità Lgbt, la Cameron ha tutti i requisiti di una perfetta rappresentante delle minoranze. E attacca la nuova norma sul fine vita proprio alla luce di questa sua condizione: «La mia prima ragione di opposizione a questo disegno di legge è che esso costituisce una minaccia per le persone disabili, di colore e del ceto popolare». «Le vite delle persone con disabilità sono ampiamente svalutate dai medici e dalla società, in generale», ha aggiunto, «ma lo sarebbero ancora di più se fosse introdotto il suicidio assistito. Per chi poi, come me, viene dalla comunità Lgbt, la svalutazione sarebbe esponenziale».La donna non si è però limitata a portare la propria opinione, sottoponendo all'attenzione dei politici presenti alle audizioni anche dei numeri circa l'effettiva differenza razziale di atteggiamento rispetto al fine vita: «I miei timori sono stati confermati quando ho appreso che il Pew research center ha recentemente scoperto che mentre il 54% dei bianchi sostiene il suicidio assistito, il 65% dei neri e dei latini vi si oppone. A questo punto si potrebbe ribattere come in Oregon le richieste di suicidio assistito risultino più basse nella comunità di colore, affermando che le mie preoccupazioni siano infondate», ha continuato l'agguerrita Cameron, «ma le cose potrebbero cambiare, anche perché ci sono gruppi come Compassion and choices che continuano a pubblicizzare tale pratica proprio tra le minoranze etniche».Un altro passaggio su cui la donna si è soffermata riguarda il criterio dei sei mesi di vita, che la proposta di legge individua come requisito per poter ammettere o rigettare una domanda di suicidio assistito. «Ma i medici possono sbagliare», ha affermato, «inoltre io stessa so che una malattia sta per togliermi la vita, ma non voglio morire. Ho troppo da vivere». Una testimonianza toccante, che da un lato va a sommarsi a quelle di altri rappresentanti di associazioni attive nel sostegno a persone disabili e, dall'altro, si accoda ai pareri espressi da numerose sigle del mondo della medicina e della ricerca. Infatti, anche se i mass media tendono a presentare il dibattito sul fine vita come un derby tra credenti e non credenti, o al massimo tra progressisti e conservatori, sono parecchie le associazioni di medici che si sono schierate contro l'eutanasia e il suicidio assistito: dal World medical association al British medical association, dall'Association for palliative medicine al British geriatric society e molte altre. Un elenco che potrebbe continuare, se non fosse già chiaro, come l'opposizione al «diritto a morire» non richieda alcuna adesione confessionale. Inoltre, a suffragio dei timori sollevati da Anita Cameron, va ricordato come l'introduzione del suicidio assistito tutto sia fuorché una svolta priva di effetti sociali. A dimostrarlo è proprio l'esperienza dello Stato dell'Oregon: le morti su richiesta, nel 1998, furono 16, ma nel 2016 erano già diventate 65, per poi salire a 85 nel 2012, a 105 nel 2014 e a 132 nel 2015. Un'impennata a cui si è accompagnata, naturalmente, quella delle richieste di morte. Rafforza i timori sociali della Cameron il fatto che al calo generale registrato per l'aborto volontario negli Stati Uniti, secondo uno studio apparso su Obstetrics & gynecology nel 2011, sia corrisposto un incremento percentuale di tale pratica fra le donne povere e quelle di colore. L'idea che il suicidio assistito, astutamente presentato dai suoi promotori come battaglia di libertà, possa nei fatti tradursi come strumento di forte penalizzazione per non dire di decimazione dei disabili, a partire da quelli di colore, è quindi azzardata fino a un certo punto. Anzi, potrebbe rivelarsi un ammonimento tristemente profetico. Resta ora da capire se, e in che misura, saranno tenute in considerazione le osservazioni della Cameron, che ha concluso il suo intervento battagliero sostenendo che «a causa della natura razzista, basata sui profitti del nostro sistema sanitario e della tendenza dei medici a svalutare la vita dei disabili, delle persone di colore e dei poveri, per il suicidio assistito non c'è posto nello Stato di New York».
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
Continua a leggereRiduci