2022-10-06
Gas, Cingolani non ha un piano. I gestori sì: staccare la luce
Roberto Cingolani (Imagoeconomica)
Non ci sono gli atti di indirizzo per un’eventuale emergenza: priorità, quote di solidarietà europea, distacchi programmati. I fornitori invece fanno liste nere: via la corrente ai morosi e stop ai contratti a chi è in difficoltà.Si disdettano forzatamente e più velocemente di un tempo i contratti a morosi o insolventi. O non li si rinnova a chi non ha saldato una vecchia bolletta. Federconsumatori chiede un blocco dei distacchi come con il Covid.La prima mossa per non restare al buio è rateizzare il più a lungo possibile il debito. Poi passare dal mercato a maggior tutela a quello libero. In attesa del decreto Aiuti quater del nuovo governo.Lo speciale contiene tre articoli.La crisi energetica che sta sconvolgendo l’Europa si sta avvitando sempre di più in vista dell’inverno. Nel complesso e frastagliato quadro europeo attuale, la questione energetica italiana assume una sua particolare curvatura, stretta com’è tra professioni di ottimismo governativo (di solito smentite dai fatti dopo poche ore) e fondati timori sulla tenuta del sistema. Poche cose sono sicure al momento: tra queste, il fatto che se non viene attuato con immediatezza un robusto sostegno finanziario a famiglie e imprese il Paese scivolerà nella desertificazione industriale e nella povertà, a causa dei costi insostenibili dell’energia.Un’altra cosa sicura è la mancanza di alcuni provvedimenti importanti per poter superare l’inverno, che sarà presumibilmente assai difficile dal punto di vista delle restrizioni sui consumi energetici che si prospettano. Queste restrizioni, chiamate soavemente «risparmi» da chi le impone, sono di origine diversa e si applicano a cose diverse. La prima dose di razionamenti riguarda il gas, per il quale l’Unione europea, con il regolamento 2022/1369, ha chiesto agli Stati membri di fissare obiettivi volontari di riduzione dei consumi. Oggi esiste quindi un obiettivo italiano (auto-imposto) di riduzione del 15% dei consumi nazionali nel periodo da agosto a marzo. Forse tale obiettivo potrebbe essere ridotto al 7%, ma su questo non è stata fatta chiarezza. L’Italia si è impegnata in tal senso attraverso il ministro Roberto Cingolani, il quale ha presentato a settembre un Piano nazionale di contenimento dei consumi di gas che prevede l’accensione posticipata dei riscaldamenti civili, il loro spegnimento anticipato, l’obbligo di non superare i 19 gradi di temperatura in casa. A questo si aggiunge l’utilizzo prioritario delle centrali termoelettriche a carbone, che dovrebbe diminuire il consumo di gas, e una campagna di informazione per spingere al risparmio i cittadini. Complessivamente, da queste misure di austerità il governo si aspetta di evitare il consumo di ben 8,2 miliardi di metri cubi di gas. A queste riduzioni si aggiungono quelle decise, sempre dall’Unione europea, sull’elettricità, con un regolamento che dovrebbe essere approvato domani dal Consiglio europeo: si dovrà risparmiare energia proprio nei periodi di maggior consumo, tagliando i picchi orari del 5%. Una norma piuttosto complessa da applicare e sulla cui reale efficacia ci sono dubbi.Ma non è tutto. Prima ancora di queste restrizioni esisteva già un piano di emergenza nazionale, che è in uno status di pre-allarme dallo scorso febbraio ma che da allora giace, dimenticato, nel limbo (vedi La Verità del 28 febbraio 2022). Questo piano, che esiste in base a una legge italiana di oltre dieci anni fa, contempla tra l’altro il distacco programmato di grandi utenze e disposizioni al gestore del sistema di trasporto e stoccaggio del gas per aumentare la disponibilità di gas. La legge 5 aprile 2022, n. 28 prevede che il ministero della Transizione ecologica possa attuare questo piano di emergenza senza indugio, sulla base di direttive dello stesso Mite. Peccato che proprio di questi atti di indirizzo non ci sia traccia: se l’emergenza venisse dichiarata oggi, non è chiaro cosa bisognerebbe fare. Gli atti mancanti sono importanti perché devono definire le procedure con cui, ad esempio, i soggetti interrompibili (grandi consumatori industriali che danno la disponibilità a vedersi sospese le forniture di gas) verranno chiamati in causa, così come le priorità e l’utilizzo del gas risparmiato. Dove verrebbe reimpiegato il gas non consumato? Con quale priorità di allocazione? Non solo: il piano di emergenza nazionale deve essere coordinato con il piano volontario di risparmio gas (quello da Regolamento 2022/1369 di cui si è parlato sopra), anche per evitare duplicazioni e magari sacrifici inutili alla popolazione. E ancora, è possibile che ci siano utilizzatori di gas disposti a rinunciare volontariamente al proprio consumo: a chi e come questi soggetti dovrebbero manifestare tale disponibilità? Il Mite non deve chiarire solo su questi punti. Esiste anche il tema della solidarietà europea con gli altri Paesi membri: nel caso in cui questa venisse invocata, come dovrebbe svolgersi? La solidarietà dovrebbe prevedere la cessione fisica di gas da un Paese all’altro, magari rinunciando a parte dell’importazione per lasciarla nel Paese di transito che ha chiesto l’attivazione della solidarietà. Ma questa può attivarsi mentre il Paese si trova già in situazione di emergenza conclamata? In che misura? Il quadro normativo per l’applicazione delle riduzioni di consumo e la gestione dell’emergenza, come si può intuire, non solo è assai complesso, perché vede la stratificazione di regole di origine diversa in tempi diversi, ma è anche largamente incompleto nella parte attuativa. Come già sottolineato, al Mite in particolare è demandato il compito di sviluppare una regolamentazione di dettaglio molto tecnica, ma molto importante e soprattutto urgente. Il Paese viaggia verso un inverno che già si preannuncia assai difficile, durante il quale ai cittadini e alle imprese saranno richiesti sacrifici pesanti. Lasciarlo sospeso in una lacuna normativa su un argomento tanto spinoso sarebbe imperdonabile. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gas-cingolani-gestori-staccare-luce-2658402669.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-corsa-dei-gestori-a-tagliare-la-luce-ai-clienti-che-non-ce-la-fanno-a-pagare" data-post-id="2658402669" data-published-at="1665020762" data-use-pagination="False"> La corsa dei gestori a tagliare la luce ai clienti che non ce la fanno a pagare Con la crisi energetica, le società che distribuiscono gas ed elettricità ai consumatori hanno iniziato a tagliare forzatamente e più velocemente di un tempo i contratti agli utenti morosi o insolventi. Secondo i dati che Federconsumatori ha elaborato per La Verità, tra marzo 2021 e marzo 2022 i distacchi forzati sono aumentati del 37,8%. Pochi mesi dopo, tra maggio 2021 e lo stesso mese del 2022, le cessioni forzate delle utenze erano in aumento del 42,6%. Detto in parole povere, si è passati da un momento in cui le cosiddette utilities facevano a gara per «rubarsi» i clienti a un periodo, quello attuale, in cui la competizione riguarda chi fa prima a tagliare i «rami secchi». Del resto, anche se ufficialmente non si può definire una vera e propria lista nera, il Corrispettivo di morosità, il Cmor, ne fa a tutti gli effetti le veci. Di cosa si tratta? È l’onere che viene addebitato in bolletta dal nuovo fornitore quando si hanno morosità pregresse con l’azienda energetica precedente. In pratica, il debito contratto con una società fornitrice di servizi energetici viene trasferito nella bolletta emessa dal nuovo fornitore fino a quando non viene estinto. In parole povere, il Cmor è quella voce che permette a tutte le aziende del settore di sapere in anticipo se l’utente è moroso. Il problema è che questo sistema era stato pensato per evitare il cosiddetto fenomeno del «turismo energetico», quello per cui gli utenti più furbi chiudevano un contratto con debiti in essere nella speranza di non doverli pagare. Oggi, però, con il prezzo del gas e dell’elettricità che è aumentato di oltre dieci volte, le persone che non riescono a pagare non sono solo quelle disoneste, ma in larga parte quelle messe in difficoltà da bollette più grandi delle loro tasche. Utenti che, poiché non hanno pagato una bolletta (non per forza l’ultima in ordine cronologico, ma anche una più vecchia), si trovano il contratto chiuso o non rinnovato. D’altronde, le società energetiche non sono obbligate ad accettare tutti i clienti che si presentano davanti alla loro porta. Così, una volta giunte a conoscenza del fatto che un utente è moroso, hanno facoltà di non rinnovargli l’utenza o di non registrarne una nuova. Il motivo è semplice: tenere una utenza aperta oggi senza che ne derivino pagamenti è molto più costoso di prima. Ecco spiegato perché di questi tempi fioccano ben oltre la media le cessioni dei contratti di luce e gas da parte delle società energetiche. Come spiega Federconsumatori, purtroppo, la situazione è destinata a peggiorare ancora perché le bollette esorbitanti aumenteranno ancora di prezzo e si aggiungeranno ad altre altrettanto «pesanti». Così sono tanti quelli che si rivolgono a Federconsumatori per trovare una soluzione alle loro difficoltà. C’è ad esempio il caso della signora di 70 anni che non poteva permettersi il pagamento delle fatture gas ed energia elettrica a causa di una situazione economica complessa a cui hanno disattivato il contatore. C’è la famiglia di tre persone con un reddito Isee di poco superiore agli 8.000 euro che ha subito un distacco perché insolvente. C’è anche l’anziano signore di 78 anni che ha dovuto aiutare il figlio che ha perso il lavoro nei mesi scorsi e che per questo non ha potuto pagare il gas, che gli è stato staccato. A pagare il prezzo di questa crisi energetica, va detto, sono però in larga parte gli anziani, persone in pensione che spesso non riescono a far fronte a bollette troppo salate. «Noi chiediamo che, come avvenuto nella pandemia, il governo si attivi per bloccare i distacchi», spiega alla Verità, Fabrizio Ghidini del Dipartimento energia Federconsumatori nazionale. Il problema è infatti anche che oggi, dopo la crisi pandemica, le società energetiche sono tornate ad avere la possibilità di chiudere i contratti per chi è insolvente. «La nostra richiesta è che il governo metta un blocco ai distacchi forzati almeno per l’inverno o che aiuti a diluire il più possibile le rateizzazioni. La situazione oggi è ancora più complicata che nei momenti più duri della pandemia», spiega. Il rischio, in effetti, è che sempre più persone finiscano senza un contratto di luce e gas perché, a seguito di distacchi per morosità (anche pregressa) nessuno voglia riattivare loro nuove utenze. Oltre alla voce in bollette Cmor, che indica la morosità di un utente (utile in caso di nuovo contratto), ci sono anche società energetiche che stilano liste nere dei propri clienti ritenuti a rischio di morosità (magari perché hanno pagato in lieve ritardo. Siamo, insomma, davanti all’ennesimo gatto che si morde la coda. I costi delle bollette sono alle stelle, molti utenti non riescono a farvi fronte e le società che distribuiscono luce e gas hanno iniziato una campagna di chiusure senza precedenti. Il problema è che questo riduce la clientela e mette ancora più in difficoltà le società in questione. Senza considerare che, così facendo, molti italiani nel giro di un mese circa finiranno senza servizi primari come il riscaldamento. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gas-cingolani-gestori-staccare-luce-2658402669.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="come-evitare-di-restare-al-buio" data-post-id="2658402669" data-published-at="1665020762" data-use-pagination="False"> Come evitare di restare al buio Cosa può fare un utente a cui è stata staccata l’utenza di luce e gas e che si trova alla ricerca di un nuovo fornitore energetico? La situazione è in realtà molto complessa. Il rischio è che di questi tempi siano molto pochi i fornitori che abbiano voglia di accettare un utente con l’onta del cattivo pagatore. Ciò, però, non significa che non valga la pena tentare. Detto questo, di certo il passaggio dal mercato tutelato a quello libero potrebbe offrire maggiori possibilità di trovare nuove offerte. Ad ogni modo, secondo Federconsumatori, la prima mossa da compiere è quella di rateizzare il più a lungo possibile il debito in essere. L’obiettivo è quello di mostrare che spesso un debito può essere estinto con un piano di rientro ad hoc. Fatto ciò, è bene capire quali sono i vantaggi o gli svantaggi di passare dal mercato a maggior tutela a quello libero. Nel caso di quello a maggior tutela si avrà un prezzo bloccato comune a tutti i fornitori che ne offrono il servizio. Chi sceglie questo mercato potrà avere una variazione ogni trimestre per la fornitura di energia elettrica a seconda delle oscillazioni del mercato e una variazione mensile per la fornitura gas. Al contrario, all’interno del mercato libero ogni fornitore può proporre una o più tariffe differenti ai suoi clienti. Il mercato a maggior tutela è stato definito così perché il prezzo aumenta o decresce senza particolari picchi improvvisi, ma non è possibile richiedere piani tariffari ad hoc o differenti fasce di consumo. Chi invece preferisce il mercato libero, può scegliere la tariffa più adatta alle sue esigenze, in un mercato altamente concorrenziale. Al pari, insomma, degli operatori di telefonia, per intenderci. In realtà, questo è un momento difficile per cercare nuove offerte. In primis perché ora i nuovi contratti non sono quasi mai a prezzo fisso, ma sono tutti indicizzati all’energia. Un prezzo, sia chiaro, che è in continua crescita e che viene scaricato sull’utente finale. Anche per questo motivo c’è chi mette in dubbio che la fine del mercato tutelato possa arrivare, come previsto, con l’inizio del 2023 (cioè tra pochi mesi) per il gas e del 2024 per l’elettricità. Ad ogni modo, per far fronte al problema del crescente numero di bollette non pagate, il prossimo governo dovrebbe essere già al lavoro sul decreto Aiuti quater. Tra le misure su cui si sta lavorando c’è l’intenzione di evitare i distacchi di luce e gas per quelle famiglie e imprese (sempre di più) che, per via di difficoltà economiche, non sono riuscite a pagare le utenze. Secondo le prime anticipazioni si starebbe pensando a una moratoria per famiglie e imprese che potrebbe mettere in pausa per almeno sei mesi il distacco dei contratti energetici. Inoltre, come già ipotizzato nel dl Aiuti ter, c’è l’idea di far salire il tetto per i beneficiari del bonus bollette agli attuali 8.265 euro a 12.000 euro. Via anche a un aumento dell’aliquota per i crediti di imposta per le imprese. In totale il nuovo provvedimento dovrebbe valere in totale circa 25 miliardi. Ciò detto, è chiaro che oggi come oggi la cessazione di un contratto energetico per morosità possa essere una bella gatta da pelare. Anche perché secondo le stime di Arera, l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente presiedua da Stefano Besseghini, a ottobre il prezzo del gas aumenterà del 74% e quello della luce del 59%. Pallottoliere alla mano questo significa che una famiglia tipo per tutto il 2022 spenderà di elettricità 1.322 euro, contro i 632 euro dell’anno precedente. Per il gas il conto dovrebbe passare dai 245 euro del 2021 ai 445 del 2022.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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