2018-04-22
Gad Lerner torna su Rai 3 per dimostrare che i razzisti siamo noi
Il giornalista stasera in tv con una trasmissione che paragona il clima di oggi a quello del 1938. E chi contesta l'immigrazione di massa è trattato da nazista.Credevamo che la parola fine sull'isteria antirazzista e antifascista che ha percorso l'Italia negli ultimi tempi, con picchi grotteschi durante la campagna elettorale, fosse stata scritta dal recente caso relativo a Cecile Kyenge: l'affaire «cacca del cane» ha ben mostrato le conseguenze paradossali della paranoia che vede lo xenofobo dietro ogni angolo, in maniera peraltro speculare a quella con cui l'antisemita scorge l'ombra dell'ebreo allungarsi su ogni problema. Niente da fare, la lotta al razzismo montante non si ferma. E riparte, neanche a dirlo, su Rai 3 e con Gad Lerner (doppia garanzia di imparzialità, quindi) che da stasera e per sei puntate andrà in onda in prima serata con La difesa della razza. Esatto, proprio come la rivista diretta da Telesio Interlandi tra il 1938 e il 1943. Ovvio corollario: 80 anni dopo, l'Italia è sempre quella delle leggi razziali. E Auschwitz, lo sappiamo, è praticamente dietro l'angolo. Ma sì, fai vedere che abbondiamo, come diceva Totò. La trasmissione si struttura in sei reportage i cui titoli sono tutto un programma: «Noi e gli ebrei», «Noi e gli africani», «Noi e gli arabi», «Noi e gli zingari», «Noi e i cinesi», «Il razzismo contro gli italiani». Il titolo dell'ultima puntata sembra interessante, ma poiché è assai improbabile sperare che la sinistra politicamente corretta processi se stessa e il proprio disprezzo verso il nostro popolo, probabilmente ci sarà da aspettarsi la solita lagna da Ellis Island con i soliti report ottocenteschi sugli italiani esseri inferiori che rubano e non si lavano. Sperando che, almeno in questo caso, si eviti di riciclare il fantomatico rapporto del presunto «Ispettorato per l'immigrazione» americano del 1919, pieno di insulti contro i nostri connazionali: una bufala bella e buona, come è stato dimostrato ampiamente da vari siti di debunker, anche di sinistra, cosa che non ha impedito a Roberto Saviano ed Elio Germano di recitarne stralci in tv con tono accorato, né a Marco Aime di citarlo nel suo libro su La macchia della razza. Ma si sa, le bufale razziste fanno più rumore delle bufale antirazziste. A chi pensasse che qui si esagera, che magari la scelta del titolo della trasmissione vuole essere una provocazione un po' ardita, un calembour postmoderno, si risponderà citando Lerner stesso: quello del programma televisivo, ha spiegato il giornalista a Globalist, «è il titolo della rivista pubblicata dall'agosto del 1938 per volontà di Mussolini che affidò la direzione a un giornalista brillante, nemico del politicamente corretto, Telesio Interlandi. Il che presenta molte analogie con l'oggi. Come segretario di redazione ebbe un giovane Almirante. Entrambi dopo la guerra se la cavarono alla grande. Era una rivista piena di infamie (uscì fino al 1943, ndr) e anche lì vediamo analogie con un linguaggio di oggi. Sappiamo come si passò dalle leggi razziali del '38 allo sterminio nel giro solo cinque anni per cui il riferimento è voluto». Capito? La rivista fascista era «nemica del politicamente corretto»: considerazione del tutto anacronistica, dato che prima degli anni Ottanta non ha senso riferirsi quella categoria, ma utile per comparare fenomeni incomparabili e reggere tutte le considerazioni successive sulle «analogie» tra ieri e oggi, nonché sui campi di sterminio prossimi venturi che, si capisce, sono ormai praticamente all'orizzonte. Insomma, Lerner sembra davvero convinto che chi critica l'immigrazione sia un potenziale genocida. Un tale approccio, peraltro, ci fa fare enormi passi indietro persino nell'elaborazione storica delle leggi razziali vere, quelle del 1938, sulle quali Renzo De Felice aveva già svolto considerazioni illuminanti la bellezza di 57 anni fa, con la sua importantissima Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, che non a caso fece scandalo tra i semplificatori dell'epoca, peraltro culturalmente molto superiori a quelli dell'oggi. E, a proposito di semplificazioni, basterà citare il fatto che Lerner, nella prima puntata sull'antisemitismo, parlerà della polemica fra il governo ungherese e George Soros. Anche qui il passaggio logico è chiaro: chi critica il magnate magiaro, che ha origini ebraiche, lo fa in nome di ossessioni complottiste a matrice antisemita. Peccato che tra i nemici di Soros ci sia anche l'attuale governo israeliano, che a farsi dettare l'agenda da un personaggio non eletto da nessuno e che si fa beffe delle sovranità nazionali non ci sta proprio. Alla domanda se ci sia razzismo in Italia, Lerner risponde: «Ha cambiato modalità espressive anche se il linguaggio è quasi identico. Non si usa più un argomento biologico per cui le razze sono superiori o inferiori, questo è stato così solennemente smentito dalla scienza che solo pochi fanatici vengono a dire che il nero è un selvaggio, ma si usano argomenti di natura culturale: “loro sono troppi", “loro sono privilegiati", “noi siamo vittime", “il razzismo colpisce gli italiani"».Anche questa balla del razzismo senza razza è un luogo comune che circola da un po'. Forse il primo a parlarne è stato il politologo francese Pierre-André Taguieff, parlando della Nuova destra di Alain de Benoist, salvo poi, nel corso degli anni, approdare a giudizi meno banalizzanti. Ma un razzismo senza razza, molto semplicemente, non è razzismo. È altro, che potrà anche non piacere, ma che non si è autorizzati a designare con etichette da ministero orwelliano della Verità. Il fatto che gli immigrati «sono troppi», per esempio, non è un argomento che può essere sottratto al dibattito, facendo di chiunque lo impugni uno stragista in pectore. Viene da ripensare a quel vecchio sketch di Corrado Guzzanti, che a un pedone appena preso sotto con la macchina, giustamente arrabbiato per l'incidente, rispondeva senza alcuna ragione: «Ma allora rivolete il comunismo». Ecco, non ci sembra un gran progresso far passare l'idea che a chiunque critichi l'immigrazione si possa rispondere: «Ma allora rivolete l'Olocausto».
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