2024-06-15
Il G7 sposa il piano Mattei: si prepara la coalizione contro i trafficanti di uomini
Il presidente del Kenya William Ruto (Getty Images)
La strategia italiana sull’Africa verrà armonizzata ai programmi già in corso. Joe Biden: «Così potremo determinare il corso degli eventi». Parigi intanto perde influenza.Sintonia tra Palazzo Chigi e Casa Bianca sui conflitti a Est e in Medio Oriente. Sfilata di leader dal Pontefice. Nessun disgelo tra il brasiliano Lula e l’argentino Javier Milei.Lo speciale contiene due articoli.C’era chi lo derideva, chi diceva che fosse velleitario e irrilevante. E invece il piano Mattei è entrato a pieno titolo nella linea politica adottata dal G7. «La Partnership for global infrastructure and investment del G7, comprese iniziative come il Global gateway dell’Ue, offre un quadro che utilizzeremo per promuovere la nostra visione di infrastrutture sostenibili, resilienti ed economicamente vitali in Africa, sorrette da una selezione trasparente di progetti, appalti e finanza. In tal senso, accogliamo con favore il piano Mattei per l’Africa promosso dall’Italia», si legge nella versione in inglese del comunicato finale del summit di Savelletri. D’altronde, fin dal suo discorso di apertura dei lavori, Giorgia Meloni ha chiarito come il G7 non debba arroccarsi su sé stesso, ma semmai aprirsi a una maggiore collaborazione con il Sud globale. Giovedì, parlando di Africa, non a caso ha detto: «Ho raccolto dai miei colleghi ampio sostegno, ampia condivisione per il piano Mattei per l’Africa, per l’approccio italiano che è un approccio di cooperazione da pari a pari con le nazioni africane, che sta dando i suoi frutti con l’avvio dei primi progetti pilota». Nell’occasione, la Meloni ha anche auspicato un’armonizzazione del piano Mattei con la Partnership for global infrastructure and investment e il global gateway: due iniziative, la prima del G7 e la seconda dell’Ue, volte a favorire progetti infrastrutturali in grado di arginare la Belt and Road initiative, promossa dalla Cina.Da questo punto di vista, è significativo che anche Joe Biden abbia parlato di Africa. «Qui possiamo determinare il corso degli eventi per il prossimo futuro e come Stati Uniti abbiamo mobilitato 33 miliardi di dollari per l'Africa subsahariana», ha detto il presidente americano durante il side event sugli investimenti, copresieduto dalla Meloni e a cui hanno preso parte anche i vertici di Cdp, Eni, Enel e Blackrock. Non solo: secondo una nota di Palazzo Chigi, nel faccia a faccia che hanno avuto ieri, la Meloni e Biden «hanno espresso soddisfazione per l’andamento delle relazioni bilaterali e della collaborazione in campo economico-finanziario, nonché della cooperazione avviata tra il piano Mattei per l’Africa e la Partnership for global infrastructure and investment attraverso l’evento a margine del vertice copresieduto dai due presidenti».Di «collaborazione con le nazioni africane», l’inquilina di Palazzo Chigi ha parlato, sempre ieri, anche con il premier giapponese, Fumio Kishida. Lo stesso papa Francesco aveva in programma bilaterali con alcuni leader africani, come il presidente dell’Algeria, Abdelmadjid Tebboune, e quello del Kenya, William Samoei Ruto, il quale, a fine maggio, era stato ricevuto da Biden alla Casa Bianca. Senza trascurare che ieri Recep Tayyip Erdogan ha preso parte, secondo il Daily Sabah, alla sessione dei lavori sull’Africa. Tra l’altro, la questione africana si interseca anche con il dossier migratorio. Fonti italiane hanno infatti riportato che ieri i leader «hanno espresso apprezzamento unanime per la scelta della presidenza italiana di introdurre, per la prima volta, il governo dei flussi migratori nei lavori del Gruppo dei Sette», mettendo soprattutto nel mirino i «trafficanti di esseri umani».Insomma, la politica mediterranea della Meloni comincia a prendere forma. L’inquilina di Palazzo Chigi ha spesso invocato un rafforzamento del fianco meridionale della Nato, vedendo inoltre nel piano Mattei un modo per rilanciare i rapporti tra l’Occidente e il continente africano su base paritaria: una logica, questa, che punta a evitare sia il terzomondismo ipocrita sino-russo sia l’arroganza postcoloniale francese. Sono d’altronde da leggersi come una stoccata a Parigi queste parole pronunciate giovedì dalla Meloni: «La presidenza italiana ha voluto dedicare ampio spazio a un altro continente fondamentale per il futuro di tutti noi, che è l’Africa: con le sue difficoltà e opportunità ci chiede un approccio diverso da quello che spesso abbiamo dimostrato in passato».Del resto, a non toccare palla sul dossier africano è stato proprio Emmanuel Macron. Il presidente francese non è soltanto uscito ammaccato dalle elezioni europee, ma nel corso degli ultimi due anni e mezzo ha perso significativamente influenza politico-militare sulla regione del Sahel a netto vantaggio di Russia e Iran, la cui longa manus si sta man mano rafforzando su Mali, Burkina Faso e Niger. Tutto questo senza trascurare che il generale libico Khalifa Haftar, un tempo spalleggiato dall’Eliseo, ha di recente consolidato i propri legami con Mosca sul piano della difesa.Washington sa di non potersi fidare realmente di Parigi non solo per la sua debolezza nel Sahel ma anche perché Macron ha ultimamente reso più stretti i rapporti della Francia con la Cina: l’esatto opposto del governo Meloni che, l’anno scorso, non ha rinnovato il controverso memorandum sulla Nuova via della Seta. In questo senso, va sottolineata la crescente sponda che Palazzo Chigi sta portando avanti con una storica rivale di Pechino come Nuova Delhi: proprio ieri, la Meloni ha ricevuto il premier indiano, Narendra Modi, al summit del G7. E non è affatto escludibile che anche con lui abbia affrontato questioni legate all’Africa. Una politica africana realmente filoccidentale non può prescindere da un rapporto autenticamente paritetico con i Paesi africani e da un raffreddamento delle relazioni con quella Cina, che proprio su quei Paesi punta a incrementare la propria influenza economico-politica. Macron, soprattutto da questo punto di vista, non viene visto come un alleato affidabile da Washington.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/g7-sposa-piano-mattei-2668532185.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="roma-incassa-il-plauso-di-washington" data-post-id="2668532185" data-published-at="1718414338" data-use-pagination="False"> Roma incassa il plauso di Washington Giornata densissima di incontri bilaterali, quella di ieri, al G7 in corso in Puglia. Tra questi il più atteso era senza dubbio quello tra il premier italiano, Giorgia Meloni, e il presidente americano, Joe Biden, tenutosi in tarda mattinata e durato più di mezz’ora. Al termine del faccia a faccia, Palazzo Chigi ha fatto sapere che al centro del colloquio vi è stato un punto della situazione sui conflitti in corso a livello internazionale, a partire da quello in Ucraina, ribadendo «gli sforzi comuni di sostegno a Kiev, anche finanziari, in vista del prossimo vertice Nato di Washington». Quindi, il Medio Oriente, con il «comune impegno per un accordo complessivo con riferimento al conflitto a Gaza per la fine delle ostilità, la liberazione degli ostaggi e il rafforzamento del sostegno umanitario alla popolazione civile». «È stata anche sottolineata l’importanza», ha proseguito la nota della presidenza del Consiglio, «di riavviare il processo di pace con l’obiettivo della soluzione dei due Stati». Poi è stata la volta dell’analisi dei rapporti tra i due Paesi, con particolare accento sulla «cooperazione avviata tra il piano Mattei per l’Africa e la Partnership for Global infrastructure and investment attraverso l’evento a margine del vertice copresieduto dai due presidenti». «In questo ambito», conclude la nota, «è stato ricordato il contributo italiano alla creazione del progetto infrastrutturale “Corridoio di Lobito”, in Africa centro-meridionale». Più tardi, è stata la volta dell’incontro tra Meloni e il premier giapponese, Fumio Kishida. Per il «rafforzamento dei rapporti bilaterali», attraverso soprattutto «l’adozione di un Piano d’azione bilaterale volto a definire gli ambiti prioritari di cooperazione per il periodo 2024-2027». «I due leader», hanno affermato a Palazzo Chigi, «hanno anche ricordato l’importante appuntamento del prossimo anno in Giappone di Expo Osaka 2025». Anche nel colloquio Meloni-Kishida non sono stati elusi i temi legati alle crisi internazionali, con un focus particolare relativo «stabilità dell’Indo-Pacifico». L’altro incontro atteso dalla maggior parte degli osservatori era quello tra papa Francesco e il presidente francese, Emmanuel Macron, soprattutto dopo le polemiche sul diritto all’aborto e le affermazioni del titolare dell’Eliseo che hanno causato frizioni con il nostro presidente del Consiglio. Dopo il colloquio con il Santo Padre, Macron ha affidato ai social un breve commento: «Riaffermiamo», ha scritto, «il nostro impegno comune per un mondo più solidale e più giusto per le persone e il pianeta. Creiamo tutti insieme», ha concluso, «le condizioni per una pace duratura». Il Pontefice, ieri, ha avuto ben dieci incontri bilaterali, tra cui - oltre a quello con Macron - spicca quello con il leader ucraino, Volodymyr Zelensky. «Ho incontrato il Papa», ha scritto Zelensky al termine dell’incontro, «e l’ho ringraziato per le sue preghiere per la pace in Ucraina, la sua vicinanza spirituale al nostro popolo e gli aiuti umanitari per gli ucraini. L’ho informato delle conseguenze dell’aggressione russa», ha proseguito, «del suo terrore aereo e della difficile situazione energetica. Abbiamo discusso della formula della pace, del ruolo della Santa Sede nello stabilire una pace giusta e duratura», ha concluso, «e delle aspettative per il vertice sulla pace globale». Oltre ai due leader citati, papa Francesco ha incontrato, tra gli altri, Kristalina Georgeva, direttore generale del Fondo internazionale mondiale, il premier canadese, Justin Trudeau, il presidente del Kenya, William Samoel Ruto, il primo ministro indiano, Narendra Modi, il presidente brasiliano, Ignacio Lula da Silva, il presidente Usa, Joe Biden, il leader turco, Recep Tayyip Erdogan, e il presidente algerino, Abdelmadjid Tebboune. Degno di nota anche l’incontro tra Trudeau e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che ha sancito una più stretta collaborazione tra lo Stato nordamericano e l’Ue, oltre al «comune impegno a sostenere l’Ucraina» e «l’importanza della solidarietà mondiale per favorire una pace giusta e durevole». Cambiando latitudine, Modi ha avuto un incontro bilaterale con il premier britannico, Rishi Sunak, per approfondire lo storico legame tra i due Paesi anche in «settori come i semiconduttori, la tecnologia, il commercio e la difesa». Tornando al conflitto ucraino, il ministro della Difesa romeno, Angel Tilvar, a margine della riunione del gruppo di contatto per l’Ucraina. ha incontrato l’omologo ucraino, Rustem Umerov, e gli ha ribadito il sostegno militare del suo Paese, che si concretizza con il centro di addestramento dei piloti F-16 a Fetesti. Non ha avuto luogo e non lo avrà, invece il faccia a faccia latinoamericano tra il brasiliano Lula e il presidente argentino, Javier Milei. I rapporti tra i due, notoriamente, non sono buoni, e il vertice pugliese, al quale erano presenti in qualità di invitati, non ha contribuito a migliorare il clima.