2019-07-10
Fuga nel West Veneto alla scoperta di atolli e spiagge semi deserti
Litorali selvaggi con lidi bianchi, meraviglie naturalistiche, borghi sperduti con pochissimi abitanti: il turismo nel Polesine.Siete annoiati dalle solite spiagge, magari anche di quelle con conclamati riconoscimenti di prestigio e sovrabbondanza di comfort? Può succedere. La nostra inquietudine è alimentata da un insistente desiderio di evasione, che rischia di far percepire come omologante anche il resort di lusso sul litorale esclusivo. Per gli eterni insoddisfatti e gli irriducibili del cambiamento permanente, in cerca di una fuga ma anche di un ritemprarsi, non disposti a rinunciare a un momento di ombrellone con mojito e bagni caldi ma all'inseguimento di fantasie su spiagge deserte, dove gli strilli di bimbi e mamme affette da isteria e i clangori coatti delle beach-fest siano sostituiti da suoni e silenzi più consoni alle esigenze di serenità dell'anima, e con quel tocco di avventura per curiosare nell'ignoto e sentirsi vivi, una sorprendente alternativa proviene dal Polesine. Ebbene sì. C'è una zona della sovente e a torto sminuita, quando non vituperata provincia di Rovigo, quella compresa nel Parco del Delta del Po, circa 250 chilometri quadrati, dove il grande fiume si ramifica prima di sfociare, accanto all'Adige, nell'Adriatico, soprattutto in territorio comunale di Porto Tolle, ma anche di Ariano nel Polesine e Taglio di Po, nella quale si concentrano gli elementi di un pot-pourri per esperire un tour quantomeno originale e non avaro d'emozioni. Da queste parti, la spiaggia attrezzata, con punto di ristoro e sdraio a noleggio, si affianca al lido selvaggio raggiungibile soltanto in barca, le oasi d'interesse naturalistico s'intersecano con gli scenari da Route 66, l'ecosistema fluviale e palustre s'incontra con quello marino, l'antropizzazione è ridotta al minimo, specialmente a causa dell'esodo legato ai postumi delle alluvioni. Per gli inquieti non oltranzisti, che non vedono un peccato nell'accondiscendere all'arenile convenzionale attrezzato, magari come prudente prodromo per escursioni e avventure, il Delta propone tre spiagge, quella delle Conchiglie, di Barricata - raggiungibile attraverso un ponte di barche - e di Boccasette, i cui nomi si propongono timidamente fra i circa 4.900 siti di balneazione italiani, sovrastati da luoghi dalla più roboante notorietà, come, giusto per restare in Veneto, Jesolo o Sottomarina. La consistenza delle presenze turistiche, tuttavia, è interessante. Secondo dati della Regione Veneto, nel 2018, nel Comune di Porto Tolle, sono state registrate oltre 195.000 presenze, di cui 123.000, il 63 per cento, di stranieri, soprattutto tedeschi (il 47%), seguiti da polacchi, olandesi e svizzeri. Delle potenzialità di questi giovani lidi - si noti che l'università di Ferrara, ha proposto Barricata per l'ottenimento, negli Usa, della Ba Beach Assessment, come esempio di caso esemplare di eco-sostenibilità - all'estero, se ne sono già accorti. Anche perché, tra il litorale di Barricata e quello delle Conchiglie, è stato allestito, comodo comodo, un villaggio turistico-camping che appare come risposta confezionata su misura. Basta attraversare la strada e spunta l'Adriatico, con il fiume alle spalle, tra pinete e tamerici, in quei confini che, addentrandosi negli spazi liberi del Delta, si fanno sempre più liquidi. Questa zona, infatti, si connota per la sua «geometria variabile» - sottolinea Emiliano Verza, dell'Associazione Sagittaria (www.sagittariarovigo.org), con sede a Rovigo, autore dell'Atlante lagunare e costiero del Delta del Po e organizzatore di escursioni nell'ombelico del Delta - e «senza confini stabili sia da un punto di vista geografico sia amministrativo». Anche chi ha sposato l'ortodossia del viaggio wild con il minor numero possibile di compromessi con luoghi che evochino il turismo di massa, vi troverà sollecitazioni che fanno al caso suo. Auto e barca sono necessarie. Il navigatore è un optional, perché si arrende alla mutevole complessità del territorio. Un repellente per zanzare è vitale, specialmente di sera. Percorse un po' di quelle strade strette e talvolta infinite - incise in praterie, sacche lagunari e canneti - che ricordano Texas e Arizona e interesserebbero fotografi come Andreas Feininger o Ernst Haas oppure scrittori viaggiatori come William Least Heat-Moon, e affidatisi a un barcaiolo esperto, si possono raggiungere gli scanni, ossia piccoli lidi di sabbia bianchi e grigi che, dalla vista di un drone, sembrano atolli polinesiani, popolati da arbusti, ciuffi di canne e fauna, tra cui volpi, tartarughe marine, delfini. Essi sono circa 15 e manifestano una morfologia variabile, in continua evoluzione a causa dell'azione di maree, mareggiate, venti e delle variazioni di portata dei fiumi, con depositi di tronchi, sedimenti, conchiglie che favoriscono l'accumulo di sabbia, e talvolta qualche traccia, purtroppo, di rifiuti della civiltà provenienti da chi sa dove, giocattoli, bottiglie di plastica. Da un giorno all'altro ne possono nascere di nuovi e quelli esistenti mutano, tanto che la cartografia di questi luoghi è puramente indicativa. Sono sorretti da dorsali sabbiose e punteggiati di dune, come piccoli deserti. Qui si trovano i selvaggi approdi su cui abbronzarsi in solitudine, cullati dai suoni della natura. Uno dei più suggestivi è lo scanno della Batteria, dove svetta il faro più alto d'Italia, della Marina Militare, nel quale Eugenio Montale compose la poesia L'anguilla («L'anima verde che cerca / vita là dove solo / morde l'arsura e la desolazione») e vi sopravvive un casone di paglia con tipico camino veneziano in muratura. Una tappa è consigliabile anche sullo Scanno (o Scano) Boa, teatro dell'ambientazione nel 1961 di un romanzo di Gianantonio Cibotto e di un film da esso tratto di Renato Dall'Ara con Carla Gravina, intitolati entrambi Scano Boa. Balneazione avventurosa, con la presenza, tuttavia, di un ristorante a palafitta sull'acqua, è garantita anche sullo scanno del Canarin, nella busa lagunare del Canarin, e nella sabbia fine sulla battigia dello scanno del Bastimento. Tutt'intorno, arcipelaghi di barene - ossia micro-isole dai vari cromatismi, dal veneto «baro» cioè ciuffo di vegetazione, come gli astri marini che le rendono viola -, laghi e lagune, allagamenti, barre di foce, valli da pesca, canali, sacche. Di fronte a questo ecosistema si comprende come la natura superi sempre i limiti del linguaggio e anche dell'intelletto. E che qui l'offerta di avventura supera abbondantemente la domanda. Per stradine d'asfalto e vie d'acqua, con un po' fortuna e senza affidarsi troppo alla segnaletica sparuta e scolorita si può raggiungere la spiaggia del Bacucco, paradiso per sognatori, con un proprio faro, verso un altro enigmatico e sperduto antro del West veneto, Gorino Sullam - Sullam è il cognome ebraico di una famiglia veneziana). Se il Delta è sotto il livello del mare, e ricorda l'Olanda, «percorrendo in barca il Po di Maistra - evoca Silvana Mantovani, assessore alla cultura del Comune di Porto Tolle - sembra di essere nel Rio delle Amazzoni». E i casoni da pesca con barche ormeggiate qui e là nella sacca di Scardovari - dove si alleva l'unica cozza Dop della penisola - vagheggiano immagini thailandesi. Nel corso delle basse maree affiorano dai fondali degli allagamenti, rosicchiati dalle acque, villaggi sommersi dalle alluvioni, come quella del 1951, ma anche resti di un'archeologia più remota, fortificazioni delle ultime guerre, ruderi d'epoca romana, surreali depositi delle stratificazioni della civiltà per i cacciatori di luoghi fantasma, con colonna sonora di Alan Parson Project o dei Pink Floyd. E se avvistate assembramenti di fenicotteri rosa non pensate sia un miraggio dell'Italia post-moderna. Dal Polesine, sommessamente, suggeriscono che forse, stavolta, si potrà fugare l'uggia della solita spiaggia.