2024-12-07
Macron in affanno. La Le Pen lo minaccia: «Sfiducio pure il tuo nuovo premier»
Per i francesi deve andarsene. Ma l’inquilino dell’Eliseo tenta i socialisti per formare il governo. E punta tutto su Notre Dame.In Germania l’industria (non solo l’auto) continua a perdere colpi. Cdu e Afd pronte a capitalizzare.Lo speciale contiene due articoli.Il messaggio televisivo del presidente francese Emmanuel Macron, diffuso giovedì sera, non è servito a niente. La crisi politico-istituzionale che ha colpito la Francia, a causa della tracotanza del suo presidente, non si è risolta e sempre più francesi chiedono il conto all’inquilino dell’Eliseo. Secondo un sondaggio realizzato da Odoxa-Backbone Consulting per Le Figaro, sei francesi su dieci (59%) chiedono le dimissioni di Macron. Questa percentuale è cresciuta di 5 punti da settembre. Ieri sera, sul sito de Le Figaro è stata pubblicata un’intervista esclusiva a Marine Le Pen, leader del Rassemblement national (Rn), che ha invitato Macron a trovare «rapidamente» un nuovo capo del governo chiarendo, però, di «poter votare ancora una mozione di censura» contro un prossimo governo. Le Pen ha anche detto di aver trovato l’intervento di Macron «pericoloso» perché ha accusato certi deputati di essere «antirepubblicani» Sul discorso di Macron è tornato anche l’eurodeputato socialista (Place publique) Raphaël Glucksmann che ha parlato, ai microfoni della radio Rtl, della «totale incapacità di mettersi in discussione» del presidente francese. «Tutti sono irresponsabili tranne lui», ha detto Glucksmann ironizzando sul fatto che, probabilmente, non tutti sono «abbastanza intelligenti per comprendere la dissoluzione» dell’Assemblea nazionale.Nel frattempo il capo dello Stato ha incontrato i rappresentanti di alcuni partiti e pare che abbia avviato nuove manovre per mandare in frantumi la coalizione di sinistra del Nouveau front populaire (Nfp). Nel pomeriggio di ieri ha ricevuto il segretario del Partito socialista (Ps), Olivier Faure, che ha spiegato che il suo partito non parteciperà «in nessun caso a un governo guidato da un primo ministro di destra». Il numero uno del Ps ha detto di essere favorevole a un governo di coalizione con il centrodestra a condizione che vengano fatte «concessioni reciproche».L’incontro tra Macron e il leader socialista ha infastidito Jean-Luc Mélenchon, capo del partito di estrema sinistra La France insoumise (Lfi), la principale formazione del Nfp. Mélenchon ha dichiarato che «Lfi non ha dato alcun mandato a Olivier Faure, né per presentarsi da solo a questo incontro, né per negoziare un accordo e fare “concessioni reciproche” a Macron e ai Républicains (Lr). Macron ha convocato anche Lfi e verdi e proprio la deputata di questo partito, Sandrine Rousseau, ha scritto su X un messaggio rivolto agli «amici socialisti». L’onorevole verde ha detto loro: «Non perdetevi. Abbiamo bisogno che tutti costruiscano l’alternativa a sinistra». In serata erano attesi all’Eliseo anche i membri della direzione dei Républicains, come hanno anticipato Le Parisien e Le Figaro.In casa macronista, ieri, sono ripresi gli attacchi a Le Pen e al suo partito, che gli ex premier Elisabeth Borne e Gabriel Attal hanno accusato di aver favorito l’approvazione del trattato di libero scambio Ue-Mercosur, votando la sfiducia al governo di Michel Barnier. Peccato che l’accordo tra l’Ue e i Paesi sudamericani sia stato fortemente voluto dal presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che Macron e compagni di partito hanno sempre sostenuto. Va, però, anche detto che gli agricoltori hanno protestato davanti agli uffici in circoscrizione di alcuni deputati Nfp-Verdi e Rn, in Nuova Aquitania. Tra gli alleati centristi di Macron c’era, anche ieri, una certa effervescenza visto che il leader François Bayrou, fondatore del partito Modem, è stato citato nuovamente come possibile successore di Barnier.E mentre le trattative per l’individuazione di un nuovo premier continuavano, Stéphane Vojetta, un deputato macronista eletto all’estero, ha proposto «l’autoscioglimento. Ovvero le dimissioni collettive dei 577 deputati che compongono l’Assemblea nazionale». Secondo alcuni costituzionalisti, però, questa strada sarebbe difficilmente praticabile.La crisi politico-istituzionale francese ha avuto come sfondo gli ultimi preparativi per la riapertura della cattedrale di Notre Dame. Con tutta probabilità, Macron cercherà di beneficiare al massimo dei riflettori e delle telecamere di mezzo mondo per farsi passare come salvatore della patria e come una specie di protettore della Chiesa di Francia. E pazienza se, in primavera, si è vantato di aver inserito nella Costituzione francese la «libertà garantita» di abortire. I festeggiamenti per la rinascita di Notre Dame dureranno due giorni: oggi ci saranno soprattutto concerti e spettacoli ma anche una cerimonia religiosa. Domani, due messe e la riconsacrazione dell’altare maggiore, alle quali parteciperanno 150 vescovi e un sacerdote per ogni parrocchia parigina.La cattedrale riparata accoglierà anche numerosi leader internazionali. Non si sa se il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sarà presente alla cerimonia. Mentre è certo l’arrivo del presidente americano eletto, Donald Trump, accompagnato anche da Elon Musk. Numerose anche le teste coronate: dal principe William d’Inghilterra ai re di Spagna, Belgio e Norvegia, l’emiro del Qatar e il fratello del re del Marocco.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/francia-macron-in-affanno-2670353406.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="produzione-tedesca-a-picco-45-lspd-minimizza-ma-sale-il-disagio" data-post-id="2670353406" data-published-at="1733567825" data-use-pagination="False"> Produzione tedesca a picco: -4,5%. L’Spd minimizza ma sale il disagio L’industria tedesca sforna un altro pessimo dato congiunturale mentre la Germania, lentamente, affonda verso la recessione. Secondo l’istituto di statistica tedesco, Destatis, la produzione industriale in Germania, nel mese di ottobre, è scesa dell’1% rispetto a settembre e del 4,5% rispetto all’ottobre 2023. A settembre la produzione industriale era scesa del 2% rispetto ad agosto e del 4,1% rispetto al settembre del 2023. La produzione industriale tedesca si trova ora 18 punti sotto i massimi del novembre 2017 ed è in calo pressoché costante dal febbraio 2023. Una tendenza che prosegue, dunque. Mentre le costruzioni hanno fatto registrare un andamento piatto rispetto al mese precedente, quello dell’industria è stato influenzato negativamente dalla produzione di energia, che è diminuita dell’8,9% mese su mese. Se si escludono costruzioni ed energia, il calo della produzione industriale è dello 0,3%. Anche il calo della produzione dell’1,9% registrato nell’industria automobilistica ha pesato, così come quello dei beni di consumo (-1%). La produzione nei settori industriali ad alta intensità energetica (chimica, lavorazione metalli, vetro, carta, raffinazione) è diminuita dello 0,8% a ottobre 2024 rispetto a ottobre 2023 e ora si trova venti punti sotto il valore del 2021. Gli ordini manifatturieri sono scesi del 3,7% nell’industria dell’auto e del 7,6% nella produzione di macchinari e attrezzature. Le difficoltà dell’industria riguardano molti settori. Il caso dell’automobile è il più emblematico, con Volkswagen, Bmw e Mercedes che nel terzo trimestre hanno fatto segnare variazioni negli utili pari rispettivamente -64%, -84% e -54%, numeri molto pesanti. Il sindacato dei metalmeccanici tedeschi, Ig Metall, ha già indetto scioperi a raffica per sostenere il negoziato con la Volkswagen, che prevede la chiusura di stabilimenti e il licenziamento di non meno di 15.000 dipendenti. Al primo sciopero di lunedì scorso hanno aderito 100.000 lavoratori (su un totale di 300.000), altri ce ne saranno nelle prossime settimane. Auto elettrica, acciaio, chimica: le difficoltà dell’industria tedesca sono maggiori in questi settori. Il fallimento di Northvolt, l’azienda europea per la produzione di batterie, sta coinvolgendo Audi e Porsche, che avevano ordinato batterie per i prossimi mesi proprio alla casa svedese e ora dovranno ritardare il lancio di nuovi modelli. Salgono anche le minacce future per l’industria tedesca: Donald Trump ha minacciato di alzare del 25% i dazi americani sul Messico, dove i marchi tedeschi producono 300.000 veicoli l’anno, che poi esportano in gran parte negli Stati Uniti. Sempre nel settore dell’auto, Bosch e Schaeffer sono in difficoltà, con pesanti ristrutturazioni in corso e migliaia di licenziamenti. Il gigante dell’acciaio Thyssenkrupp steel ha annunciato 11.000 licenziamenti nei prossimi mesi, pari al 40% della forza lavoro: la società capogruppo sta cercando di cedere metà dell’azienda a un finanziere ceco, Daniel Křetínský. I piani di sviluppo nell’idrogeno sono al palo. Le prospettive economiche per il Paese si fanno via via più fosche e ora il consenso vede una evoluzione negativa del Pil tedesco nell’ultimo trimestre di quest’anno e nel primo trimestre dell’anno prossimo. Il Pil del 2024 dovrebbe essere negativo per lo 0,1%. Dopo la clamorosa caduta del governo semaforo, con Olaf Scholz che ha dovuto dimettersi e con le nuove elezioni previste per fine febbraio, la campagna elettorale si fa bollente. I socialdemocratici della Spd cercano di tranquillizzare, ma sia i cristiano-democratici della Cdu sia i radicali di Alternative für Deutschland (Afd) avranno campo libero per raccogliere voti sul disagio. Per ora, nei sondaggi la Spd è stabile al 15% e Afd al 18%. Verdi in leggera risalita al 12%, Cdu stabile al 32%. I liberali sono sotto la soglia del 5%, mentre il partito personale di Sahra Wagenknecht a livello nazionale è accreditata di un 6%. Se si votasse oggi, in sostanza, in Germania non ci sarebbe una maggioranza nel Bundestag. Una coalizione Cdu-Spd, oltre a essere molto difficile, non avrebbe comunque i numeri. Si preannunciano tempi difficili per Berlino.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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