2022-12-10
La Francia celebra 117 anni di laicità ma lo Stato si sottomette all’islam
Il primo ministro francese, Elisabeth Borne (Ansa)
Mentre i cattolici sono stati messi ai margini, un insegnante su due teme i musulmani.La Repubblica francese ha celebrato ieri il 117° anniversario della promulgazione di una delle leggi transalpine più famose: quella che stabilisce la separazione delle Chiese e dello Stato. Come di consueto, anche quest’anno il governo macronista ha osannato questa legge e si è riempito la bocca con la parola laicità. Il primo ministro, Elisabeth Borne, in un tweet, ha dichiarato che «la laicità, così come è definita dalla legge del 1905, è un valore cardinale della nostra Repubblica. È il cemento di una Francia unita. In questo 9 dicembre celebriamo questo principio di libertà [...] che difenderemo con intransigenza». Ma dietro il trionfalismo del capo del governo d’Oltralpe, la laicità in Francia è ormai solo un guscio vuoto. Potrà sembrare riduttivo, ma di fatto - come raccontato in più occasioni dalla Verità - il principio di laicità è applicato effettivamente con «intransigenza» solo a tutto ciò che è cristiano. È il caso, ad esempio, dei presepi o delle statue di santi o della Vergine Maria poste in luoghi pubblici. Delle associazioni militanti laiciste ne hanno chiesto la rimozione e sono riuscite a far condannare diverse amministrazioni locali. Invece, di fronte all’infiltrazione nell’amministrazione dello Stato della minaccia islamista, governi e presidenti francesi degli ultimi dieci anni, hanno tenuto un atteggiamento più prudente. Questo nonostante l’islamismo - a differenza di statue e statuine cristiane - abbia provocato la morte di servitori dello Stato come il professor Samuel Paty, decapitato nel 2020 da un rifugiato ceceno, o Damien Ernest, Anthony Lancelot, Brice Le Mescam e Aurélia Trifiro, agenti o dipendenti della prefettura di Parigi ammazzati nel 2019 da un loro collega radicalizzato.Per capire meglio la sproporzione tra la laicità imposta ai cristiani, dal 1905 in poi, rispetto a quella «gentilmente proposta» agli islamisti oggi, bisogna fare un viaggio nel tempo fino al 9 dicembre di 117 anni fa. Con la promulgazione della legge, la Terza Repubblica francese ha adottato un atteggiamento prepotente nei confronti delle Chiese (ma essenzialmente quella cattolica), nonché di ordini religiosi e fedeli cristiani. Varie congregazioni sono state soppresse, da molti conventi sono stati espulsi religiosi e religiose. I beni ecclesiali sono stati confiscati. Una circolare del 1906 disponeva addirittura che «gli agenti incaricati dell’inventario (dei beni della Chiesa, ndr)» domandassero «l’apertura dei tabernacoli». I cattolici si sono adattati a questo trattamento e, soprattutto dagli anni Sessanta in poi, si sono addormentati, anche a causa di gerarchie ecclesiastiche che hanno mostrato scarso coraggio nell’annuncio del messaggio di Gesù Cristo. Oltre 100 anni dopo l’entrata in vigore della legge sulla separazione delle Chiese e dello Stato, la Francia si scopre vulnerabile davanti alla minaccia dell’islamismo. Una prova ulteriore della pressione esercitata dal nemico islamista sui servizi pubblici francesi è arrivata ieri da uno studio realizzato da Ifop. L’istituto demoscopico ha rivelato che il 52% dei professori ha ammesso di essersi già autocensurato in classe, per mantenere il quieto vivere. Detto in altro modo, molti prof temono di fare la fine di Paty, quindi evitano le discussioni. Analizzando lo studio più nel dettaglio, si scopre che un terzo dei docenti ha dichiarato di aver avuto problemi quando ha trattato temi quali: la laicità, l’educazione morale e civica oppure l’uguaglianza tra maschi e femmine. Il 32 % dei professori ha avuto difficoltà anche in certe lezioni di storia e geografia. Invece, il 29% ha incontrato complicazioni quando ha affrontato certi capitoli delle scienze naturali.
Era il più veloce di tutti gli altri aeroplani ma anche il più brutto. Il suo segreto? Che era esso stesso un segreto. E lo rimase fino agli anni Settanta