2023-08-12
In Francia la Barilla dice sì al patto anti inflazione, qui invece si rifiuta
Dopo lo stop all’accordo proposto dal governo per bloccare l’inflazione, l’azienda della pasta aderisce al piano di Bruno Le Maire. In Francia i listini verso un calo del 7%.Paolo Barilla, presidente del gruppo di famiglie e dell’Unione Italiana Food (l’associazione di 450 imprese del settore alimentare) che si è sfilato dal piano anti-inflazione varato dal ministro Urso per l’Italia, ha deciso però di aderire a quello promosso in Francia dal ministro Le Maire che porterà ad una riduzione dei prezzi del 7%. Come mai? Le ragioni non sono chiarissime. Da quanto si può capire il motivo fondamentale è rappresentato dalla variabilità del prezzo del grano per via della guerra in Ucraina. Giustificazione corretta: non si capisce, però, per quale ragione questa disparità fra Italia e Francia? Forse ci sono ragioni di marketing considerando la forza del marchio Barilla nel nostro Paese. O è una scelta politica? Non è la prima volta, infatti, che il grano presenta ampia volatilità dei prezzi. Già tra il 2007 ed il 2009 aveva sperimentato una asimmetria dei prezzi a monte e a valle della filiera: nella fase di aumento della materia la pasta aumenta rapidamente, nella fase di riduzione la reazione è lenta e avviene con ritardo. Ma soprattutto, con una intensità appena visibile. Il risultato allora fu di un impatto sui prezzi al consumo della pasta che – dopo essere cresciuti del 27% - si sono assestati, ad un livello più alto di circa il 25% rispetto alla fase precedente, senza un rientro sostanziale dei valori (la riduzione osservata è stata di circa il 3%).Ora il governo vorrebbe accelerare questo rientro per venire incontro alle esigenze delle famiglie il cui reddito è stato eroso dall’esplosione dei prezzi. Non si tratta di un calmiere classico che in passato ha mostrato di non funzionare. I prodotti, infatti semplicemente sparivano dagli scaffali e, nei casi estremi ricomparivano al mercato nero. Da qui la decisione di intervenire in maniera articolata. Dal primo ottobre al 31 dicembre una serie di prodotti di prima necessità saranno offerti a prezzi calmierati nei negozi, super e ipermercati aderenti all’iniziativa. Il protocollo di intesa sottoscritto al ministero delle Imprese e del made in Italy reca le firme delle associazioni della distribuzione moderna, del commercio, delle farmacie e para-farmacie. «Con il paniere calmierato siamo convinti di poter dare un definitivo colpo all’inflazione riconducendola a livelli naturali», ha esultato il ministro Adolfo Urso. Il protocollo prevede che entro il 10 settembre saranno definite con le associazioni che hanno sottoscritto l’accordo, le modalità del «trimestre anti inflazione», che durerà dal primo ottobre al 31 dicembre e che avrà prezzi calmierati su una selezione di articoli rientranti nel «carrello della spesa». La strategia verrà applicata con diverse modalità, come il ricorso all’individuazione di prezzi fissi per la vendita di alcuni prodotti, ma anche attraverso attività promozionali su specifiche merci, oppure ancora mediante iniziative sulla gamma di prodotti a marchio come carrelli a prezzo scontato o unico. In generale, tuttavia, il piano anti inflazione coinvolgerà soprattutto i beni primari non alimentari come i prodotti per l’infanzia. Inoltre, nell’ambito della strategia anti-inflazione che il governo intende perseguire, il Mimit costituirà un tavolo permanente presso il ministero, nel quale potranno essere coinvolti gli altri dicasteri competenti, per affrontare tematiche specifiche del settore della distribuzione moderna e del commercio tradizionale e lavorando per superare gli ostacoli che impediscono una maggiore efficienza nelle attività d’impresa, «la cui prima riunione», ha annunciato Urso, «si svolgerà entro il mese di settembre». L’impegno prevede anche specifiche politiche di sostegno al settore. Tuttavia questa strategia è zoppa per l’assenza dell’industria alimentare che sembra non avere particolare interesse a sostenere i consumatori i cui redditi sono stati erosi dall’inflazione. I rappresentanti dei produttori (tra cui Federalimentare, Centromarca, Assica e Assolatte) rivendicano la difficoltà di intervenire sulle dinamiche di prezzo degli associati e chiedono la partecipazione al tavolo di confronto di altri attori della filiera: produttori di materie prime, packaging, logistica e società energetiche. Secondo i produttori , «più che i prezzi da calmierare a preoccupare sono i costi (per esempio delle materie prime), che solo ora tendono a scendere ma si mantengono pur sempre sopra i livelli pre-inflattivi».Secondo i produttori le voci di costo che producono il prezzo finale di un bene hanno un ruolo decisivo sul valore del bene stesso, per cui un impegno sul valore del prodotto finito che non consideri l’incidenza di questi costi, sarebbe deprivato di una componente essenziale e quindi totalmente sbilanciato sugli attori della filiera a valle. «Inoltre», conclude la nota, «il settore del largo consumo è un ambito altamente competitivo come dimostrato del resto dalla pluralità delle azioni promozionali che vengono messe in essere continuativamente in tutti i punti vendita proprio per venir incontro ai consumatori». Non si capisce, però, perché tutti questi problemi esistano in Italia e non in Francia.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)