
Chiuso l’aumento di capitale: subito dopo lo Stato si piazza Axa, che arriva a circa l’8%. Seguono le fondazioni bancarie, Pimco e il fondo Algebris. Il titolo perde quasi il 12%.Il Monte dei Paschi ha chiuso l’aumento di capitale da 2,5 miliardi. Il piano di rafforzamento risulta integralmente sottoscritto, ha sottolineato in una nota la banca senese. Le adesioni sono state al 96,3% con un inoptato di 93 milioni che è stato coperto dalle otto banche del consorzio di garanzia. Le stesse, che, insieme con il fondo Algebris di Davide Serra (che ha sottoscritto a sua volta la garanzia sull’inoptato), saranno pagate con 125 milioni di euro di commissioni su 2,5 miliardi di aumento, dei quali il Mef, che ha il 64% del Monte, ha coperto 1,6 miliardi. Tutto bene, quindi? Ni. Perché è proprio adesso che il gioco si fa duro. Tamponata per l’ennesima volta la falla di liquidità necessaria al rilancio di Mps, l’ad Luigi Lovaglio deve focalizzarsi sull’implementazione del piano industriale ma anche traghettare il gruppo verso quella «soluzione strutturale» più volte invocata dalle autorità europee e necessaria per l’uscita dello Stato dal capitale. Insomma, dovrà trovare chi compri la banca o la fonda in un progetto più ampio. Come quello del Terzo polo, di cui si parla ormai da qualche anno, che potrebbe coinvolgere il Banco Bpm e Crédit agricole, nel ruolo di pivot, che del Banco è già primo azionista dopo il blitz della scorsa primavera. «Per quanto riguarda Monte Paschi non è una tematica di attualità. Oggi la strategia che è stata data chiaramente data dallo Stato italiano è una strategia di sviluppo, di rafforzamento del capitale, quindi la domanda non si pone», aveva detto lo scorso 22 giugno Xavier Musca, vicedirettore generale del Crédit agricole, nel corso della presentazione del piano industriale al 2025 del gruppo francese. Nessun interesse a salire sul Monte, dunque? Le parole di Musca sembrano escluderlo per «oggi» ma quando il Mef dovrà cedere la sua quota, la «Banque verte» potrebbe cambiare idea? Chissà.Nel frattempo, alla luce di chi ha messo l’«obolo» per l’aumento, è cambiato l’azionariato dell’istituto toscano. Il controllo resta in mano allo Stato ma il secondo socio adesso parla francese. Il 36% di flottante è stato ripartito tra gli investitori istituzionali chiamati a rapporto dal Tesoro per collaborare al salvataggio. Quindi Axa, già partner bancassicurativo di Rocca Salimbeni, ha dato il contributo più sostanzioso e anche decisivo investendo 200 milioni e avrà circa l’8% del Monte ricapitalizzato. Seguono le fondazioni bancarie (Cariplo, Compagnia Sanpaolo, Crt, CariCuneo. CrFirenze, Lucca, Pistoia e Pescia e Fondazione Mps) che complessivamente hanno messo sul piatto poco meno di 100 milioni arrivando così a detenere tutte insieme circa il 3%. Un pacchetto simile è in mano a Pimco, del gruppo tedesco Allianz, intervenuta nell’aumento a tutela del pacchetto di obbligazioni subordinate acquistato negli anni scorsi e messo a rischio da un eventuale burden sharing. Spunta poi Algebris al 2% e Ion group di Andrea Pignataro sempre al 2%. Con partecipazioni più piccole ci sono infine Anima (all’1%) e le casse di previdenza come Enpam e Enarcassa che hanno in mano circa l’1,2% a fronte della trentina di milioni versati. Il nuovo cda della banca, espressione anche dei nuovi pesi nel parterre azionario, sarà nominato nella primavera 2023. Sempre che nel frattempo, non si faccia vivo un cavaliere bianco atteso ormai da anni. A Piazza Affari, intanto, il titolo ha chiuso la seduta di ieri lasciando sul terreno l’11,9% a 1,6 euro (rispetto al valore di 2 euro cui sono state sottoscritte le azioni per l’aumento) dopo essere stato anche sospeso per eccesso di ribasso. Il Montepaschi ora vale 1,6 miliardi. Quasi uno in meno rispetto ai 2,5 miliardi dell’operazione appena conclusa.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.