True
2020-12-21
Fraccaro va in Bocconi, mentre Francia e Germania si dividono l'aerospazio
True
Alfonso Bonafede, Riccaro Fraccaro e Luigi Di Maio (Ansa)
Riccardo Fraccaro si aggrappa alla Bocconi. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, impegnato in questi giorni sulle nomine nelle società non quotate dello Stato, ha firmato la scorsa settimana un accordo di cooperazione con l'università milanese sull'economia spaziale. Il dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale (Dima) dell'Università La Sapienza e il laboratorio Space economy evolution (See Lab) della Sda Bocconi svilupperanno nei prossimi anni corsi multidisciplinari (economia e ingegneria) per valorizzare il settore aerospazio. Era dai tempi di Mario Monti che non si ricordava una tale vicinanza del governo all'università milanese. Per di più su un argomento dove il governo non ha brillato in questi mesi, in particolare dopo la sconfitta sulla nomina del direttore generale di Esa (Agenzia spaziale europea). La debacle per la candidatura ufficiale di Simonetta Di Pippo e l'apparizione di un secondo candidato italiano Roberto Battiston, con l'Italia unico paese distintosi per questa situazione imbarazzante, ha mostrato tutte le nostre debolezze diplomatiche e strategiche.
Del resto l'accordo con la Bocconi arriva in un momento più che mai critico per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. In queste settimane convulse per il governo di Giuseppe Conte, tra voci su possibili rimpasti e elezioni anticipate, la posizione di Fraccaro sembra quella più traballante. E come fanno notare alcuni addetti ai lavori, accordarsi con la Bocconi mentre si discute di un governo di tecnici (magari a guida dell'ex presidente della Bce Mario Draghi) potrebbe essere una mossa per salvare la poltrona anche se l'ex presidente della Bce è noto per essere persona estremamente corretta e ligia e non incline a fare favori, meno che mai politici. Sarà dura. Il Partito democratico ha messo nel mirino Fraccaro, di certo anche sulle deleghe per le politiche spaziali. A metterlo nero su bianco in questi giorni è stato Daniele Marantelli, responsabile dem per lo Spazio da luglio.
Durante un seminario via web la scorsa settimana, insieme con l'ex ministro della Difesa Roberta Pinotti, ha spiegato quanto di già noto ai lettori della Verità. «Nella vicenda per la direzione dell'Esa, l'Italia non ha brillato», ha detto Marantelli. «La vicenda va analizzata con freddezza. Il successo del candidato austriaco Aschbacher è dipeso certo dalla sua grande competenza. Ma il contributo che dà l'Austria è imparagonabile al nostro che è di oltre 2,3 miliardi nel prossimo triennio. Forse riflettere su un'Europa dove 1 vale 1 non è una perdita di tempo». Le deleghe per lo spazio di Fraccaro sono quindi contendibili. Nei palazzi romani c'è agitazione. E c'è chi dice che queste deleghe,se i 5S riuscissero a mantenerle, potrebbero andare a Stefano Buffagni, viceministro al ministero dello Sviluppo Economico, lombardo, quindi forse anche più vicino al distretto aerospaziale delle nostre piccole e medie imprese.
Ma non è detto che sarà così. La situazione è fluida. Bisognerà vedere come andrà a finire la crisi di governo, dopo le richieste di Italia viva e il pericolo di dimissioni dei ministri renziani a gennaio. Ma il nostro Paese ha già perso troppo tempo sul settore aerospaziale. D'altra parte a livello europeo la gestione è ormai in mano a Francia e Germania. Il 10 dicembre a Berlino c'è stato un incontro tra il ministro dell'Economia francese Bruno Le Maire, e il ministro tedesco Peter Altmaier proprio sulle politiche aerospaziali europee. L'Italia che contribuisce come terzo paese al programma Esa non è stata neppure invitata mentre in altri tempi il nostro paese era sempre presente e, molto spesso, ad altissimi livelli politici. Però c'è la Bocconi.
Per di più Fraccaro sembra impegnato in questo momento sempre sul capitolo delle nomine. Nelle prossime settimane dovrà essere nominato il nuovo addetto per l'aerospazio a Washington. Da mesi è in corso una battaglia nel movimento 5 Stelle per affidare questo incarico molto prestigioso, occupato negli ultimi anni da Roberto Vittori. L'incarico è strategico per il ruolo, per lo stipendio e anche come trampolino di lancio per la carriera di chi lo ricoprirà militare. 8 anni fa dopo il salto oltreoceano Vittori diventò generale dell'aeronautica. A marzo Fraccaro e la consigliera Mariangela Dejana, tentando un colpo senza coinvolgere la Farnesina (istituzionalmente responsabile per la nomina in oggetto) avevano già cercato di nominare Aniello Violetti, attuale vice del consigliere militare di Giuseppe Conte, Carlo Massagli. Ma la Farnesina di Luigi Di Maio bloccò tutto, indicendo poi un bando di selezione. Si presentarono in 10. Tra questi , Mario Cosmo, Fabio D'Amico, Simone Dell'Agnello, Paolo Gaudenzi, Riccardo Lanari, Gabriele Mascetti, Mauro Piermaria, Alessandro Rossi, Alessandro Dario Maria Gobbi e infine proprio Violetti. Ora le candidature sono state scremate. Sarebbero rimasti in 3. A palazzo Chigi si dice che si sarebbe trovata la quadra di nuovo su Violetti, viste soprattutto le sue entrature nel governo. Eppure è ancora il seminario della Bocconi a far pensare: nel panel organizzato da Fraccaro c'era anche uno degli altri candidati, con forti entrature storiche proprio al Maeci
Continua a leggereRiduci
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio rischia di perdere le deleghe alle politiche spaziali dopo la sconfitta dell'Italia sulla direzione generale dell'Esa: potrebbero andare al viceministro del Mise Stefano Buffagni. Intanto organizza un accordo di cooperazione con l'università di Milano. Nel frattempo l'Italia non è nemmeno stata invitata all'incontro tra il ministro dell'Economia francese Bruno Le Maire, e il ministro tedesco Peter Altmaier proprio sul futuro dell'industria dello spazio.Riccardo Fraccaro si aggrappa alla Bocconi. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, impegnato in questi giorni sulle nomine nelle società non quotate dello Stato, ha firmato la scorsa settimana un accordo di cooperazione con l'università milanese sull'economia spaziale. Il dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale (Dima) dell'Università La Sapienza e il laboratorio Space economy evolution (See Lab) della Sda Bocconi svilupperanno nei prossimi anni corsi multidisciplinari (economia e ingegneria) per valorizzare il settore aerospazio. Era dai tempi di Mario Monti che non si ricordava una tale vicinanza del governo all'università milanese. Per di più su un argomento dove il governo non ha brillato in questi mesi, in particolare dopo la sconfitta sulla nomina del direttore generale di Esa (Agenzia spaziale europea). La debacle per la candidatura ufficiale di Simonetta Di Pippo e l'apparizione di un secondo candidato italiano Roberto Battiston, con l'Italia unico paese distintosi per questa situazione imbarazzante, ha mostrato tutte le nostre debolezze diplomatiche e strategiche. Del resto l'accordo con la Bocconi arriva in un momento più che mai critico per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. In queste settimane convulse per il governo di Giuseppe Conte, tra voci su possibili rimpasti e elezioni anticipate, la posizione di Fraccaro sembra quella più traballante. E come fanno notare alcuni addetti ai lavori, accordarsi con la Bocconi mentre si discute di un governo di tecnici (magari a guida dell'ex presidente della Bce Mario Draghi) potrebbe essere una mossa per salvare la poltrona anche se l'ex presidente della Bce è noto per essere persona estremamente corretta e ligia e non incline a fare favori, meno che mai politici. Sarà dura. Il Partito democratico ha messo nel mirino Fraccaro, di certo anche sulle deleghe per le politiche spaziali. A metterlo nero su bianco in questi giorni è stato Daniele Marantelli, responsabile dem per lo Spazio da luglio.Durante un seminario via web la scorsa settimana, insieme con l'ex ministro della Difesa Roberta Pinotti, ha spiegato quanto di già noto ai lettori della Verità. «Nella vicenda per la direzione dell'Esa, l'Italia non ha brillato», ha detto Marantelli. «La vicenda va analizzata con freddezza. Il successo del candidato austriaco Aschbacher è dipeso certo dalla sua grande competenza. Ma il contributo che dà l'Austria è imparagonabile al nostro che è di oltre 2,3 miliardi nel prossimo triennio. Forse riflettere su un'Europa dove 1 vale 1 non è una perdita di tempo». Le deleghe per lo spazio di Fraccaro sono quindi contendibili. Nei palazzi romani c'è agitazione. E c'è chi dice che queste deleghe,se i 5S riuscissero a mantenerle, potrebbero andare a Stefano Buffagni, viceministro al ministero dello Sviluppo Economico, lombardo, quindi forse anche più vicino al distretto aerospaziale delle nostre piccole e medie imprese.Ma non è detto che sarà così. La situazione è fluida. Bisognerà vedere come andrà a finire la crisi di governo, dopo le richieste di Italia viva e il pericolo di dimissioni dei ministri renziani a gennaio. Ma il nostro Paese ha già perso troppo tempo sul settore aerospaziale. D'altra parte a livello europeo la gestione è ormai in mano a Francia e Germania. Il 10 dicembre a Berlino c'è stato un incontro tra il ministro dell'Economia francese Bruno Le Maire, e il ministro tedesco Peter Altmaier proprio sulle politiche aerospaziali europee. L'Italia che contribuisce come terzo paese al programma Esa non è stata neppure invitata mentre in altri tempi il nostro paese era sempre presente e, molto spesso, ad altissimi livelli politici. Però c'è la Bocconi. Per di più Fraccaro sembra impegnato in questo momento sempre sul capitolo delle nomine. Nelle prossime settimane dovrà essere nominato il nuovo addetto per l'aerospazio a Washington. Da mesi è in corso una battaglia nel movimento 5 Stelle per affidare questo incarico molto prestigioso, occupato negli ultimi anni da Roberto Vittori. L'incarico è strategico per il ruolo, per lo stipendio e anche come trampolino di lancio per la carriera di chi lo ricoprirà militare. 8 anni fa dopo il salto oltreoceano Vittori diventò generale dell'aeronautica. A marzo Fraccaro e la consigliera Mariangela Dejana, tentando un colpo senza coinvolgere la Farnesina (istituzionalmente responsabile per la nomina in oggetto) avevano già cercato di nominare Aniello Violetti, attuale vice del consigliere militare di Giuseppe Conte, Carlo Massagli. Ma la Farnesina di Luigi Di Maio bloccò tutto, indicendo poi un bando di selezione. Si presentarono in 10. Tra questi , Mario Cosmo, Fabio D'Amico, Simone Dell'Agnello, Paolo Gaudenzi, Riccardo Lanari, Gabriele Mascetti, Mauro Piermaria, Alessandro Rossi, Alessandro Dario Maria Gobbi e infine proprio Violetti. Ora le candidature sono state scremate. Sarebbero rimasti in 3. A palazzo Chigi si dice che si sarebbe trovata la quadra di nuovo su Violetti, viste soprattutto le sue entrature nel governo. Eppure è ancora il seminario della Bocconi a far pensare: nel panel organizzato da Fraccaro c'era anche uno degli altri candidati, con forti entrature storiche proprio al Maeci
Getty Images
Era inoltre il 22 dicembre, quando il Times of Israel ha riferito che «Israele ha avvertito l'amministrazione Trump che il corpo delle Guardie della rivoluzione Islamica dell'Iran potrebbe utilizzare un'esercitazione militare in corso incentrata sui missili come copertura per lanciare un attacco contro Israele». «Le probabilità di un attacco iraniano sono inferiori al 50%, ma nessuno è disposto a correre il rischio e a dire che si tratta solo di un'esercitazione», ha in tal senso affermato ad Axios un funzionario di Gerusalemme.
Tutto questo, mentre il 17 dicembre il direttore del Mossad, David Barnea, aveva dichiarato che lo Stato ebraico deve «garantire» che Teheran non si doti dell’arma atomica. «L'idea di continuare a sviluppare una bomba nucleare batte ancora nei loro cuori. Abbiamo la responsabilità di garantire che il progetto nucleare, gravemente danneggiato, in stretta collaborazione con gli americani, non venga mai attivato», aveva detto.
Insomma, la tensione tra Gerusalemme e Teheran sta tornando a salire. Ricordiamo che, lo scorso giugno, le due capitali avevano combattuto la «guerra dei dodici giorni»: guerra, nel cui ambito gli Stati Uniti avevano colpito tre siti nucleari iraniani, per poi mediare un cessate il fuoco con l’aiuto del Qatar. Non dimentichiamo inoltre che Trump punta a negoziare un nuovo accordo sul nucleare di Teheran con l’obiettivo di scongiurare l’eventualità che gli ayatollah possano conseguire l’arma atomica. Uno scenario, quest’ultimo, assai temuto tanto dagli israeliani quanto dai sauditi.
Il punto è che le rinnovate tensioni tra Israele e Teheran si stanno verificando in una fase di fibrillazione tra lo Stato ebraico e la Casa Bianca. Trump è rimasto irritato a causa del recente attacco militare di Gerusalemme a Gaza, mentre Netanyahu non vede di buon occhio la possibile vendita di caccia F-35 al governo di Doha. Bisognerà quindi vedere se, nei prossimi giorni, il dossier iraniano riavvicinerà o meno il presidente americano e il premier israeliano.
Continua a leggereRiduci
Il Comune fiorentino sposa l’appello del Maestro per riportare a casa le spoglie di Cherubini e cambiare nome al Teatro del Maggio, in onore di Vittorio Gui. Partecipano al dibattito il direttore del Conservatorio, Pucciarmati, e il violinista Rimonda.
Muwaffaq Tarif, lo sceicco leader religioso della comunità drusa israeliana
Il gruppo numericamente più importante è in Siria, dove si stima che vivano circa 700.000 drusi, soprattutto nel Governatorato di Suwayda e nei sobborghi meridionali della capitale Damasco. In Libano rappresentano il 5% del totale degli abitanti e per una consolidata consuetudine del Paese dei Cedri uno dei comandanti delle forze dell’ordine è di etnia drusa. In Giordania sono soltanto 20.000 su una popolazione di 11 milioni, ma l’attuale vice-primo ministro e ministro degli Esteri Ayman Safadi è un druso. In Israele sono membri attivi della società e combattono nelle Forze di difesa israeliane (Idf) in una brigata drusa. Sono circa 150.000 distribuiti nel nNord di Israele fra la Galilea e le Alture del Golan, ma abitano anche in alcuni quartieri di Tel Aviv.
Lo sceicco Muwaffaq Tarif è il leader religioso della comunità drusa israeliana e la sua famiglia guida la comunità dal 1753, sotto il dominio ottomano. Muwaffaq Tarif ha ereditato il ruolo di guida spirituale alla morte del nonno Amin Tarif, una figura fondamentale per i drusi tanto che la sua tomba è meta di pellegrinaggio.
Sceicco quali sono i rapporti con le comunità druse sparpagliate in tutto il Medio Oriente?
«Siamo fratelli nella fede e nell’ideale, ci unisce qualcosa di profondo e radicato che nessuno potrà mai scalfire. Viviamo in nazioni diverse ed anche con modalità di vita differenti, ma restiamo drusi e questo influisce su ogni nostra scelta. Nella storia recente non sempre siamo stati tutti d’accordo, ma resta il rispetto. Per noi è fondamentale che passi il concetto che non abbiamo nessuna rivendicazione territoriale o secessionista, nessuno vuole creare una “nazione drusa”, non siamo come i curdi, noi siamo cittadini delle nazioni in cui viviamo, siamo israeliani, siriani, libanesi e giordani».
I drusi israeliani combattono nell’esercito di Tel Aviv, mentre importanti leader libanesi come Walid Jumblatt si sono sempre schierati dalla parte dei palestinesi.
«Walid Jumblatt è un politico che vuole soltanto accumulare ricchezze e potere e non fare il bene della sua gente. Durante la guerra civile libanese è stato fra quelli che appoggiavano Assad e la Siria che voleva annettere il Libano e quindi ogni sua mossa mira soltanto ad accrescere la sua posizione. Fu mio nonno ha decidere che il nostro rapporto con Israele doveva essere totale e noi siamo fedeli e rispettosi. La fratellanza con le altre comunità non ci impone un pensiero unico e quindi c’è molta libertà, anche politica nelle nostre scelte».
In Siria c’è un nuovo governo, un gruppo di ex qaedisti che hanno rovesciato Assad in 11 giorni e che adesso si stanno presentando al mondo come moderati. Nei mesi scorsi però i drusi siriani sono stati pesantemente attaccati dalle tribù beduine e Israele ha reagito militarmente per difendere la sua comunità.
«Israele è l’unica nazione che si è mossa per aiutare i drusi siriani massacrati. Oltre 2000 morti, stupri ed incendi hanno insanguinato la provincia di Suwayda, tutto nell’indifferenza della comunità internazionale. Il governo di Damasco è un regime islamista e violento che vuole distruggere tutte le minoranze, prima gli Alawiti ed adesso i drusi. Utilizzano le milizie beduine, ma sono loro ad armarle e permettergli di uccidere senza pietà gente pacifica. Siamo felici che l’aviazione di Tel Aviv sia intervenuta per fermare il genocidio dei drusi, volevamo intervenire personalmente in sostegno ai fratelli siriani, ma il governo israeliano ha chiuso la frontiera. Al Shara è un assassino sanguinario che ci considera degli infedeli da eliminare, non bisogna credere a ciò che racconta all’estero. La Siria è una nazione importante ed in tanti vogliono destabilizzarla per colpire tutto il Medio Oriente. Siamo gente semplice e povera, ma voglio comunque fare un appello al presidente statunitense Donald Trump di non credere alle bugie dei tagliagole di Damasco e di proteggere i drusi della Siria».
Continua a leggereRiduci