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2018-06-02
Fontana, il ministro della natalità: «Senza figli il Paese non riparte»
ANSA
Ai tempi di San Benedetto, i monaci si trinceravano dentro le abbazie e i muri spessi dei monasteri per proteggere il patrimonio della cristianità dalle invasioni barbariche. Oggi, invece, pare che siano proprio i barbari a proteggere quel patrimonio. I vescovi di Bologna e di Torino chiedono ai fedeli di pregare per il presidente Sergio Mattarella e per la Costituzione, che sarebbero minacciati dal nuovo governo. Nel frattempo, i tanto temuti populisti si occupano di questioni ben più rilevanti e probabilmente molto più utili e interessanti per il mondo cattolico. È stata l'amministrazione leghista del Friuli Venezia Giulia, guidata da Massimiliano Fedriga, a mandare un segnale forte contro il pensiero unico Lgbt, decidendo di uscire dalla rete Ready, monopolizzata dagli attivisti arcobaleno. È stata sempre la Lega a portare in Parlamento (per la precisione al Senato) Simone Pillon, tra gli animatori del Family day.
Ma la novità maggiore è senz'altro rappresentata dal ruolo che ricoprirà nel nuovo esecutivo il leghista Lorenzo Fontana. Veronese, 38 anni, vicesegretario federale della Lega, sarà ministro per la Famiglia e la disabilità nel governo Conte. Lo stanno già attaccando da più parti, con le solite armi spuntate (gli danno del fasicista, dell'omofobo eccetera), ma la sua nomina è una svolta seria.
Dopo che, per anni, i ministri del centrosinistra (e non solo) ci hanno ripetuto che, onde vincere il calo demografico, avremmo dovuto continuare a importare immigrati in quantità industriali, ora c'è un ministro che ha l'obiettivo preciso di sostenere la famiglia e mettere in atto politiche a favore della natalità. Quanto a cambiamenti, non è poco. «Sicuramente il punto di partenza è la volontà di far capire che fare figli è un investimento, e non un peso», dice Fontana alla Verità. «Dobbiamo renderci conto che se non si inverte la tendenza, che se non c'è una svolta rispetto al calo demografico, l'economia non si può riprendere. È scritto anche nell'ultimo Def che il calo demografico fa aumentare il debito pubblico. Persino Carlo Cottarelli ne parla nel suo libro. Vogliamo invertire la tendenza degli ultimi trent'anni, questa è la cosa principale».
Questo è il retroterra «filosofico» di Fontana, che delle sue posizioni non ha mai fatto mistero. Anzi, le ha condensate con efficacia in un pamphlet intitolato La culla vuota della civiltà, firmato assieme a Ettore Gotti Tedeschi. «La crisi economica ha un'origine morale: il crollo della natalità», scrive Fontana nel testo. «Il crollo della natalità ha condizionato l'inviluppo economico e la stessa crisi economica in maniera diretta. Il prodotto interno lordo – in un sistema economico maturo, come quello italiano e, più in generale, occidentale – non può crescere se la popolazione decresce. […] Il crollo della natalità non ha solo provocato la crisi, ma ha creato le premesse per rendere “giustificabile e addirittura auspicabile" il fenomeno dell'immigrazione. Probabilmente unico e vero obiettivo, celato dietro le mancate scelte di sostegno alle nostre famiglie». Nel libro, Fontana e Gotti Tedeschi offrono parecchie soluzioni concrete al dramma della denatalità. Resta da vedere quali e quante saranno messe in pratica del nuovo governo. Il leghista, tuttavia, sembra avere le idee piuttosto chiare, per quanto il momento politico sia ancora nebuloso. In concreto, spiega, l'azione consisterà in «aiuti alle famiglie e soprattutto, ovviamente, alle donne perché possano avere più figli. Seguiremo anche gli esempi che arrivano dall'estero», continua Fontana. «La Francia, ad esempio, dedica al sostegno delle famiglie una percentuale di Pil doppia rispetto all'Italia».
Certo, è evidente che molto dipenderà anche dagli equilibri interni al nuovo esecutivo e dai rapporti fra le forze che lo compongono. «La soluzione migliore per concretizzare gli aiuti andrà trovata assieme al ministro dell'Economia», dice Fontana. «Vedremo se si tratterà di sgravi fiscali, come in Francia, o di assegni famigliari come in altri Paesi. In ogni caso nel governo c'è grande sensibilità su questo tema, anche nel contratto c'è una parte dedicata alla famiglia».
Saranno i fatti a parlare, ma l'idea che il ministro di un governo italiano dichiari di voler invertire una tendenza che dura da decenni è sorprendente. E anche parecchio coraggioso, visto che la gran parte degli organismi europei e internazionali agisce in senso opposto, ovvero sostenendo che bisogna importare stranieri. Persino il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, ha aderito in toto alla linea immigrazionista. «L'immigrazione, sul piano meramente economico, conviene; anzi ne abbiamo perfino bisogno», ebbe a dire. Sarebbe stato bello sentirlo parlare di lotta al calo demografico, ma i vertici della Conferenza episcopale hanno preferito occuparsi d'altro.
Un'inversione di rotta ci sarà anche rispetto alla disabilità. «Credo che il grado di civiltà di un Paese», dice Fontana «si misuri dall'attenzione e dall'aiuto che dà alle persone in difficoltà. Mi sembra che, negli ultimi anni, il tema della disabilità sia stato trascurato o comunque non affrontato offrendo a persone e famiglie il supporto adeguato. Mi pare che anche su questo, nel nuovo governo, ci sia una sensibilità diversa». Bisognerebbe chiedere alle famiglie in difficoltà, a chi si prende cura ogni giorno dei malati gravi e ai giovani che faticano a mettere al mondo bambini se preferiscono frasi come queste o gli inviti a pregare per la Costituzione e Mattarella.
Il nuovo esecutivo, per altro, potrebbe regalare qualche sorpresa anche sui cosiddetti «temi etici». In effetti, da ministro dell'Interno, Matteo Salvini potrebbe persino trovare il tempo di occuparsi di qualche affare scottante. Ad esempio, potrebbe esprimersi su ciò che stanno facendo numerosi sindaci italiani, a partire dalla torinese Chiara Appendino, i quali registrano i bimbi di coppie gay come figli di due madri e due padri, anche quando sono venuti al mondo tramite utero in affitto. La posizione dei 5 stelle sull'argomento, con tutta probabilità, non è quella della Lega. Ma si tratta di un altro campo in cui i presunti barbari potrebbero fare qualcosa d'interessante. Alla faccia dei prelati che li osteggiano in ogni modo.
Francesco Borgonovo
I giudici dicono sì alla stepchild adoption
La stepchild adoption? In Italia non esiste, ma poiché all'estero va di moda i nostri giudici, ancora una volta, si allineano. Da Avellino arriva l'ennesimo caso di una giurisprudenza che sopravanza le normative vigenti e, come spesso capita, in queste situazioni di mezzo ci sono omosessuali e minori. E la legge Cirinnà.
I fatti sono questi: due donne francesi, coppia fissa da trent'anni, sposate in Francia nel 2013, professoresse universitarie, vivono in Italia dagli anni Novanta pur mantenendo la nazionalità originaria.
Entrambe, attraverso l'inseminazione artificiale all'estero, hanno partorito un figlio. Il primo è nato nel 2003, il secondo nel 2013, i due bambini hanno mantenuto la cittadinanza francese, pur essendo nati in provincia di Avellino. Nel 2014 le due donne hanno fatto domanda al Tribunal de grande istance di Lille per poter adottare ognuna il figlio dell'altra attraverso appunto la stepchild adoption, in Francia normata dalla legge, anche per coppie gay. E sono state accontentate.
A quel punto hanno chiesto la trascrizione in Italia degli atti stabiliti dai tribunali francesi. E qui ne è nato un problema non di poco conto, considerato che la stepchild adoption (cioè la possibilità per un membro di una coppia di adottare il figlio del partner, anche omosessuale) nel nostro Paese non è un istituto in vigore.
Esattamente in nome di questo, i due Comuni dell'avellinese dove i bambini sono nati hanno rifiutato la trascrizione dell'atto, ma la faccenda è finita in tribunale e, in primo grado, i giudici di Avellino hanno dato loro ragione. Ma, poi, le due donne hanno fatto ricorso e quando la pratica è passata alla Corte d'Appello di Napoli, la sentenza è stata rovesciata e poi confermata dalla Suprema Corte che, ieri, con una ordinanza, ha dato il via libera definitivo, burocraticamente parlando, alla nuova famiglia.
Nonostante la legge italiana non lo preveda e nonostante le leggi che, anzi, tendono a tutelare il diritto del nostro Paese da influenze estere. Come l'articolo il Dpr 396 del 2000 che specifica che «gli atti formati all'estero non possono essere trascritti in Italia se contrari all'ordine pubblico» o come la legge 218 del 1995, secondo cui la legge straniera non è applicabile se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico. La materia scottante della stepchild, però, nel caso delle due donne francesi sembra essere stata tenuta fuori dai binari etici, ed è stata trattata come giuridicamente appare, cioè come un semplice «riconoscimento di provvedimento di adozione di minore straniero«, cioè un caso nel quale «il principio di superiore interesse del minore opera necessariamente come un limite alla stessa valenza della clausola di ordine pubblico, che va sempre valutata con cautela e alla luce del singolo caso concreto», hanno spiegato i togati nella sentenza.
Trattandosi cioè di un'adozione di un minore, (senza considerare la vicenda familiare) deve essere sempre preminente il suo «diritto a vivere in modo stabile e in un ambiente domestico armonioso e a essere educato e assistito nella crescita con equilibrio e rispetto dei suoi diritti fondamentali».
E questo basta per bypassare anche i limiti di un altro principio del diritto italiano la così detta «adozione legittimante», cioè quell'istituto che consente a un individuo di adottare il figlio del partner ma solo qualora i due siano legati dal vincolo del matrimonio.
Il matrimonio, in questo caso, per i giudici esiste in quanto riconosciuto all'estero tra cittadini gay stranieri e quindi «non ha alcuna rilevanza, ai fini della trascrizione della adozione reciproca dei minori, il dato dell'inserimento degli stessi nel contesto di una famiglia costituita da una coppia omosessuale» o eterosessuale, hanno sottolineato i togati nella sentenza.
Anzi a questo punto la questione per i giudici si ribalta: il via libera alla trascrizione non può essere bloccato da «meri pregiudizi sull'orientamento sessuale della coppia e sulla sua idoneità all'assunzione della responsabilità genitoriale», hanno chiarito.
E pensare che all'epoca della discussione nelle aule del Parlamento della legge Cirinnà, la proposta di inserire la stepchild adoption nel testo venne stralciata, proprio per evitare di toccare un tema che avrebbe sollevato un dibattito troppo acceso. Ora, quel che è uscito dalla porta della politica, rientra dalla finestra sotto forma di giurisprudenza. E non si tratta nemmeno dell'unico caso. Nel 2017 due cittadine italiane, residenti e coniugate all'estero, avevano chiesto la registrazione in Italia dell'atto di nascita del figlio di una delle due (nato da fecondazione assistita) che nel documento portava il cognome di entrambe. Gli uffici dell'anagrafe si rifiutarono e le due donne avviarono una battaglia legale che si concluse con una sentenza della Cassazione (14878 del 15 giugno 2017) a loro favore. Anche in questo caso a fare fede fu il fatto che all'estero l'atto era già stato ratificato.
Alessia Pedrielli
La Cirinnà delira: «L’Italia in mano a fasci omofobi»
Le farmacie dalle parti del Nazareno hanno finito le scorte di Maalox. Definire come «scomposte» le reazioni espresse dai vertici del Partito democratico alla formazione dell'esecutivo M5s-Lega sarebbe infatti un eufemismo.
L'epiteto più gettonato per definire la squadra del premier Giuseppe Conte, nemmeno a dirlo, è «fascista»; poi nei tweet di Maurizio Martina e Matteo Orfini, rispettivamente segretario reggente e presidente del Pd, sono evocati tutti i fantasmi delle sinistra progressista lontana anni luce dai bisogni del Paese reale. E quindi secondo Orfini «nasce un governo di estrema destra tra gli applausi dei neofascisti di mezza Europa», mentre sul profilo di Martina si legge che il «governo Lega M5s è populista e di destra con programma pericoloso per l'Italia. La loro azione è un mix di estremismo, antieuropeismo e iniquità».
Un tono che ricorre tra tutte le schiere democratiche. Tuttavia c'è un pericolo meno visibile ma più incombente che solo la madrina delle unioni civili Monica Cirinnà è riuscita a cogliere e denunciare ad alta voce: quello del governo «più omofobo» che abbia mai conosciuto l'Italia.
La paladina dei movimenti Lgbt si prepara ad indossare l'elmetto arcobaleno: «Governo Lega M5s è anche il più omofobo e pericoloso per i diritti civili di tutte le persone oltre che populista, xenofobo e di estrema destra. Prepariamoci ad un'opposizione durissima». Qualche ora dopo la senatrice, che non ha mai nascosto di voler regolamentare la maternità surrogata (utero in affitto), rincara la dose con un altro tweet rivolto al leghista Alberto Bagnai: «Meglio in un porcile tra nobili animali che tra xenofobi razzisti e omofobi. Sono vegetariana e animalista mi occupo da sempre di diritti, dei diritti di tutti, ho certezze, so da che parte stare!». Di fronte alla squadra di governo ha poi commentato: «Metà fascisti e metà incapaci». Per postare, infine, la foto di un matrimonio gay, con commento: «In Campidoglio sposo due mariti e arrivo. Del resto devo esorcizzare il duo Salvini Fontana».
D'altra parte c'è da capirla Monica, per lei è stato un brusco risveglio dopo un sogno iniziato nel maggio del 2016. Nel giorno dell'ok definitivo alla legge sulle unioni civili, la senatrice dichiarava alle telecamere di Gazebo che quello era solo un primo passo e che grazie al referendum costituzionale ci sarebbe stata una camera sola e un solo grande partito (il Pd) che avrebbe portato in tutte le mozioni il matrimonio egualitario e di conseguenza, ne era certa la Cirinnà, «il prossimo Parlamento farà il matrimonio egualitario».
Gli eventi hanno detto altro e soprattutto gli italiani hanno indicato altre priorità. I risultati elettorali non sembrano però aver avuto effetti sull'agenda politica del Pd.
Infatti, mentre il Paese continua restare in pieno inverno demografico, registrando nel 2017 l'ennesimo record negativo di nuovi nati, il Pd in Lombardia pensa ad attaccare i ginecologi obiettori di coscienza.
Secondo la consigliera regionale dem Paola Bocci la percentuale di medici che non pratica l'aborto sarebbe infatti ancora troppo alta, sebbene si registri anche un lieve calo degli obiettori: il 66,1% nel 2017, a fronte del 68,2% del 2016. Tra l'altro in Italia non esiste Asl che pratichi più di 15 aborti a settimana. Eppure l'esponente del Pd arriva persino a chiedere un concorso ad hoc aperto solo a ginecologi disposti a praticare l'interruzione di gravidanza, ignorando pronunciamenti del Consiglio d'Europa e della Corte costituzionale che difendo il diritto all'obiezione. Basta chiedere alla Regione Puglia che su una proposta del genere ha dovuto fare una repentina retromarcia.
Marco Guerra
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Il nuovo governo segna un'inversione di tendenza. Invece di ripetere che gli immigrati servono a compensare il calo demografico, pensa ad aiutare le famiglie italiane: «Assegni o sgravi fiscali come avviene in Francia».Ennesima sentenza che ribalta le decisioni della politica: ad Avellino due donne francesi chiedono all'anagrafe di iscrivere i loro bambini come se fossero figli di entrambe. Il nostro ordinamento non lo prevede, ma un magistrato dà loro ragione.Reazioni scomposte al nuovo governo da parte della senatrice pro unioni gay.Lo speciale contiene tre articoliAi tempi di San Benedetto, i monaci si trinceravano dentro le abbazie e i muri spessi dei monasteri per proteggere il patrimonio della cristianità dalle invasioni barbariche. Oggi, invece, pare che siano proprio i barbari a proteggere quel patrimonio. I vescovi di Bologna e di Torino chiedono ai fedeli di pregare per il presidente Sergio Mattarella e per la Costituzione, che sarebbero minacciati dal nuovo governo. Nel frattempo, i tanto temuti populisti si occupano di questioni ben più rilevanti e probabilmente molto più utili e interessanti per il mondo cattolico. È stata l'amministrazione leghista del Friuli Venezia Giulia, guidata da Massimiliano Fedriga, a mandare un segnale forte contro il pensiero unico Lgbt, decidendo di uscire dalla rete Ready, monopolizzata dagli attivisti arcobaleno. È stata sempre la Lega a portare in Parlamento (per la precisione al Senato) Simone Pillon, tra gli animatori del Family day.Ma la novità maggiore è senz'altro rappresentata dal ruolo che ricoprirà nel nuovo esecutivo il leghista Lorenzo Fontana. Veronese, 38 anni, vicesegretario federale della Lega, sarà ministro per la Famiglia e la disabilità nel governo Conte. Lo stanno già attaccando da più parti, con le solite armi spuntate (gli danno del fasicista, dell'omofobo eccetera), ma la sua nomina è una svolta seria. Dopo che, per anni, i ministri del centrosinistra (e non solo) ci hanno ripetuto che, onde vincere il calo demografico, avremmo dovuto continuare a importare immigrati in quantità industriali, ora c'è un ministro che ha l'obiettivo preciso di sostenere la famiglia e mettere in atto politiche a favore della natalità. Quanto a cambiamenti, non è poco. «Sicuramente il punto di partenza è la volontà di far capire che fare figli è un investimento, e non un peso», dice Fontana alla Verità. «Dobbiamo renderci conto che se non si inverte la tendenza, che se non c'è una svolta rispetto al calo demografico, l'economia non si può riprendere. È scritto anche nell'ultimo Def che il calo demografico fa aumentare il debito pubblico. Persino Carlo Cottarelli ne parla nel suo libro. Vogliamo invertire la tendenza degli ultimi trent'anni, questa è la cosa principale».Questo è il retroterra «filosofico» di Fontana, che delle sue posizioni non ha mai fatto mistero. Anzi, le ha condensate con efficacia in un pamphlet intitolato La culla vuota della civiltà, firmato assieme a Ettore Gotti Tedeschi. «La crisi economica ha un'origine morale: il crollo della natalità», scrive Fontana nel testo. «Il crollo della natalità ha condizionato l'inviluppo economico e la stessa crisi economica in maniera diretta. Il prodotto interno lordo – in un sistema economico maturo, come quello italiano e, più in generale, occidentale – non può crescere se la popolazione decresce. […] Il crollo della natalità non ha solo provocato la crisi, ma ha creato le premesse per rendere “giustificabile e addirittura auspicabile" il fenomeno dell'immigrazione. Probabilmente unico e vero obiettivo, celato dietro le mancate scelte di sostegno alle nostre famiglie». Nel libro, Fontana e Gotti Tedeschi offrono parecchie soluzioni concrete al dramma della denatalità. Resta da vedere quali e quante saranno messe in pratica del nuovo governo. Il leghista, tuttavia, sembra avere le idee piuttosto chiare, per quanto il momento politico sia ancora nebuloso. In concreto, spiega, l'azione consisterà in «aiuti alle famiglie e soprattutto, ovviamente, alle donne perché possano avere più figli. Seguiremo anche gli esempi che arrivano dall'estero», continua Fontana. «La Francia, ad esempio, dedica al sostegno delle famiglie una percentuale di Pil doppia rispetto all'Italia».Certo, è evidente che molto dipenderà anche dagli equilibri interni al nuovo esecutivo e dai rapporti fra le forze che lo compongono. «La soluzione migliore per concretizzare gli aiuti andrà trovata assieme al ministro dell'Economia», dice Fontana. «Vedremo se si tratterà di sgravi fiscali, come in Francia, o di assegni famigliari come in altri Paesi. In ogni caso nel governo c'è grande sensibilità su questo tema, anche nel contratto c'è una parte dedicata alla famiglia». Saranno i fatti a parlare, ma l'idea che il ministro di un governo italiano dichiari di voler invertire una tendenza che dura da decenni è sorprendente. E anche parecchio coraggioso, visto che la gran parte degli organismi europei e internazionali agisce in senso opposto, ovvero sostenendo che bisogna importare stranieri. Persino il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, ha aderito in toto alla linea immigrazionista. «L'immigrazione, sul piano meramente economico, conviene; anzi ne abbiamo perfino bisogno», ebbe a dire. Sarebbe stato bello sentirlo parlare di lotta al calo demografico, ma i vertici della Conferenza episcopale hanno preferito occuparsi d'altro.Un'inversione di rotta ci sarà anche rispetto alla disabilità. «Credo che il grado di civiltà di un Paese», dice Fontana «si misuri dall'attenzione e dall'aiuto che dà alle persone in difficoltà. Mi sembra che, negli ultimi anni, il tema della disabilità sia stato trascurato o comunque non affrontato offrendo a persone e famiglie il supporto adeguato. Mi pare che anche su questo, nel nuovo governo, ci sia una sensibilità diversa». Bisognerebbe chiedere alle famiglie in difficoltà, a chi si prende cura ogni giorno dei malati gravi e ai giovani che faticano a mettere al mondo bambini se preferiscono frasi come queste o gli inviti a pregare per la Costituzione e Mattarella. Il nuovo esecutivo, per altro, potrebbe regalare qualche sorpresa anche sui cosiddetti «temi etici». In effetti, da ministro dell'Interno, Matteo Salvini potrebbe persino trovare il tempo di occuparsi di qualche affare scottante. Ad esempio, potrebbe esprimersi su ciò che stanno facendo numerosi sindaci italiani, a partire dalla torinese Chiara Appendino, i quali registrano i bimbi di coppie gay come figli di due madri e due padri, anche quando sono venuti al mondo tramite utero in affitto. La posizione dei 5 stelle sull'argomento, con tutta probabilità, non è quella della Lega. Ma si tratta di un altro campo in cui i presunti barbari potrebbero fare qualcosa d'interessante. Alla faccia dei prelati che li osteggiano in ogni modo.Francesco Borgonovo<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/fontana-il-ministro-della-natalita-senza-figli-il-paese-non-riparte-2574320446.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-giudici-dicono-si-alla-stepchild-adoption" data-post-id="2574320446" data-published-at="1765494905" data-use-pagination="False"> I giudici dicono sì alla stepchild adoption La stepchild adoption? In Italia non esiste, ma poiché all'estero va di moda i nostri giudici, ancora una volta, si allineano. Da Avellino arriva l'ennesimo caso di una giurisprudenza che sopravanza le normative vigenti e, come spesso capita, in queste situazioni di mezzo ci sono omosessuali e minori. E la legge Cirinnà. I fatti sono questi: due donne francesi, coppia fissa da trent'anni, sposate in Francia nel 2013, professoresse universitarie, vivono in Italia dagli anni Novanta pur mantenendo la nazionalità originaria. Entrambe, attraverso l'inseminazione artificiale all'estero, hanno partorito un figlio. Il primo è nato nel 2003, il secondo nel 2013, i due bambini hanno mantenuto la cittadinanza francese, pur essendo nati in provincia di Avellino. Nel 2014 le due donne hanno fatto domanda al Tribunal de grande istance di Lille per poter adottare ognuna il figlio dell'altra attraverso appunto la stepchild adoption, in Francia normata dalla legge, anche per coppie gay. E sono state accontentate. A quel punto hanno chiesto la trascrizione in Italia degli atti stabiliti dai tribunali francesi. E qui ne è nato un problema non di poco conto, considerato che la stepchild adoption (cioè la possibilità per un membro di una coppia di adottare il figlio del partner, anche omosessuale) nel nostro Paese non è un istituto in vigore. Esattamente in nome di questo, i due Comuni dell'avellinese dove i bambini sono nati hanno rifiutato la trascrizione dell'atto, ma la faccenda è finita in tribunale e, in primo grado, i giudici di Avellino hanno dato loro ragione. Ma, poi, le due donne hanno fatto ricorso e quando la pratica è passata alla Corte d'Appello di Napoli, la sentenza è stata rovesciata e poi confermata dalla Suprema Corte che, ieri, con una ordinanza, ha dato il via libera definitivo, burocraticamente parlando, alla nuova famiglia. Nonostante la legge italiana non lo preveda e nonostante le leggi che, anzi, tendono a tutelare il diritto del nostro Paese da influenze estere. Come l'articolo il Dpr 396 del 2000 che specifica che «gli atti formati all'estero non possono essere trascritti in Italia se contrari all'ordine pubblico» o come la legge 218 del 1995, secondo cui la legge straniera non è applicabile se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico. La materia scottante della stepchild, però, nel caso delle due donne francesi sembra essere stata tenuta fuori dai binari etici, ed è stata trattata come giuridicamente appare, cioè come un semplice «riconoscimento di provvedimento di adozione di minore straniero«, cioè un caso nel quale «il principio di superiore interesse del minore opera necessariamente come un limite alla stessa valenza della clausola di ordine pubblico, che va sempre valutata con cautela e alla luce del singolo caso concreto», hanno spiegato i togati nella sentenza. Trattandosi cioè di un'adozione di un minore, (senza considerare la vicenda familiare) deve essere sempre preminente il suo «diritto a vivere in modo stabile e in un ambiente domestico armonioso e a essere educato e assistito nella crescita con equilibrio e rispetto dei suoi diritti fondamentali». E questo basta per bypassare anche i limiti di un altro principio del diritto italiano la così detta «adozione legittimante», cioè quell'istituto che consente a un individuo di adottare il figlio del partner ma solo qualora i due siano legati dal vincolo del matrimonio. Il matrimonio, in questo caso, per i giudici esiste in quanto riconosciuto all'estero tra cittadini gay stranieri e quindi «non ha alcuna rilevanza, ai fini della trascrizione della adozione reciproca dei minori, il dato dell'inserimento degli stessi nel contesto di una famiglia costituita da una coppia omosessuale» o eterosessuale, hanno sottolineato i togati nella sentenza. Anzi a questo punto la questione per i giudici si ribalta: il via libera alla trascrizione non può essere bloccato da «meri pregiudizi sull'orientamento sessuale della coppia e sulla sua idoneità all'assunzione della responsabilità genitoriale», hanno chiarito. E pensare che all'epoca della discussione nelle aule del Parlamento della legge Cirinnà, la proposta di inserire la stepchild adoption nel testo venne stralciata, proprio per evitare di toccare un tema che avrebbe sollevato un dibattito troppo acceso. Ora, quel che è uscito dalla porta della politica, rientra dalla finestra sotto forma di giurisprudenza. E non si tratta nemmeno dell'unico caso. Nel 2017 due cittadine italiane, residenti e coniugate all'estero, avevano chiesto la registrazione in Italia dell'atto di nascita del figlio di una delle due (nato da fecondazione assistita) che nel documento portava il cognome di entrambe. Gli uffici dell'anagrafe si rifiutarono e le due donne avviarono una battaglia legale che si concluse con una sentenza della Cassazione (14878 del 15 giugno 2017) a loro favore. Anche in questo caso a fare fede fu il fatto che all'estero l'atto era già stato ratificato. Alessia Pedrielli <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/fontana-il-ministro-della-natalita-senza-figli-il-paese-non-riparte-2574320446.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="la-cirinna-delira-litalia-in-mano-a-fasci-omofobi" data-post-id="2574320446" data-published-at="1765494905" data-use-pagination="False"> La Cirinnà delira: «L’Italia in mano a fasci omofobi» Le farmacie dalle parti del Nazareno hanno finito le scorte di Maalox. Definire come «scomposte» le reazioni espresse dai vertici del Partito democratico alla formazione dell'esecutivo M5s-Lega sarebbe infatti un eufemismo. L'epiteto più gettonato per definire la squadra del premier Giuseppe Conte, nemmeno a dirlo, è «fascista»; poi nei tweet di Maurizio Martina e Matteo Orfini, rispettivamente segretario reggente e presidente del Pd, sono evocati tutti i fantasmi delle sinistra progressista lontana anni luce dai bisogni del Paese reale. E quindi secondo Orfini «nasce un governo di estrema destra tra gli applausi dei neofascisti di mezza Europa», mentre sul profilo di Martina si legge che il «governo Lega M5s è populista e di destra con programma pericoloso per l'Italia. La loro azione è un mix di estremismo, antieuropeismo e iniquità». Un tono che ricorre tra tutte le schiere democratiche. Tuttavia c'è un pericolo meno visibile ma più incombente che solo la madrina delle unioni civili Monica Cirinnà è riuscita a cogliere e denunciare ad alta voce: quello del governo «più omofobo» che abbia mai conosciuto l'Italia. La paladina dei movimenti Lgbt si prepara ad indossare l'elmetto arcobaleno: «Governo Lega M5s è anche il più omofobo e pericoloso per i diritti civili di tutte le persone oltre che populista, xenofobo e di estrema destra. Prepariamoci ad un'opposizione durissima». Qualche ora dopo la senatrice, che non ha mai nascosto di voler regolamentare la maternità surrogata (utero in affitto), rincara la dose con un altro tweet rivolto al leghista Alberto Bagnai: «Meglio in un porcile tra nobili animali che tra xenofobi razzisti e omofobi. Sono vegetariana e animalista mi occupo da sempre di diritti, dei diritti di tutti, ho certezze, so da che parte stare!». Di fronte alla squadra di governo ha poi commentato: «Metà fascisti e metà incapaci». Per postare, infine, la foto di un matrimonio gay, con commento: «In Campidoglio sposo due mariti e arrivo. Del resto devo esorcizzare il duo Salvini Fontana». D'altra parte c'è da capirla Monica, per lei è stato un brusco risveglio dopo un sogno iniziato nel maggio del 2016. Nel giorno dell'ok definitivo alla legge sulle unioni civili, la senatrice dichiarava alle telecamere di Gazebo che quello era solo un primo passo e che grazie al referendum costituzionale ci sarebbe stata una camera sola e un solo grande partito (il Pd) che avrebbe portato in tutte le mozioni il matrimonio egualitario e di conseguenza, ne era certa la Cirinnà, «il prossimo Parlamento farà il matrimonio egualitario». Gli eventi hanno detto altro e soprattutto gli italiani hanno indicato altre priorità. I risultati elettorali non sembrano però aver avuto effetti sull'agenda politica del Pd. Infatti, mentre il Paese continua restare in pieno inverno demografico, registrando nel 2017 l'ennesimo record negativo di nuovi nati, il Pd in Lombardia pensa ad attaccare i ginecologi obiettori di coscienza. Secondo la consigliera regionale dem Paola Bocci la percentuale di medici che non pratica l'aborto sarebbe infatti ancora troppo alta, sebbene si registri anche un lieve calo degli obiettori: il 66,1% nel 2017, a fronte del 68,2% del 2016. Tra l'altro in Italia non esiste Asl che pratichi più di 15 aborti a settimana. Eppure l'esponente del Pd arriva persino a chiedere un concorso ad hoc aperto solo a ginecologi disposti a praticare l'interruzione di gravidanza, ignorando pronunciamenti del Consiglio d'Europa e della Corte costituzionale che difendo il diritto all'obiezione. Basta chiedere alla Regione Puglia che su una proposta del genere ha dovuto fare una repentina retromarcia. Marco Guerra
Il motore è un modello di ricavi sempre più orientato ai servizi: «La crescita facile basata sulla forbice degli interessi sta inevitabilmente assottigliandosi, con il margine di interesse aggregato in calo del 5,6% nei primi nove mesi del 2025», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf. «Il settore ha saputo, però, compensare questa dinamica spingendo sul secondo pilastro dei ricavi, le commissioni nette, che sono cresciute del 5,9% nello stesso periodo, grazie soprattutto alla focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance».
La crescita delle commissioni riflette un’evoluzione strutturale: le banche agiscono sempre più come collocatori di prodotti finanziari e assicurativi. «Questo modello, se da un lato genera profitti elevati e stabili per gli istituti con minori vincoli di capitale e minor rischio di credito rispetto ai prestiti, dall’altro espone una criticità strutturale per i risparmiatori», dice Gaziano. «L’Italia è, infatti, il mercato in Europa in cui il risparmio gestito è il più caro», ricorda. Ne deriva una redditività meno dipendente dal credito, ma con un tema di costo per i clienti. La «corsa turbo» agli utili ha riacceso il dibattito sugli extra-profitti. In Italia, la legge di bilancio chiede un contributo al settore con formule che evitano una nuova tassa esplicita.
«È un dato di fatto che il governo italiano stia cercando una soluzione morbida per incassare liquidità da un settore in forte attivo, mentre in altri Paesi europei si discute apertamente di tassare questi extra-profitti in modo più deciso», dice l’esperto. «Ad esempio, in Polonia il governo ha recentemente aumentato le tasse sulle banche per finanziare le spese per la Difesa. È curioso notare come, alla fine, i governi preferiscano accontentarsi di un contributo una tantum da parte delle banche, piuttosto che intervenire sulle dinamiche che generano questi profitti che ricadono direttamente sui risparmiatori».
Come spiega David Benamou, responsabile investimenti di Axiom alternative investments, «le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (Cet1 medio superiore al 15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse. Non mancano, tuttavia, rischi come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli choc geopolitici, che smorzano l’ottimismo».
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Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
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Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
Per scaricare il numero di «Osservatorio sul Merito» basta cliccare sul link qui sotto.
Merito-Dicembre-2025.pdf
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