2020-07-26
Parte la caccia grossa alla Lega
Giornali e tg si tuffano sul caso dei camici, che comunque non sono costati un euro alle casse pubbliche. Silenzio assoluto sul Lazio guidato dal segretario dem, che ha buttato milioni per mascherine mai arrivate.Un politico pronto a pagare di tasca propria gli errori dell'ente a lui affidato ancora non s'era visto. A colmare la lacuna ci ha pensato Attilio Fontana, governatore della Lombardia, il quale per aver fatto il gesto di mettere mano al portafogli e sistemare una faccenda pasticciata si è ritrovato, per tutta risposta, indagato. L'accusa potrebbe essere abuso d'ufficio, ma al momento i contorni dell'inchiesta aperta dalla Procura di Milano non sono chiarissimi, per cui alcune fonti riferiscono di un'ipotesi di frode in fornitura pubblica, altri di turbativa d'asta, ma appunto potrebbe riconfluire tutto nel classico abuso d'ufficio. Il presidente avrebbe abusato del proprio potere cercando di risarcire il cognato, a cui era stato richiesto di rinunciare a una fornitura di camici per la Regione. Tutto nasce nel periodo dell'emergenza Covid, quando gli ospedali erano presi d'assalto dai malati e il personale sanitario non aveva le protezioni adeguate. Mancavano i respiratori, le mascherine e i camici. E allora la Dama, l'azienda proprietaria del marchio Paul and Shark, si fa avanti per fornirne decine di migliaia. La direzione regionale data l'urgenza salta le procedure e senza fare aste o bandi si mette d'accordo con diverse imprese, tra le quali appunto la Dama. Peccato che la società sia di proprietà del cognato del presidente e, per il 10%, della moglie di Attilio Fontana. Lì per lì nessuno eccepisce, perché c'è urgenza di reperire ciò che serve a mettere in sicurezza il personale sanitario, ma poi entra il gioco il sospetto di un possibile conflitto d'interessi e quando Fontana viene a conoscenza del pasticcio pare che chieda al cognato di rinunciare alla fornitura, anzi di trasformare l'appalto in una donazione e, per risarcire l'azienda di famiglia per il mancato introito, si offre pure di pagare il conto e dà ordine a una fiduciaria che amministra i suoi beni di versare il dovuto. Che Fontana sappia meno di niente degli affari del cognato e della sua attività lo dimostra il fatto che a un certo punto spedisce una mail agli uffici della Regione chiedendo l'Iban di Dama. I soldi dovrebbero arrivare da un conto svizzero della famiglia Fontana, quattrini pare di proprietà della madre, che prima sarebbero stati alle Bahamas e poi scudati e trasferiti in Svizzera. Il che dà la stura a tutte le illazioni. Anche se non c'è reato nell'avere un conto all'estero in regola con il fisco, il passaggio di quattrini ingenera vari sospetti. C'è di mezzo un politico, e dunque una persona esposta; c'è di mezzo un conto estero e per di più un conflitto d'interessi con contorno di cognato e moglie; e poi ci sono i soldi pubblici. Ovvio che finisca con titoloni in prima pagina, soprattutto se c'è l'ipotesi di un abuso d'ufficio. Che poi il reato consista eventualmente nell'aver voluto pagare - proprio nel senso di aprire il portafogli - errori altrui e non ci sia stato danno per la Regione conta poco: sempre di abuso si tratta, anche se di ingenuità, perché un politico dovrebbe sapere che i pasticci non si sistemano così, con il libretto degli assegni. Meno che meno si sistemano di tasca propria, rimettendoci pur di rimettere le cose a posto. Ma siccome c'è di mezzo la Lombardia e pure un leghista, i titoloni si sprecano.Ciò detto, visto che parliamo di qualche centinaio di migliaia di euro, che non sono stati sottratti alla Regione ma si volevano pagare per evitare problemi con i soldi pubblici, ci sia consentito di richiamare l'attenzione su una fornitura da 10 milioni di euro di un'altra Regione. In completa solitudine mesi fa abbiamo raccontato un pasticcio ai nostri occhi ben più grave. Gli uffici guidati dal segretario del Pd Nicola Zingaretti in piena epidemia si sono messi d'accordo per acquistare le mascherine sanitarie da distribuire negli ospedali laziali. L'operazione è stata concordata con una oscura società, certo non specializzata in attrezzatura sanitaria. Siglata la compravendita, la Regione ha pagato prima ancora di vedere il cammello, ossia prima ancora che la merce arrivasse in Italia e fosse sdoganata. Nessun ente pubblico paga sull'unghia e in anticipo. Anzi, di solito lo Stato e in generale Comuni e Regioni saldano i conti in ritardo di mesi, qualche volta di anni. Ma in questo caso no, prima ancora di avere in mano anche una sola mascherina il fornitore ha richiesto il denaro e gli uffici regionali guidati da Zingaretti hanno sganciato. Ma, ahinoi, le mascherine non sono mai arrivate. Il pasticcio in questo caso non solo è grave, ma ha anche procurato un danno alle casse pubbliche. E tuttavia l'attenzione dei giornali - e anche delle Procure - non è la stessa riservata a Fontana.Il caso lombardo non ha provocato alcuna perdita ai contribuenti. Nel caso laziale invece sono stati bruciati milioni. E tuttavia al momento, salvo un'indagine della Corte dei conti, non c'è - non diciamo un avviso di garanzia - ma nemmeno un fascicolo in Procura sulla Regione. La disparità di trattamento è talmente evidente che ieri alcuni esponenti dell'opposizione non particolarmente vicini al mondo leghista hanno alzato il sopracciglio. La storia di Fontana infatti ricorda certi episodi del passato, quando a tutti i costi bisognava trovare qualche cosa che mettesse sul banco degli imputati chi aveva vinto le elezioni. Il cliché è lo stesso: dagli a chi non è di sinistra.
(Ansa)
Il ministro Guido Crosetto in occasione dell'82°anniversario della difesa di Roma: «A me interessa che gli aiuti a Gaza possano arrivare, le medicine possano arrivare, la vita normale possa riprendere». Nonostante tutto, Crosetto ha ben chiaro come le due guerre più grandi - quella Ucraina e quella a Gaza - possano cessare rapidamente. «Io penso che la decisione di terminare i due conflitti sia nelle mani di due uomini: Putin e Netanyahu».