
Boom di positivi nella baraccopoli di Castel Romano, dove vivono 500 adulti e 300 bambini: inesistenti i sistemi di tracciamento. Nell'area, già sottoposta a sequestro dalla Procura di Roma per reati ambientali, nessuno controlla i movimenti dei nomadiIl coronavirus continua a fare paura, soprattutto nel Lazio. L'ultimo focolaio è scoppiato nel Villaggio della speranza, area sulla via Pontina, dove sorge il più grande campo rom d'Italia. A far scattare l'allarme è stata la morte di un uomo di 47 anni, deceduto all'interno dell'accampamento. Tra i contagiati ci sono anche diversi bambini. Nell'area vivono poco meno di 800 persone. Inevitabili gli accertamenti (ancora parziali) della Asl Roma 2 predisposti nel corso delle ultime ore. «Sono state circa 300 le persone testate e di queste 12 sono risultate positive. I casi positivi fanno riferimento ad un unico nucleo familiare ed il caso indice potrebbe essere il capo famiglia. I positivi sono stati isolati e la Asl Roma 2 sta eseguendo l'indagine epidemiologica», hanno fatto sapere con un comunicato dall'unità di crisi Covid-19 della Regione Lazio. Eppure la situazione potrebbe sfuggire rapidamente di mano, visto che nell'insediamento nomade nessuna autorità vigila sul rispetto delle regole anti contagio, circostanza che inoltre rende molto più difficoltoso il tracciamento con eventuali contatti esterni. Senza dimenticare che molti dei minori dell'accampamento frequentano le scuole situate tra Roma e Pomezia: Spinaceto, Eur e Tor de' Cenci. Nei prossimi giorni, dunque, la giunta comunale dovrà decidere su come affrontare la vicenda: non è escluso che il sindaco Virginia Raggi predisponga la zona rossa, già invocata dai partiti di opposizione. Intanto il portavoce del capo rom Kasim Cizmic ha minimizzato: «Qui stiamo tutti bene, i positivi sono pochi e comunque già isolati. Oggi hanno iniziato a controllarli con i tamponi e tutto il resto. Il morto? Aveva tanti problemi di salute, soprattutto al fegato e ai reni con il diabete. Stava male», ha proseguito Cizmic, «i medici conoscevano bene la sua situazione, era già stato in ospedale: è stato ricoverato un mese, solo che oggi nel mondo quando qualcuno viene a mancare danno sempre la colpa al virus e nemmeno te lo fanno vedere, se non attraverso un vetro». E ancora: «I pochi positivi sono tutti nelle loro case e ci devono restare 14 giorni, ma stanno bene. Tra l'altro hanno fatto i tamponi anche a tutti i familiari del morto e sono risultati negativi». La vicenda rischia di sfuggire di mano anche perché l'insediamento è sotto sequestro dallo scorso luglio, dato che per la Procura di Roma vi sono stati consumati diversi reati ambientali: roghi tossici, sversamento di rifiuti velenosi e inquinamento delle falde idriche. Dentro e fuori dal campo gli incendi tossici hanno pesantemente danneggiato la riserva naturale di Decima Malafede. I magistrati, dopo aver fatto mettere i sigilli, hanno nominato come custode il sindaco Raggi. Sul caso è intervenuto il rappresentante della Lega, Fabrizio Santori: «La gravissima situazione emersa nel campo rom di Castel Romano è la dimostrazione del fallimento a Cinque Stelle delle (non) politiche sulla gestione dei campi nomadi. Incredibile», ha continuato Santori, «che non siano stati attivati nel corso di questi mesi adeguati controlli e misure di sicurezza in situazioni dove, sappiamo benissimo, le condizioni igienico sanitarie e sociali sono spesso vergognose». C'è anche un ulteriore aspetto che dà un tono di giallo a questa storia. «Se è vero, infatti, che già lo scorso 3 febbraio, come testimoniato da alcune foto, operatori della Asl erano arrivati in massa nell'accampamento sulla Pontina per effettuare dei tamponi ai residenti, è probabile», hanno dichiarato in una nota i politici di FdI Chiara Colosimo e Federico Rocca, «che Roma Capitale fosse stata informata della situazione e non ha fatto nulla per far sì che degenerasse. Anzi hanno esposto tutti i cittadini a un forte rischio di contagio. Ci aspettiamo ora che alla luce dei fatti e per salvaguardare la salute dei residenti nel campo e di tutti quelli che abitano intorno, la Regione Lazio metta in isolamento il campo e lo dichiari zona rossa. Un provvedimento utile e non rimandabile». Di tenore completamente diverso le affermazioni del capogruppo della lista Zingaretti alla Regione Lazio, Marta Bonafoni: «Non c'è nessun focolaio nel campo di Castel Romano. Gli approfondimenti della stampa hanno chiarito che c'è solo una famiglia infettata, isolata, ben seguita dalla Asl di riferimento e dalla comunità Sant'Egidio». Poi la stoccata: «Falsa quindi la notizia che ci fossero 48 bambini positivi, falsa quella che i tamponi effettuati avrebbero dato un esito ssconvolgente. Occupiamoci piuttosto del fatto che tutti abbiano un alloggio civile, in tempi di pandemia ancor più necessario». Sullo sfondo resta la questione dell'insediamento. Sembra ormai svanito definitivamente, anche a causa dei provvedimenti giudiziari, il piano annunciato da Raggi che aveva proposto un percorso organizzato per la fuoriuscita dall'area, con aiuti anche economici da parte del Comune alle famiglie, per un importo di spesa pari a circa 1,5 milioni di euro.
Quest’anno in Brasile doppio carnevale: oltre a quello di Rio, a Belém si terrà la Conferenza Onu sul clima Un evento che va avanti da 30 anni, malgrado le emissioni crescano e gli studi seri dicano che la crisi non esiste.
Due carnevali, quest’anno in Brasile: quello già festeggiato a Rio dei dieci giorni a cavallo tra febbraio e marzo, come sempre allietato dagli sfrenati balli di samba, e quello - anch’esso di dieci giorni - di questo novembre, allietato dagli sfrenati balli dei bamba che si recheranno a Belém, attraversata dall’equatore, per partecipare alla Cop30, la conferenza planetaria che si propone di salvarci dal riscaldamento del clima.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Il 9 novembre 1971 si consumò il più grave incidente aereo per le forze armate italiane. Morirono 46 giovani parà della «Folgore». Oggi sono stati ricordati con una cerimonia indetta dall'Esercito.
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Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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Teresa Ribera (Ansa)
Il capo del Mef: «All’Ecofin faremo la guerra sulla tassazione del gas naturale». Appello congiunto di Confindustria con le omologhe di Francia e Germania.
Chiusa l’intesa al Consiglio europeo dell’Ambiente, resta il tempo per i bilanci. Il dato oggettivo è che la lentezza della macchina burocratica europea non riesce in alcun modo a stare al passo con i competitor mondiali.
Chiarissimo il concetto espresso dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: «Vorrei chiarire il criterio ispiratore di questo tipo di politica, partendo dal presupposto che noi non siamo una grande potenza, e non abbiamo nemmeno la bacchetta magica per dire alla Ue cosa fare in termini di politica industriale. Ritengo, ad esempio, che sulla politica commerciale, se stiamo ad aspettare cosa accade nel globo, l’industria in Europa nel giro di cinque anni rischia di scomparire». L’intervento avviene in Aula, il contesto è la manovra di bilancio, ma il senso è chiaro. Le piccole conquiste ottenute nell’accordo sul clima non sono sufficienti e nei due anni che bisogna aspettare per la nuova revisione può succedere di tutto.









