2025-03-13
Flop delle rinnovabili: l’uso di fonti fossili è cresciuto del 60% dal 1990 a oggi
L’aumento dei consumi energetici ha spinto l’impiego in termini assoluti di gas, carbone e petrolio nonostante solare & company.Nell’articolo dello scorso giovedì 6 marzo dimostravamo in modo inequivocabile che le nostre aggiunte in atmosfera di CO2 non possono avere alcun effetto significativo sull’effetto serra e, men che meno, sul clima. Pertanto, concludevamo, quello di decarbonizzare la nostra fonte energetica e, di conseguenza, la nostra economia, è un proposito sciocco. Anzi, è un proposito dannoso perché, precisavamo, aumentare la CO2 in atmosfera farebbe bene all’ambiente perché la CO2 è il cibo delle piante e una sua maggiore concentrazione in atmosfera comporta un pianeta con più rigogliosa vegetazione.Naturalmente non abbiamo esplorato altre ragioni - diverse da quella, inesistente, climatica - che potrebbero indurci a decarbonizzare. Nell’attesa che i sostenitori della decarbonizzazione ci dicano queste altre ragioni, possiamo dimostrare che il proposito è comunque destinato a fallire. E non è, questa, un’opinione, ma un fatto. Il detto proposito non è di questi giorni, ma nacque circa 30 anni fa, e fu concretamente avviato col Protocollo di Kyoto che divenne operativo nei primi anni di questo millennio. Altre iniziative son state prese nel mondo, dal Patto 20-20-20 per il clima, al Green new deal, al Repowereu. L’impegno economico negli ultimi 20 anni è stato di diversi trilioni di dollari: solo di impianti fotovoltaici possiamo stimare, nel mondo, oltre 5 trilioni di dollari, ai quali bisogna aggiungere i trilioni per eolico, idrogeno e tutto il resto in nome della decarbonizzazione. Risultato? Giudicate voi stessi dal grafico in alto. Come vedete, nel 1965 il contributo dei combustibili fossili al fabbisogno energetico era dell’80% e, a parte insignificanti fluttuazioni, tale è rimasto nel tempo. In particolare, tale è rimasto nel corso degli ultimi 20 anni, a dispetto dell’impegno multi trilionario detto sopra. Non fatevi ingannare dalla falsa impressione che potrebbe lasciare il grafico e cioè che almeno saremmo stati capaci di fermare l’aumento dell’uso del carbonio. Perché il suo contributo percentuale è, sì, rimasto costante, ma l’energia usata dall’umanità è cresciuta e, di conseguenza, è cresciuto l’uso di petrolio, carbone e gas naturale e, con esso, son cresciute le emissioni. Per farla breve, esse sono oggi il 60% in più di quelle che furono nel 1990. Nella figura la linea verde vorrebbe indicare come avrebbe dovuto diminuire l’uso dei combustibili fossili nel tempo, da quando fu compiuto quel «primo passo» che si chiama Protocollo di Kyoto fino al 2050 quando secondo i fenomeni che guidano la Ue il detto uso dovrebbe azzerarsi. Lo chiamano net zero. Come si vede, la realtà degli ultimi 20 anni è stata ben diversa dal programmato; e anche la realtà degli anni 2025-50 non avrà nulla che rassomigli al programmato. Come mai, vi chiederete. La risposta dipende dalle misure adottate. Ecco qualche esempio. Si vorrebbe raggiungere il net zero col nucleare? Dei 3000 gigawatt elettrici mondiali, 300 Gw sono prodotti dal nucleare e 1800 Gw sono prodotti dal carbonio, cosicché dovremmo sestuplicare il parco nucleare mondiale entro il 2050, cioè aggiungere circa 2.500 reattori a quelli attualmente in esercizio (poco più di 400). Un’impresa molto improbabile (anche se, sulla carta, possibile): in ogni caso, non si sarebbe raggiunto il net zero, visto che avremmo così decarbonizzato solo il settore elettrico. Passiamo ora dall’improbabile all’impossibile. Si vorrebbe raggiungere il net zero con l’economia a idrogeno? Impossibile: l’idrogeno neanche esiste sulla Terra e non voglio stare a elucubrare oltre. Con fotovoltaico ed eolico? Altrettanto impossibile. Intanto che lo dicono i fatti, come detto sopra: a dispetto dei trilioni di denaro dei contribuenti finora impegnati, l’uso del carbonio è aumentato del 60% dal 1990 a oggi. Ma perché?, insistete giustamente. La risposta è che potete installare tutti gli impianti fotovoltaici ed eolici che volete ma non potrete chiuderne uno solo di quelli che vanno a carbonio. Questi erogano energia quando dite voi, quelli solo quando brilla il sole o soffia il vento e, quando ciò non accade, quegli impianti è come se non ci fossero. Per esempio tra le 17 di ogni giorno e le 9 del giorno dopo il sole certamente non brilla, ma la massima domanda elettrica si ha alle 19 della sera. La figura in basso illustra la potenza elettrica installata in Germania nel corso degli ultimi 20 anni. Come si vede, la potenza convenzionale 100 Gw era nel 2002 e 100 Gw è rimasta nel 2023: i 150 Gw di fotovoltaico ed eolico installati in Germania nel 2023 (quasi assenti nel 2002) non hanno fatto chiudere neanche un singolo watt di potenza convenzionale. In conclusione, totalmente immotivata da ragioni ambientali, decarbonizzare entro il 2050 è un’impresa semplicemente impossibile. Ogni denaro impegnato in essa è tolto alla cura della nostra salute, all’istruzione e, tutto sommato, anche alla cura dell’ambiente. Una chiosa finale è, oggi, d’obbligo: gli unici venti che soffiano sono quelli di guerra e, invece che il sole, brillano le armi: a Ursula von der Leyen piacciono le rime e tutta la sua politica è indubbiamente una poesia, e Repowereu fa rima con Rearm Eu, ma come si riarmerà la Eu e, al contempo, avere emissioni zero è un mistero.
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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