2019-08-29
Firenze torna grande con Commisso lo zio d’America che fa di testa sua
Il magnate, figlio d'emigrati calabresi negli States, è la variabile impazzita della Serie A: ha presentato i viola a Times Square, negato. Federico Chiesa alla Juve e preso Frank Ribery. Non si pone limiti: «Scudetto? Fra un anno, magari». Su Internet c'è chi gli ha già affibbiato il soprannome Commisso Viaggiatore. Ironia tutt'altro che peregrina, a spulciare il suo curriculum. Perché sul volto di Rocco Commisso da Marina di Gioiosa Ionica, italo-americano, 70 anni da compiere il prossimo 25 novembre, due figli, una moglie, campeggia vittoriosa l'aura di chi prova a trasformare uno sforzo pionieristico in un orizzonte progettuale. Il nuovo patron della Fiorentina è uomo d'affari pragmatico, re della tv via cavo statunitense, grazie alla sua Mediacom è accreditato di un patrimonio personale di 4 miliardi di euro e sguazza tra i pesci grossi di Wall Street. Ma rimane italiano fino al midollo quando si dichiara innamorato del calcio, intenzionato a lasciare un segno nella Serie A col piglio pirotecnico dello zio d'America che torna in famiglia distribuendo regali. «Da ragazzo ho iniziato come centrocampista, poi sono arretrato a stopper. Grazie al soccer, così viene chiamato il calcio negli Usa, ho ottenuto una borsa di studio che mi ha permesso di laurearmi alla University of Columbia», ricorda lui, ripercorrendo l'epoca in cui ha conseguito la laurea in ingegneria industriale, nel 1971, seguita da un master in business administration, quattro anni dopo.Nonostante sia tifoso juventino, a Firenze ha già fatto dimenticare l'era dei Della Valle, terminata con una salvezza centrata per un solo punto, in piena rottura con una piazza bisognosa di riallacciare i sogni ai progetti concreti. La sua prima mossa è stata confermare l'allenatore Vincenzo Montella, celebrato con una festicciola strapaesana a Times Square, cuore operativo della city newyorkese, in cui la facciata del palazzo Mediacom è stata illuminata di viola e sono stati intonati cori per il club toscano. La seconda mossa è stata blindare il gioiellino di famiglia, Federico Chiesa, che aveva già in tasca l'accordo di trasferimento alla Juve. Contro i bianconeri, Commisso non ha lesinato interventi a gamba tesa: «Se dovesse emergere che hanno interferito, cercando di convincere Federico ad allontanarsi da noi, sarei molto infastidito. La Juventus ha in Italia uno strapotere. Vince da otto anni consecutivi e non è giusto. Però devono vincere in Champions, perché ogni anno dall'Europa tornano a mani vuote». Poi ha acquistato Kevin Prince Boateng, soprattutto Franck Ribery, pedatori stagionati all'anagrafe ma capaci d'infiammare la tifoseria al punto di segnare già il record d'abbonamenti e restituire allo sport più popolare del mondo il gusto degli uomini bandiera: «Guardate il caso Icardi, è assurdo. Vorrei ci fossero i giocatori bandiera come un tempo. Oggi se un ragazzo gioca bene mi chiede subito un aumento, ma se gioca male nessuno mi chiede di abbassargli lo stipendio. Poi c'è chi vuole andar via, chi mi dice che è malato e non può giocare. La verità è che il potere dei procuratori è eccessivo», dice lo zio d'America, per nulla intimorito di essere cacciato dalla finestra durante il pranzo a una tavolata in cui per anni si è mangiata la solita minestra.Se l'Italia è terra di pallone, negli Usa il soccer è considerato il parente povero dei più blasonati football americano, baseball e basket. «Le regole andrebbero cambiate, se venissero inserite promozioni e retrocessioni e si rinnovasse l'ambiente, l'America sarebbe un bacino calcistico straordinario», puntualizza Commisso, che nel 2017 ha salvato i New York Cosmos dal fallimento, facendo il primo esperimento da presidente di una squadra di calcio, prima di provare a rilevare senza risultati il Milan. La squadra di New York è un club di culto per gli appassionati. Conclusero lì la carriera giocatori come Pelè, Giorgio Chinaglia, Franz Beckenbauer. Ma la vita di «Mister Five Billions», altro soprannome di questo strano alieno piombato in Italia, più che a una commedia, somiglia a un documentario sul sogno americano. «Mio padre ha combattuto la guerra in Africa ed è stato fatto prigioniero dagli inglesi. È tornato come perdente. Noi siamo partiti dall'Italia alla volta dell'America come perdenti. Si faceva fatica ad arrivare a fine mese». Nel 1958 il padre Giuseppe si trasferisce in Pennsylvania col primo figlio, per lavorare come falegname. Nel 1962, il dodicenne Rocco con il resto della famiglia li raggiungono. Seguono anni duri. Rocco vince un concorso musicale nel teatro del quartiere, il Wakefield Theatre, sulla 233sima strada della Grande Mela, suonando la fisarmonica. Riesce a entrare alla scuola cattolica Mount St. Michel Academy. Per pagarsi la retta, fa il tuttofare nella tavola calda del fratello, che poi apre la prima pizzeria con consegne a domicilio del Bronx. Grazie all'abilità come calciatore ottiene la borsa di studio per la Columbia University. «Erano gli anni della disco music e con i miei fratelli aprii la prima discoteca italoamericana nel Bronx». Il locale si chiamava Act III, correva l'anno 1975. Fino al 1981 vi suonarono i Camaleonti, Gianni Nazzaro, i Cugini di campagna. Musica per le orecchie degli emigrati italoamericani. Dopo la laurea arriva il primo impiego alla Pfizer di Brooklyn. Poi il master in economia e 10 anni nel settore finanziario: presso la Chase Manhattan Bank (ora parte del gruppo Jp Morgan Chase), poi alla Royal Bank of Canada. Entra in stretto contatto con i «cowboys» di Wall Street, gli imprenditori pionieri che tentavano di battere strade nuove. Dal 1986 al 1995 è vicepresidente esecutivo, Cfo e direttore di Cablevision. Intuisce le potenzialità della tv via cavo. Nel 1995 fonda Mediacom nell'autorimessa di casa sua. Inizialmente Mediacom acquisisce i sistemi via cavo nelle comunità americane più piccole finché, nel 2000, apre le porte a nuovi investitori entrando in Borsa a Wall Street: l'azienda, concentrata in particolare nelle regioni del Midwest e del Sudest, si issa all'ottavo posto fra gli operatori via cavo negli Stati Uniti con un fatturato annuo di oltre 1,6 miliardi di dollari. Nel marzo 2011 la società viene privatizzata e posta sotto il controllo di Commisso, proprietario di circa l'87% delle quote societarie. «Tra le società di tlc americane ora sono l'unico ad essere fondatore, proprietario e Ceo da 25 anni». Già, a Commisso piacciono le bandiere. E se è il calcio ad averlo aiutato a laurearsi, ora al calcio vuole restituire qualcosa: «In Fiorentina-Napoli mi ha sorpreso l'arbitro: la tecnologia deve essere usata, se c'è. Ma sono contento lo stesso. Lo scudetto? Adesso è presto, ma tra un anno potrei rispondere diversamente».
Fabrizio Pregliasco (Imagoeconomica)
Beppe Sala (Imagoeconomica)
Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini (Imagoeconomica)
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