
Maurizio Gasparri (Fi): «Il Comitato ristretto avrà più tempo». Alfredo Bazoli (Pd): «La maggioranza non vuole affrontare la discussione del ddl». Intanto, in Emilia-Romagna, muore il malato che attendeva il verdetto del Tar.Slitta l’esame al Senato del disegno di legge sul fine vita. Ieri Palazzo Madama ha approvato la proposta del capogruppo di Fi, Maurizio Gasparri, di spostare alla settimana che va dal 14 luglio l’avvio dell’esame in assemblea del ddl, che sarebbe dovuto approdare in aula il 17 giugno. In realtà, lo slittamento sarebbe anche dovuto alla decisione del governo di far approdare al Senato la riforma costituzionale della Giustizia l’11 giugno, senza che si sia concluso l’esame in Commissione.«Il presidente La Russa», spiega Gasparri alla Verità, «ha proposto di andare in Aula l’11 giugno sulla giustizia, anche se non sono terminati i lavori in Commissione e di andare il 17 giugno sul fine vita. Io ero contrario all’11 giugno, Forza Italia voleva che la riforma della giustizia approdasse in aula prima, il 28 maggio. Ma ho detto a La Russa che per educazione e rispetto nei suoi confronti aderivo alla proposta e quindi ero disponibile anche sulla questione del fine vita il 17 giugno. Le due cose però erano cronologicamente collegate, quindi ho accettato un doppio sacrificio: l’11 giugno e non il 28 maggio sulla giustizia», aggiunge Gasparri, «e l’aula per il fine vita anche se il Comitato ristretto sta ancora lavorando: tornerà a riunirsi martedì prossimo alle 11. Quando poi stamattina (ieri, ndr) le opposizioni hanno contestato la calendarizzazione della giustizia per l’11 giugno, con il voto a maggioranza che ha confermato la data, io ho chiesto di spostare a luglio il fine vita, per dare più tempo al Comitato ristretto».Deluso il capogruppo pd in commissione Giustizia, Alfredo Bazoli, componente del Comitato ristretto, firmatario del ddl sul fine vita che nella scorsa legislatura fu approvato dalla Camera. «Lo slittamento», dice Bazoli alla Verità, «lo leggo male. È l’ennesimo rinvio di una discussione che evidentemente non si riesce ad affrontare. Dopodiché, qualcuno della maggioranza mi rassicura dicendo che in realtà il rinvio è funzionale al fatto che ci sarebbe già una discussione in atto su un testo su cui la maggioranza sta facendo delle valutazioni e che quindi il Comitato ristretto dovrebbe riprendere a breve la sua attività dopo essere stato inabissato e riprendere la discussione su un testo sul quale la maggioranza ha trovato una sua sintesi. Questa potrebbe essere una cosa accettabile. Di queste vaghe rassicurazioni sulla ripresa dei lavori del Comitato mi fido piuttosto poco», aggiunge Bazoli, «siamo molto arrabbiati, la maggioranza continua a procrastinare una discussione che noi chiediamo da almeno un anno e mezzo, nonostante si tratti di un ddl a mia prima firma sul quale c’è la firma di un terzo dei senatori e che quindi dovrebbe avere una corsia privilegiata».«Settimana prossima, tra martedì e mercoledì», dice all’Ansa il senatore di Fi Pierantonio Zanettin, «presenteremo come relatori un testo unificato al Comitato ristretto. Il testo potrebbe benissimo arrivare all’attenzione dell’Assemblea il 15 luglio, così come fissato oggi, con il mandato al relatore, cioè avendo concluso l’esame in Commissione. Quello che presenteremo», aggiunge Zanettin, «è un testo unificato che tiene conto sia dei richiami della Consulta, sia delle varie proposte avanzate sul tema. Probabilmente scontenterà chi ha le posizioni più estreme, da una parte e dall’altra, ma sarà un punto di partenza per un confronto aperto. Non sarà certo un testo blindato. È chiaro che, a mio avviso, è un tema sul quale si dovrebbe lasciare la libertà di coscienza ma volendo, in due mesi di lavoro, si potrebbe arrivare benissimo a un testo ampiamente condiviso da votare in Aula per il 15 luglio. Non possiamo più permettere che della questione, così importante e delicata, se ne continuino a occupare solo le Regioni e la Consulta. È il legislatore che deve farsene carico». Oltre ai punti indicati dalla Corte costituzionale, ovvero che la persona sia affetta da una patologia irreversibile e fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, che trova assolutamente intollerabili, la quale sia tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, ma resti capace di prendere decisioni libere e consapevoli», il ddl dovrebbe prevedere anche la non punibilità del suicidio assistito se il paziente è già inserito nel percorso delle cure palliative. Intanto ieri, in Emilia-Romagna, è morto un paziente in attesa di sottoporsi al suicidio assistito che aveva completato tutte le fasi dell’iter burocratico previsto per accedere al trattamento. La procedura però si era interrotta dopo che il Tar dell’Emilia-Romagna aveva accolto la richiesta di sospensiva avanzata da Valentina Castaldini, consigliera regionale di Fi. E così il paziente è deceduto per cause naturali, a poche ore dalla discussione sul ricorso.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Fu il primo azzurro a conquistare uno Slam, al Roland Garros del 1959. Poi nel 1976, da capitano non giocatore, guidò il team con Bertolucci e Panatta che ci regalò la Davis. Il babbo era in prigionia a Tunisi, ma aveva un campo: da bimbo scoprì così il gioco.
La leggenda dei gesti bianchi. Il patriarca del tennis. Il primo italiano a vincere uno slam, il Roland Garros di Parigi nel 1959, bissato l’anno dopo. Se n’è andato con il suo carisma, la sua ironia e la sua autostima Nicola Pietrangeli: aveva 92 anni. Da capitano non giocatore guidò la spedizione in Cile di Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli che nel 1976 ci regalò la prima storica Coppa Davis. Oltre a Parigi, vinse due volte gli Internazionali di Roma e tre volte il torneo di Montecarlo. In totale, conquistò 67 titoli, issandosi al terzo posto della classifica mondiale (all’epoca i calcoli erano piuttosto artigianali). Nessuno potrà togliergli il record di partecipazioni (164, tra singolo e doppio) e vittorie (120) in Coppa Davis perché oggi si disputano molti meno match.
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Il presidente Gianni Tessari: «Abbiamo creato una nuova Doc per valorizzare meglio il territorio. Avremo due etichette, una per i vini rifermentati in autoclave e l’altra per quelli prodotti con metodo classico».
Si è tenuto la settimana scorsa all’Hotel Crowne Plaza di Verona Durello & Friends, la manifestazione, giunta alla sua 23esima edizione, organizzata dal Consorzio di Tutela Vini Lessini Durello, nato giusto 25 anni fa, nel novembre del 2000, per valorizzare le denominazioni da esso gestite insieme con altri vini amici. L’area di pertinenza del Consorzio è di circa 600 ettari, vitati a uva Durella, distribuiti sulla fascia pedemontana dei suggestivi monti della Lessinia, tra Verona e Vicenza, in Veneto; attualmente, le aziende associate al Consorzio di tutela sono 34.
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)
Un mio profilo è stato cancellato quando ho pubblicato dati sanitari sulle pratiche omoerotiche. Un altro è stato bloccato in pandemia e poi eliminato su richiesta dei pro Pal. Ne ho aperto un terzo: parlerò dei miei libri. E, tramite loro, dell’attualità.
Se qualcosa è gratis, il prodotto siamo noi. Facebook è gratis, come Greta è pro Lgbt, pro vax, anzi anti no vax, e pro Pal. Se sgarri, ti abbatte. Il mio primo profilo Facebook con centinaia di migliaia di follower è stato cancellato qualche anno fa, da un giorno all’altro: avevo riportato le statistiche sanitarie delle persone a comportamento omoerotico, erroneamente chiamate omosessuali (la sessualità è una funzione biologica possibile solo tra un maschio e una femmina). In particolare avevo riportato le statistiche sanitarie dei maschi cosiddetti «passivi».






