
Il ministro spiazza il centrodestra: «Tempi maturi, evitiamo le fughe in avanti delle Regioni». Fontana applaude. E l’opposizione prova a dividere la maggioranza.«Questione complessa» il fine vita «ma i tempi sono maturi per avere una legge per tutti». Irrompe così sul tema suicidio assistito il ministro della Salute, Orazio Schillaci. Una dichiarazione che non risulta essere frutto di un ragionamento interno alla maggioranza, ma piuttosto di una riflessione personale del ministro. Il suo discorso parte però da un pensiero cui si trova d’accordo parte del centrodestra, da Matteo Salvini ad Antonio Tajani. «Sul fine vita è importante trovare una sintesi, non si possono lasciare le singole Regioni a fare fughe in avanti» ha detto Schillaci ai microfoni di Sky, ribadendo quanto già detto negli scorsi giorni sia dal segretario della Lega che dal leader di Forza Italia. Le parole del ministro della Salute sono state accolte «molto positivamente» anche dal presidente della Lombardia, Attilio Fontana. «Il principio del fine vita è ormai acquisito, le sentenze della Corte lo hanno evidenziato» ha detto sottolineando che «è necessaria una legge nazionale, perché si tratta di una competenza concorrente. La legge cornice dovrà essere realizzata dallo Stato, poi le Regioni approveranno una legge di dettaglio per entrare più specificamente nel merito delle singole questioni, ma all’interno di una legge nazionale». Tuttavia il tema del fine vita resta un argomento non sviscerato all’interno della maggioranza, dove sul tema coesistono sensibilità diverse. L’impressione è che, come dice Giorgio Mulè di Forza Italia, non esista «un vincolo di maggioranza» sul fine vita, ma la certezza è che per il momento non si sia aperta una riflessione.Fino ad ora a livello nazionale sono stati presentati vari disegni di legge in materia, ma attualmente sono fermi al Senato nelle Commissioni competenti. Nel 2022, a causa della fine del governo Draghi, una proposta di legge approvata dalla Camera decadde prima del via libera definitivo e in questa legislatura nessun percorso è stato avviato. Per il resto è caos totale e le Regioni vanno in ordine sparso. La Toscana, lo scorso 11 febbraio, è stata la prima ad approvare una proposta di legge che regolamenta a livello regionale la morte volontaria medicalmente assistita. Altre Regioni, come il Veneto, hanno avviato un percorso per una regolamentazione ma per ora senza esito. Puglia ed Emilia-Romagna hanno invece adottato delibere tecniche in attuazione delle sentenze della Corte costituzionale perché a quelle oggi si fa riferimento. Su tutte la n. 135 del 2024 in cui si stabiliscono i quattro requisiti per l’accesso al suicidio assistito: l’irreversibilità della patologia, la presenza di sofferenze fisiche o psicologiche che il paziente reputa intollerabili, la dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, la capacità del paziente di prendere decisioni libere e consapevoli. È chiaro che un tema così delicato andrebbe però legiferato da un organo espressione di un voto democratico, che sia un’assemblea o il Parlamento nazionale, e non dai soliti togati. Intanto il Movimento 5 stelle coglie l’occasione per salire sul carro del fine vita sfruttando le parole del ministro, con Alessandra Maiorino, per spaccare la maggioranza. «Il Parlamento deve assumersi le proprie responsabilità e accelerare sull’approvazione di una legge che sia pienamente in linea con i principi dettati dalla Corte costituzionale». Come se il Parlamento non dovesse far altro che tramutare in legge quanto detto dalla Consulta. Per Licia Ronzulli (Fi), invece, «non si può più lasciare questa materia in mano ai tribunali, nell’incertezza giuridica, altrimenti ci saranno sentenze ognuna diversa dall’altra e assisteremo a un Far West di leggi regionali».
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L’episodio è avvenuto a Lucca: la donna alla guida del bus è stata malmenata da baby ubriachi: «Temo la vendetta di quelle belve».
Città sempre più in balia delle bande di stranieri. È la cronaca delle ultime ore a confermare quello che ormai è sotto gli occhi di tutti: non sono solamente le grandi metropoli a dover fare i conti con l’ondata di insicurezza provocata da maranza e soci. Il terrore causato dalle bande di giovanissimi delinquenti di origine straniera ormai è di casa anche nei centri medio-piccoli.
Quanto accaduto a Lucca ne è un esempio: due minorenni di origine straniera hanno aggredito la conducente di un autobus di linea di Autolinee toscane. I due malviventi sono sì naturalizzati italiani ma in passato erano già diventati tristemente noti per essere stati fermati come autori di un accoltellamento sempre nella città toscana. Mica male come spottone per la politica di accoglienza sfrenata propagandata a destra e a manca da certa sinistra.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».






