2022-10-22
In 18 mesi un italiano su due ha abbandonato il Grande tecnico
Il governo Draghi uscente (Ansa)
Ha pagato anche alcune uscite improvvide. Solo l’establishment si strappa le vesti.Il Draghi ha spento la fiamma, i cuori non bruciano più per il Grande tecnico chiamato a salvare il Paese nel febbraio 2021. L’«Arrivederci Mario» firmato dall’Unione Europea e il saluto commosso di molti editoriali dipingono un’uscita di scena quasi epica, un allontanarsi in controluce verso il tramonto dedicato agli eroi western dai registi di Hollywood. Ma è davvero così? Mario Draghi lascia un’Italia orfana e smarrita? Ancora una volta la narrazione mainstream va approfondita e depurata dal condizionamento del pensiero unico, con una novità: mentre l’establishment si strappa le vesti e accentua i rimpianti, i cittadini agitano un rispettoso fazzolettino e niente più. Qualcuno, non visto, sghignazza.Il consenso del premier uscente e del suo governo era in calo da mesi e, secondo l’istituto Affari Internazionali fondato da Altiero Spinelli, nelle ultime ore ha raggiunto un dato tutt’altro che trionfale: il 47% dei 3.000 intervistati «ritiene che l’azione dell’esecutivo sia stata insufficiente». Un italiano su due ha voltato le spalle all’uomo della provvidenza e come scrive Italia Oggi «lo ha rimandato a settembre». Per completare il quadro va aggiunto che l’ultimo rilevamento di Ipsos lo dava al 63% di gradimento (sei a favore e quattro contro), il più alto per un premier uscente a fine mandato degli ultimi 20 anni pur senza essere l’exploit descritto in queste ore.Sostenuto da legittime aspettative determinate da caratura internazionale e curriculum personale, Draghi si era insediato con il vento in poppa, incarnava speranze concrete dopo i disastri di Giuseppe Conte e delle quattro sinistre nella gestione dell’emergenza pandemica. In 18 mesi l’euforia si è affievolita, i cittadini hanno presto compreso che i poteri sovranazionali imbavagliavano l’azione di Palazzo Chigi. E che il suo inquilino faticava a districarsi fra i veti incrociati di chi lo aveva sponsorizzato (Washington, Bruxelles, il Quirinale). Prima il green pass più feroce del mondo, poi la guerra in Ucraina hanno raffreddato ogni entusiasmo per il «governo dei migliori», attraversato ogni giorno da fibrillazioni dovute all’appiattimento del premier sulle posizioni del Pd. A nessuno è sfuggito un particolare: quando doveva alzare la voce, il re dei tecnici lo faceva platealmente contro la Lega, come quelle maestre che additano sempre lo stesso monello anche quando sono altri a rompere il vetro della finestra.All’atto pratico Draghi ha pagato in immagine l’ambiguità nel fare sintesi fra le tante anime dell’esecutivo, l’imbarazzante mediocrità di alcuni ministri impostigli (e accettati per quieto vivere) come Luigi Di Maio, Andrea Orlando, Roberto Speranza, Luciana Lamorgese. Ma soprattutto ha scontato la convinzione che gli italiani andassero accompagnati per mano verso l’alfabetizzazione comunicativa. Frasi come «Non ti vaccini, ti ammali, muori o fai morire» e «Preferiamo pace o condizionatore?» si sono rivelate semplificazioni da slide liceali, concetti boomerang quasi quanto le sanzioni a Mosca. Gli italiani hanno colto l’inconsistenza da talk show di quelle uscite e le hanno rispedite al mittente con una risata. Non tutti i «whatever it takes» escono col buco.«Indispensabile, insostituibile», «È sorretto da un’ondata di approvazione popolare», «Teniamocelo stretto»: dopo le dimissioni è partita la smagliatura da Madonna pellegrina raccontata dai media. Sembrava che il consenso draghiano fosse alle stelle nel Paese ma la realtà era ben diversa. In settembre il termometro delle elezioni lo ha dimostrato, decretando il trionfo di Fratelli d’Italia, unico partito all’opposizione, e rilanciando a sinistra il Movimento 5 stelle che aveva disertato il voto di fiducia decisivo. Al contrario Enrico Letta e Matteo Salvini hanno pagato in percentuali sonanti il loro appoggio all’esecutivo dei cosiddetti competenti. Super Mario va a casa. Agli italiani rimangono molte strette di mano, l’illusione di contare qualcosa, due frasi sbagliate e le bollette. Meglio levare i calici, ma di torno e in fretta.