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2018-06-22
Fine della corsa per i «pirati» di Lifeline
ANSA
Tuoni sul mar libico, più ingolfato di una tangenziale il venerdì pomeriggio. Guardia costiera di Tripoli, guardia costiera italiana, guardia costiera maltese, mercantili sulle rotte orientali, scafisti che ingrassano il loro business traghettando disperati veri e finti. E la Lifeline, un ex peschereccio uscito dai cantieri di Aberdeen, oggi adibito ad ammiraglia della Ong tedesca più agguerrita, che ha deciso di ingaggiare un braccio di ferro con l'Italia. Una settimana dopo la vicenda Aquarius, ecco l'identica intenzione da parte dei turbovolontari di creare l'incidente, di mettere in mezzo degli innocenti per costringere alle corde un paese come l'Italia che nella sua storia ha accolto sempre, ha accolto tutti, ha accolto anche per gli altri.
Questa volta è difficile fare surf sull'equivoco, anche perché il finale sarà diverso: la Lifeline batte bandiera olandese illegalmente, quindi verrà fatta entrare in un porto italiano e sequestrata. Lo ha annunciato il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, dopo avere ricevuto dall'ambasciata olandese la risposta che da giorni chiedeva: quella è tecnicamente una nave pirata. Ieri mattina la Lifeline era entrata in acque libiche per raccogliere direttamente dalle carrette degli scafisti 224 migranti, infrangendo le regole d'ingaggio stabilite dall'Europa che prevedono il trasbordo sulle navi militari della Guardia costiera più vicina. In questo caso era una corvetta libica, che ha chiesto di poter intervenire. Ma la Lifeline ha effettuato l'operazione e ha subito indirizzato la prua verso la Sicilia, annunciando l'operazione con un tweet sibillino: «Ci aspettiamo un comportamento professionale e che la Libia rispetti la legalità internazionale».
Poiché la legge prevede che i migranti presi in carico dai libici vengano ricondotti in patria, la Ong ha quel che si dice «messo le mani avanti». La sua destinazione preferita è ovviamente l'Italia. Quella nave non è nuova alle scorribande e i volontari che la gestiscono sono ben noti alle polizie del mare. Il loro simbolo più popolare è lo skinhead di sinistra Soren Moje - cresta rossa e pittoresco anello al naso - che una settimana fa ha dato allegramente del fascista al ministro dell'Interno, Matteo Salvini, scrivendo su Twitter: «Wenn faschisten für uns werben» (quando i fascisti ci fanno pubblicità). Il nuovo blitz del dolore ha suscitato l'immediata reazione del leader della Lega: «Avete fatto un atto di forza non ascoltando la Guardia costiera italiana e libica? Bene, questo carico di esseri umani ve lo portate in Olanda, fate il giro un po' largo». Aquarius 2, ormai è scontro frontale. Altro che Frontex. Il successore di Marco Minniti (che avrebbe voluto comportarsi allo stesso modo se non fosse stato frenato da logiche di partito) ha aggiunto: «Le navi di queste pseudo-Ong non toccheranno più il suolo italiano perché non fanno volontariato, ma aiutano il traffico di esseri umani. Questa Lifeline non ascolta la guardia costiera italiana, ostacola la guardia costiera libica, usa questi disperati come merce. Avviso ai naviganti: le Ong nei porti italiani non metteranno più piede».
Questa lo farà, ma per l'ultima volta. La compattezza del governo nel gestire la nuova emergenza si evince dalla presa di posizione di Toninelli, che dopo avere chiesto un'indagine alla guardia costiera italiana, ha commentato: «È notizia di queste ore che la nave Ong Lifeline sta agendo in acque libiche fuori da ogni regola, fuori dal diritto internazionale. Hanno imbarcato circa 250 naufraghi senza avere i mezzi tecnici per poter garantire l'incolumità degli stessi naufraghi e dell'equipaggio. La Lifeline non collabora con la guardia costiera libica che stava intervenendo per salvare i migranti e riportarli suo suolo libico. Operazione di sua stretta competenza, trattandosi di eventi accaduti in mare libico. Non abbiamo nulla contro le Ong, ma siamo e continuiamo ad essere per il rispetto della legalità. Soprattutto quando si parla di vite umane». Poi a sera la conferma: «È illegale, non può navigare, la sequestriamo».
L'inchiesta ordinata da Toninelli aveva l'obiettivo di stabilire l'effettiva appartenenza all'Olanda della nave (come anche della gemella Seefuchs per la quale non è arrivata risposta). Al di là di alcune ricostruzioni televisive da diportisti da windsurf, per il diritto internazionale ogni imbarcazione è territorio dello Stato cui il vessillo a bordo fa capo, quindi Amsterdam non poteva nascondere la testa sott'acqua. Lunga 32 metri e larga 8, la Lifeline ha avuto una prima vita da peschereccio di salmoni in Scozia, poi è stata acquistata dalla Ong Sea Watch che nel 2015 l'ha ceduta per 200.000 euro alla Lifeline Mission, un'organizzazione non governativa di Dresda che prima di dedicarsi ai migranti di mare si occupò di quelli di terra, sulla rotta dei Balcani. Il suo motto è: «Stai calmo e salva vite». Ha un target di donazioni di 48.000 euro l'anno, con questo blitz lo ha praticamente raggiunto. Probabilmente è stato l'ultimo.
Giorgio Gandola
Medicine regalate in cambio di sesso. È così che i «buoni» aiutano l’Africa
E meno male che loro sono i «buoni», figurarsi se fossero stati i cattivi. Un nuovo scandalo sessuale travolge il mondo delle Ong, stavolta, nello specifico, Medici senza frontiere, alla quale la Bbc ha rivolto un'accusa pesantissima: i volontari avrebbero barattato farmaci in cambio di sesso con alcune prostitute africane.
Non si tratterebbe solo dei soliti, comunque censurabili, «festini», ma di un vero e proprio ricatto sulla pelle dei più deboli che, pure, si pretenderebbe di voler aiutare. La rivelazione è stata fatta nel corso del programma della giornalista Victoria Derbyshire. Le accuse partono dai racconti di alcune volontarie dell'associazione. La pratica, hanno detto, sarebbe stata molto diffusa tra i loro colleghi.
Comportamenti di questo genere sarebbero avvenute in Kenya e in Liberia, ma episodi analoghi avrebbero avuto luogo anche in Asia. I rapporti sarebbero stati consumati negli ospedali da campo allestiti da Msf in territorio africano. In Liberia, i volontari non si sarebbero tirati indietro neanche di fronte a una popolazione prostrata dall'emergenza Ebola. Le denunce sono arrivate in forma anonima e riguarderebbero personale addetto alla logistica, non, al momento, medici o infermieri. Gli accusati vengono descritti come veri e propri «predatori sessuali». Una ex dipendente, che ha lavorato presso l'ufficio londinese di Medici senza frontiere, ha detto di aver visto un membro anziano del personale portare delle ragazze negli alloggi destinati a Msf durante una missione umanitaria in Kenya. «Le ragazze erano molto giovani e si vociferava che fossero delle prostitute. È implicito che fossero lì per avere rapporti sessuali. E il mio collega che soggiornava all'interno di quella residenza ha ritenuto che quel comportamento fosse normale», ha detto la volontaria che ha denunciato la pratica. E se molti dei volontari incriminati sono descritti come «anziani», non manca tuttavia qualche giovane: «Ho visto uno dei miei colleghi, era un ragazzo molto più giovane, andare in bagno con una prostituta locale. L'ho conosciuta in uno dei bar del posto, poi mi ha detto che avevano fatto sesso e che lui l'aveva pagata», ha dichiarato la donna. La quale, peraltro, ha dichiarato di essere stata vittima di molestie anche in prima persona. E in un episodio, dopo essersi allontanata per un periodo dal suo alloggio, lo avrebbe ritrovato pieno di preservativi usati. Dopo aver riferito il comportamento del collega al suo capo sul campo, avrebbe ricevuto l'offerta di una mediazione, con la precisazione, però, che sarebbe stata licenziata se non si fosse accordata. Msf attende di avere più particolari prima di far partire un'indagine interna, ma ha fatto presente di avere già licenziato, da febbraio, 19 dipendenti colpevoli di atti contrari al proprio statuto.
La Bbc ha peraltro promesso di fornire al pubblico nuovi particolari dello scandalo, conditi da ulteriori testimonianze. Il primo ministro Theresa May ha espresso la propria costernazione per il fatto che persone pronte a denunciare abusi rischino intimidazioni e decurtazioni salariali. La May, di conseguenza, ha promesso una modifica normativa diretta ad accordare maggiori tutele a coloro che decidono di uscire allo scoperto, denunciando i comportamenti poco corretti.
Adriano Scianca
Immigrati senza cibo né acqua calda. Arrestato il ras dei centri profughi
Hanno vissuto ammassati in strutture senza riscaldamento, senza acqua calda, con vestiti così logori e sporchi da far venire le piaghe sulla pelle. Niente pocket money, poco cibo e di scarsa qualità e persino il latte, servito a colazione, veniva diluito con l'acqua. E intanto qualcuno, sulla loro pelle faceva i soldi. Tanti soldi.
Ecco un altro bell'esempio di accoglienza dei sedicenti profughi nel nostro Paese. Gli sbarcati che la sinistra brama ogni giorno, finivano anche qui, a Benevento, nelle strutture di accoglienza gestite dal Consorzio Maleventum a cui la prefettura aveva regolarmente assegnato gli appalti, gestito di fatto da quello che in zona era noto come il re dell'accoglienza, sempre pronto a farsi fotografare a bordo del suo motoscafo o alla guida delle sue auto di lusso.
Cinque persone finite in manette e altre 36 risultano indagate per un giro ben organizzato che coinvolgeva 13 centri profughi tutti nella provincia di Benevento, che andava avanti da anni e si reggeva sulla connivenza di personaggi chiave, tra cui anche dipendenti pubblici e delle forze dell'ordine.
Paolo Di Donato, ex amministratore e consulente del Consorzio Maleventum, Giuseppe Pavone, dipendente del ministero della Giustizia, Felice Panzone, funzionario irpino della Prefettura, ma non più in servizio, il carabiniere Salvatore Ruta e l'imprenditore Angelo Collarile sono accusati, a vario titolo, di diversi reati di truffa ai danni dello Stato per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode in pubbliche forniture, corruzione e rivelazione di segreti d'ufficio.
L'indagine è durata tre anni: partita nel novembre 2015 da un esposto di un cittadino e rafforzata poi da quello del sindacato Cgil di Benevento che ha denunciato gravi irregolarità. Tutte perpetrate alla luce del sole, ma che poi sparivano al momento dei controlli.
Al centro di quello che gli inquirenti hanno definito un «sistema criminale» c'era proprio Di Donato, ben noto alle cronache locali per lo sfarzo in cui amava vivere e farsi immortalare.
Di Donato era, secondo la ricostruzione, il tramite tra il Consorzio e la prefettura di Benevento. Pur non rivestendo cariche ufficiali nel Consorzio avrebbe presentato dichiarazioni false per ottenere l'erogazione dei contributi previsti dai bandi per la gestione profughi e falsificato il numero degli immigrati ospitati per ricevere anche in loro assenza i contributi.
Da un lato il Consorzio, per suo tramite, partecipava ai bandi, vinceva e volta ottenuta l'assegnazione ammassava gli immigrati assegnati in camere sovraffollate, ricavate in edifici fatiscenti e malsani mantenendoli in condizioni disumane. Dall'altro, per evitare di perdere l'assegnazione dei fondi, quando i richiedenti asilo lasciavano le strutture, secondo le ipotesi investigative, era lui a presentare alla prefettura false attestazioni che gonfiavano il numero dei presenti, ottenendo così altro denaro. I controlli nei centri che Di Donato seguiva, avvenivano, ma non sono mai bastati a far chiudere le strutture.
Ad aiutare l'imprenditore su questo versante era, sempre secondo gli inquirenti, il funzionario Panzone, delegato alla gestione dei centri di accoglienza, con poteri di controllo e vigilanza. «Verranno a farvi un controllo, passate la cera»: avrebbe detto in più di una occasione ai gestori delle strutture per segnalare l'arrivo delle verifiche.
Sempre lui, secondo l'accusa, tra l'ottobre 2015 e il febbraio 2016, pur essendo a conoscenza delle gravi condizioni igieniche e sanitarie dei centri gestiti dal Consorzio Maleventum, avrebbe evitato di applicare i provvedimenti di chiusura che sarebbero stati necessari.
Inoltre, sempre utilizzando i suoi poteri, avrebbe anche attribuito e spostato verso centri gestiti da Di Donato numerosi extracomunitari, ricevendo cospicui vantaggi personali.
Il volume d'affari, in effetti, era enorme: le 13 strutture coinvolte erano distribuite in tutta la provincia e i richiedenti asilo ospitati erano circa 800. Più volte i militari del Nas le avevano visitate riscontrando irregolarità sull'agibilità degli edifici, la presenza di documentazioni false, il sovraffollamento e la fatiscenza dei locali. Ma nonostante nessun provvedimento, poi, era stato preso.
Un ruolo chiave aveva anche il carabiniere in servizio presso la Compagnia di Montesarchio, finito in manette. Avrebbe fornito a Di Donato informazioni coperte dal segreto d'ufficio, avvisandolo di un controllo dei Nas e informandolo sulle indagini in corso nei suoi confronti.
Stessa accusa per Pavone, dipendente della procura sannita, che avrebbe riferito a Di Donato altre notizie coperte dal segreto d'ufficio. A farlo scoprire, una serie di accessi al sistema informatizzato alla ricerca di dati passati poi sottobanco all'imprenditore arrestato.
Le condizioni dei richiedenti asilo ospitati erano spesso aberranti. Nel centro di accoglienza di contrada Ponte delle Tavole, alla periferia di Benevento, gli immigrati per mancanza di indumenti puliti «presentavano evidenti vesciche, sintomo di gravi infezioni cutanee, nonché veniva fornito cibo di scarsissima quantità e qualità e latte diluito con acqua ed inoltre non veniva erogata d'inverno aria riscaldata».
In un altro centro, in contrada Madonna della Salute, «non veniva erogata acqua potabile, né acqua calda, che veniva riscaldata con degli elettrodi», così come non veniva consegnato agli immigrati il pocket money.
Alessia Pedrielli
Finte assunzioni e nozze simulate per clandestini
È il classico caso in cui l'immigrazione è davvero «una risorsa». O almeno tale era per la banda di italiani che, agli stranieri, offriva viaggio, lavoro, casa e persino una moglie. E pazienza se non era vero amore, l'importante era avviare tutte le pratiche che potessero garantire la permanenza fraudolenta in Italia, dietro un modico compenso che poteva andare dai 1.500 ai diecimila euro. Il caso era emerso più di un anno fa, portando anche ad alcuni arresti. Due giorni fa, invece, dopo che i primi imputati avevano patteggiato o incassato con rito abbreviato pene intorno ai tre anni, altri sei componenti della banda sono stati condannati a pene da sei mesi a quattro anni.
Sono stati invece assolti per non avere commesso il fatto altri quattro imputati. È stato anche disposto un risarcimento da stabilire in sede civile per l'Aler, l'Azienda lombarda per l'edilizia residenziale, che si era costituita in giudizio in quanto, nel pacchetto offerto dalla banda ai clandestini, figuravano anche appartamenti fittizi affidati agli immigrati. L'inchiesta era partita dalla denuncia di una giovane marocchina che dichiarò di essere entrata in Italia da minorenne, riuscendo però a ottenere documenti falsi che dimostravano la sua maggiore età dietro un congruo pagamento al gruppo criminale. La ragazza ha patteggiato otto mesi. Le accuse a vario titolo sono associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e alla permanenza di irregolari in Italia, all'occupazione abusiva di case popolari e altri reati minori come sostituzione di persona. Al clandestino in cerca di prove della sua presunta integrazione, al fine di ottenere il permesso di soggiorno, veniva offerto un vero «pacchetto di servizi» che andava dal matrimonio simulato con cittadini italiani al contratto di lavoro fittizio, fino alle assegnazioni illegali di case occupate abusivamente.
Il gruppetto era perfettamente organizzato e con contatti decisamente influenti. Secondo il pubblico ministero, la banda «aveva disponibilità di contatti» tra i pubblici ufficiali deputati al rilascio di permessi di soggiorno e «di molti strumenti informatici». Uno di loro sarebbe stato persino in contatto con un affiliato della 'ndrangheta. I servizi offerti prevedevano un vero e proprio listino prezzi. Secondo Procura e Finanza, la banda prendeva almeno 1.500 euro per un'assunzione fasulla che testimoniasse il lavoro svolto dall'immigrato. Quanto a loro, i datori di lavoro erano compiacenti e ricevevano una ricompensa, mentre altre volte erano ignari. Le nozze combinate costavano invece sui 4.000 euro, mentre gli italiani che si prestavano al gioco ricevevano un compenso di 400 euro. In almeno un caso, un uomo di 71 anni è andato fino in Marocco per sposarsi con una giovane. Per far arrivare in Italia dall'estero il migrante si arrivava a spendere fino a 10.000 euro. Insomma, il « cliente» era seguito in tutti i passaggi della filiera.
Un'efficienza lodevole, se non fosse stata finalizzata ad attività totalmente illegali. Non mancava chi si spacciava per un funzionario Aler, truffando gli immigrati che versavano dai 2 ai 4.000 euro credendo di riuscire così a facilitare la pratica per l'assegnazione di un appartamento.
Fabrizio La Rocca
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La nave che batte finta bandiera olandese alle strette. Danilo Toninelli: «Sono illegali, sbarchino e sequestriamo l'imbarcazione». Duro Matteo Salvini: «Questa gente aiuta il traffico di esseri umani, nei porti italiani le Ong non devono più mettere piede».Nuovo scandalo su Medici senza frontiere, le accuse anonime divulgate dalla Bbc.Maxi frode sulle strutture per l'accoglienza a Benevento, in manette Paolo Di Donato e altre quattro persone Gli stranieri tenuti in condizioni agghiaccianti, ma un funzionario complice avvisava prima dei controlli.Sei condanne a Milano, offerti servizi per far ottenere il permesso di soggiorno.Lo speciale contiene quattro articoliTuoni sul mar libico, più ingolfato di una tangenziale il venerdì pomeriggio. Guardia costiera di Tripoli, guardia costiera italiana, guardia costiera maltese, mercantili sulle rotte orientali, scafisti che ingrassano il loro business traghettando disperati veri e finti. E la Lifeline, un ex peschereccio uscito dai cantieri di Aberdeen, oggi adibito ad ammiraglia della Ong tedesca più agguerrita, che ha deciso di ingaggiare un braccio di ferro con l'Italia. Una settimana dopo la vicenda Aquarius, ecco l'identica intenzione da parte dei turbovolontari di creare l'incidente, di mettere in mezzo degli innocenti per costringere alle corde un paese come l'Italia che nella sua storia ha accolto sempre, ha accolto tutti, ha accolto anche per gli altri.Questa volta è difficile fare surf sull'equivoco, anche perché il finale sarà diverso: la Lifeline batte bandiera olandese illegalmente, quindi verrà fatta entrare in un porto italiano e sequestrata. Lo ha annunciato il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, dopo avere ricevuto dall'ambasciata olandese la risposta che da giorni chiedeva: quella è tecnicamente una nave pirata. Ieri mattina la Lifeline era entrata in acque libiche per raccogliere direttamente dalle carrette degli scafisti 224 migranti, infrangendo le regole d'ingaggio stabilite dall'Europa che prevedono il trasbordo sulle navi militari della Guardia costiera più vicina. In questo caso era una corvetta libica, che ha chiesto di poter intervenire. Ma la Lifeline ha effettuato l'operazione e ha subito indirizzato la prua verso la Sicilia, annunciando l'operazione con un tweet sibillino: «Ci aspettiamo un comportamento professionale e che la Libia rispetti la legalità internazionale». Poiché la legge prevede che i migranti presi in carico dai libici vengano ricondotti in patria, la Ong ha quel che si dice «messo le mani avanti». La sua destinazione preferita è ovviamente l'Italia. Quella nave non è nuova alle scorribande e i volontari che la gestiscono sono ben noti alle polizie del mare. Il loro simbolo più popolare è lo skinhead di sinistra Soren Moje - cresta rossa e pittoresco anello al naso - che una settimana fa ha dato allegramente del fascista al ministro dell'Interno, Matteo Salvini, scrivendo su Twitter: «Wenn faschisten für uns werben» (quando i fascisti ci fanno pubblicità). Il nuovo blitz del dolore ha suscitato l'immediata reazione del leader della Lega: «Avete fatto un atto di forza non ascoltando la Guardia costiera italiana e libica? Bene, questo carico di esseri umani ve lo portate in Olanda, fate il giro un po' largo». Aquarius 2, ormai è scontro frontale. Altro che Frontex. Il successore di Marco Minniti (che avrebbe voluto comportarsi allo stesso modo se non fosse stato frenato da logiche di partito) ha aggiunto: «Le navi di queste pseudo-Ong non toccheranno più il suolo italiano perché non fanno volontariato, ma aiutano il traffico di esseri umani. Questa Lifeline non ascolta la guardia costiera italiana, ostacola la guardia costiera libica, usa questi disperati come merce. Avviso ai naviganti: le Ong nei porti italiani non metteranno più piede». Questa lo farà, ma per l'ultima volta. La compattezza del governo nel gestire la nuova emergenza si evince dalla presa di posizione di Toninelli, che dopo avere chiesto un'indagine alla guardia costiera italiana, ha commentato: «È notizia di queste ore che la nave Ong Lifeline sta agendo in acque libiche fuori da ogni regola, fuori dal diritto internazionale. Hanno imbarcato circa 250 naufraghi senza avere i mezzi tecnici per poter garantire l'incolumità degli stessi naufraghi e dell'equipaggio. La Lifeline non collabora con la guardia costiera libica che stava intervenendo per salvare i migranti e riportarli suo suolo libico. Operazione di sua stretta competenza, trattandosi di eventi accaduti in mare libico. Non abbiamo nulla contro le Ong, ma siamo e continuiamo ad essere per il rispetto della legalità. Soprattutto quando si parla di vite umane». Poi a sera la conferma: «È illegale, non può navigare, la sequestriamo».L'inchiesta ordinata da Toninelli aveva l'obiettivo di stabilire l'effettiva appartenenza all'Olanda della nave (come anche della gemella Seefuchs per la quale non è arrivata risposta). Al di là di alcune ricostruzioni televisive da diportisti da windsurf, per il diritto internazionale ogni imbarcazione è territorio dello Stato cui il vessillo a bordo fa capo, quindi Amsterdam non poteva nascondere la testa sott'acqua. Lunga 32 metri e larga 8, la Lifeline ha avuto una prima vita da peschereccio di salmoni in Scozia, poi è stata acquistata dalla Ong Sea Watch che nel 2015 l'ha ceduta per 200.000 euro alla Lifeline Mission, un'organizzazione non governativa di Dresda che prima di dedicarsi ai migranti di mare si occupò di quelli di terra, sulla rotta dei Balcani. Il suo motto è: «Stai calmo e salva vite». Ha un target di donazioni di 48.000 euro l'anno, con questo blitz lo ha praticamente raggiunto. Probabilmente è stato l'ultimo.Giorgio Gandola<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/fine-della-corsa-per-i-pirati-di-lifeline-2580104707.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="medicine-regalate-in-cambio-di-sesso-e-cosi-che-i-buoni-aiutano-lafrica" data-post-id="2580104707" data-published-at="1765131246" data-use-pagination="False"> Medicine regalate in cambio di sesso. È così che i «buoni» aiutano l’Africa E meno male che loro sono i «buoni», figurarsi se fossero stati i cattivi. Un nuovo scandalo sessuale travolge il mondo delle Ong, stavolta, nello specifico, Medici senza frontiere, alla quale la Bbc ha rivolto un'accusa pesantissima: i volontari avrebbero barattato farmaci in cambio di sesso con alcune prostitute africane. Non si tratterebbe solo dei soliti, comunque censurabili, «festini», ma di un vero e proprio ricatto sulla pelle dei più deboli che, pure, si pretenderebbe di voler aiutare. La rivelazione è stata fatta nel corso del programma della giornalista Victoria Derbyshire. Le accuse partono dai racconti di alcune volontarie dell'associazione. La pratica, hanno detto, sarebbe stata molto diffusa tra i loro colleghi. Comportamenti di questo genere sarebbero avvenute in Kenya e in Liberia, ma episodi analoghi avrebbero avuto luogo anche in Asia. I rapporti sarebbero stati consumati negli ospedali da campo allestiti da Msf in territorio africano. In Liberia, i volontari non si sarebbero tirati indietro neanche di fronte a una popolazione prostrata dall'emergenza Ebola. Le denunce sono arrivate in forma anonima e riguarderebbero personale addetto alla logistica, non, al momento, medici o infermieri. Gli accusati vengono descritti come veri e propri «predatori sessuali». Una ex dipendente, che ha lavorato presso l'ufficio londinese di Medici senza frontiere, ha detto di aver visto un membro anziano del personale portare delle ragazze negli alloggi destinati a Msf durante una missione umanitaria in Kenya. «Le ragazze erano molto giovani e si vociferava che fossero delle prostitute. È implicito che fossero lì per avere rapporti sessuali. E il mio collega che soggiornava all'interno di quella residenza ha ritenuto che quel comportamento fosse normale», ha detto la volontaria che ha denunciato la pratica. E se molti dei volontari incriminati sono descritti come «anziani», non manca tuttavia qualche giovane: «Ho visto uno dei miei colleghi, era un ragazzo molto più giovane, andare in bagno con una prostituta locale. L'ho conosciuta in uno dei bar del posto, poi mi ha detto che avevano fatto sesso e che lui l'aveva pagata», ha dichiarato la donna. La quale, peraltro, ha dichiarato di essere stata vittima di molestie anche in prima persona. E in un episodio, dopo essersi allontanata per un periodo dal suo alloggio, lo avrebbe ritrovato pieno di preservativi usati. Dopo aver riferito il comportamento del collega al suo capo sul campo, avrebbe ricevuto l'offerta di una mediazione, con la precisazione, però, che sarebbe stata licenziata se non si fosse accordata. Msf attende di avere più particolari prima di far partire un'indagine interna, ma ha fatto presente di avere già licenziato, da febbraio, 19 dipendenti colpevoli di atti contrari al proprio statuto. La Bbc ha peraltro promesso di fornire al pubblico nuovi particolari dello scandalo, conditi da ulteriori testimonianze. Il primo ministro Theresa May ha espresso la propria costernazione per il fatto che persone pronte a denunciare abusi rischino intimidazioni e decurtazioni salariali. La May, di conseguenza, ha promesso una modifica normativa diretta ad accordare maggiori tutele a coloro che decidono di uscire allo scoperto, denunciando i comportamenti poco corretti. Adriano Scianca <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/fine-della-corsa-per-i-pirati-di-lifeline-2580104707.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="immigrati-senza-cibo-ne-acqua-calda-arrestato-il-ras-dei-centri-profughi" data-post-id="2580104707" data-published-at="1765131246" data-use-pagination="False"> Immigrati senza cibo né acqua calda. Arrestato il ras dei centri profughi Hanno vissuto ammassati in strutture senza riscaldamento, senza acqua calda, con vestiti così logori e sporchi da far venire le piaghe sulla pelle. Niente pocket money, poco cibo e di scarsa qualità e persino il latte, servito a colazione, veniva diluito con l'acqua. E intanto qualcuno, sulla loro pelle faceva i soldi. Tanti soldi. Ecco un altro bell'esempio di accoglienza dei sedicenti profughi nel nostro Paese. Gli sbarcati che la sinistra brama ogni giorno, finivano anche qui, a Benevento, nelle strutture di accoglienza gestite dal Consorzio Maleventum a cui la prefettura aveva regolarmente assegnato gli appalti, gestito di fatto da quello che in zona era noto come il re dell'accoglienza, sempre pronto a farsi fotografare a bordo del suo motoscafo o alla guida delle sue auto di lusso. Cinque persone finite in manette e altre 36 risultano indagate per un giro ben organizzato che coinvolgeva 13 centri profughi tutti nella provincia di Benevento, che andava avanti da anni e si reggeva sulla connivenza di personaggi chiave, tra cui anche dipendenti pubblici e delle forze dell'ordine. Paolo Di Donato, ex amministratore e consulente del Consorzio Maleventum, Giuseppe Pavone, dipendente del ministero della Giustizia, Felice Panzone, funzionario irpino della Prefettura, ma non più in servizio, il carabiniere Salvatore Ruta e l'imprenditore Angelo Collarile sono accusati, a vario titolo, di diversi reati di truffa ai danni dello Stato per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode in pubbliche forniture, corruzione e rivelazione di segreti d'ufficio. L'indagine è durata tre anni: partita nel novembre 2015 da un esposto di un cittadino e rafforzata poi da quello del sindacato Cgil di Benevento che ha denunciato gravi irregolarità. Tutte perpetrate alla luce del sole, ma che poi sparivano al momento dei controlli. Al centro di quello che gli inquirenti hanno definito un «sistema criminale» c'era proprio Di Donato, ben noto alle cronache locali per lo sfarzo in cui amava vivere e farsi immortalare. Di Donato era, secondo la ricostruzione, il tramite tra il Consorzio e la prefettura di Benevento. Pur non rivestendo cariche ufficiali nel Consorzio avrebbe presentato dichiarazioni false per ottenere l'erogazione dei contributi previsti dai bandi per la gestione profughi e falsificato il numero degli immigrati ospitati per ricevere anche in loro assenza i contributi. Da un lato il Consorzio, per suo tramite, partecipava ai bandi, vinceva e volta ottenuta l'assegnazione ammassava gli immigrati assegnati in camere sovraffollate, ricavate in edifici fatiscenti e malsani mantenendoli in condizioni disumane. Dall'altro, per evitare di perdere l'assegnazione dei fondi, quando i richiedenti asilo lasciavano le strutture, secondo le ipotesi investigative, era lui a presentare alla prefettura false attestazioni che gonfiavano il numero dei presenti, ottenendo così altro denaro. I controlli nei centri che Di Donato seguiva, avvenivano, ma non sono mai bastati a far chiudere le strutture. Ad aiutare l'imprenditore su questo versante era, sempre secondo gli inquirenti, il funzionario Panzone, delegato alla gestione dei centri di accoglienza, con poteri di controllo e vigilanza. «Verranno a farvi un controllo, passate la cera»: avrebbe detto in più di una occasione ai gestori delle strutture per segnalare l'arrivo delle verifiche. Sempre lui, secondo l'accusa, tra l'ottobre 2015 e il febbraio 2016, pur essendo a conoscenza delle gravi condizioni igieniche e sanitarie dei centri gestiti dal Consorzio Maleventum, avrebbe evitato di applicare i provvedimenti di chiusura che sarebbero stati necessari. Inoltre, sempre utilizzando i suoi poteri, avrebbe anche attribuito e spostato verso centri gestiti da Di Donato numerosi extracomunitari, ricevendo cospicui vantaggi personali. Il volume d'affari, in effetti, era enorme: le 13 strutture coinvolte erano distribuite in tutta la provincia e i richiedenti asilo ospitati erano circa 800. Più volte i militari del Nas le avevano visitate riscontrando irregolarità sull'agibilità degli edifici, la presenza di documentazioni false, il sovraffollamento e la fatiscenza dei locali. Ma nonostante nessun provvedimento, poi, era stato preso. Un ruolo chiave aveva anche il carabiniere in servizio presso la Compagnia di Montesarchio, finito in manette. Avrebbe fornito a Di Donato informazioni coperte dal segreto d'ufficio, avvisandolo di un controllo dei Nas e informandolo sulle indagini in corso nei suoi confronti. Stessa accusa per Pavone, dipendente della procura sannita, che avrebbe riferito a Di Donato altre notizie coperte dal segreto d'ufficio. A farlo scoprire, una serie di accessi al sistema informatizzato alla ricerca di dati passati poi sottobanco all'imprenditore arrestato. Le condizioni dei richiedenti asilo ospitati erano spesso aberranti. Nel centro di accoglienza di contrada Ponte delle Tavole, alla periferia di Benevento, gli immigrati per mancanza di indumenti puliti «presentavano evidenti vesciche, sintomo di gravi infezioni cutanee, nonché veniva fornito cibo di scarsissima quantità e qualità e latte diluito con acqua ed inoltre non veniva erogata d'inverno aria riscaldata». In un altro centro, in contrada Madonna della Salute, «non veniva erogata acqua potabile, né acqua calda, che veniva riscaldata con degli elettrodi», così come non veniva consegnato agli immigrati il pocket money. Alessia Pedrielli <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/fine-della-corsa-per-i-pirati-di-lifeline-2580104707.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="finte-assunzioni-e-nozze-simulate-per-clandestini" data-post-id="2580104707" data-published-at="1765131246" data-use-pagination="False"> Finte assunzioni e nozze simulate per clandestini È il classico caso in cui l'immigrazione è davvero «una risorsa». O almeno tale era per la banda di italiani che, agli stranieri, offriva viaggio, lavoro, casa e persino una moglie. E pazienza se non era vero amore, l'importante era avviare tutte le pratiche che potessero garantire la permanenza fraudolenta in Italia, dietro un modico compenso che poteva andare dai 1.500 ai diecimila euro. Il caso era emerso più di un anno fa, portando anche ad alcuni arresti. Due giorni fa, invece, dopo che i primi imputati avevano patteggiato o incassato con rito abbreviato pene intorno ai tre anni, altri sei componenti della banda sono stati condannati a pene da sei mesi a quattro anni. Sono stati invece assolti per non avere commesso il fatto altri quattro imputati. È stato anche disposto un risarcimento da stabilire in sede civile per l'Aler, l'Azienda lombarda per l'edilizia residenziale, che si era costituita in giudizio in quanto, nel pacchetto offerto dalla banda ai clandestini, figuravano anche appartamenti fittizi affidati agli immigrati. L'inchiesta era partita dalla denuncia di una giovane marocchina che dichiarò di essere entrata in Italia da minorenne, riuscendo però a ottenere documenti falsi che dimostravano la sua maggiore età dietro un congruo pagamento al gruppo criminale. La ragazza ha patteggiato otto mesi. Le accuse a vario titolo sono associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e alla permanenza di irregolari in Italia, all'occupazione abusiva di case popolari e altri reati minori come sostituzione di persona. Al clandestino in cerca di prove della sua presunta integrazione, al fine di ottenere il permesso di soggiorno, veniva offerto un vero «pacchetto di servizi» che andava dal matrimonio simulato con cittadini italiani al contratto di lavoro fittizio, fino alle assegnazioni illegali di case occupate abusivamente. Il gruppetto era perfettamente organizzato e con contatti decisamente influenti. Secondo il pubblico ministero, la banda «aveva disponibilità di contatti» tra i pubblici ufficiali deputati al rilascio di permessi di soggiorno e «di molti strumenti informatici». Uno di loro sarebbe stato persino in contatto con un affiliato della 'ndrangheta. I servizi offerti prevedevano un vero e proprio listino prezzi. Secondo Procura e Finanza, la banda prendeva almeno 1.500 euro per un'assunzione fasulla che testimoniasse il lavoro svolto dall'immigrato. Quanto a loro, i datori di lavoro erano compiacenti e ricevevano una ricompensa, mentre altre volte erano ignari. Le nozze combinate costavano invece sui 4.000 euro, mentre gli italiani che si prestavano al gioco ricevevano un compenso di 400 euro. In almeno un caso, un uomo di 71 anni è andato fino in Marocco per sposarsi con una giovane. Per far arrivare in Italia dall'estero il migrante si arrivava a spendere fino a 10.000 euro. Insomma, il « cliente» era seguito in tutti i passaggi della filiera. Un'efficienza lodevole, se non fosse stata finalizzata ad attività totalmente illegali. Non mancava chi si spacciava per un funzionario Aler, truffando gli immigrati che versavano dai 2 ai 4.000 euro credendo di riuscire così a facilitare la pratica per l'assegnazione di un appartamento. Fabrizio La Rocca
Kennedy Jr (Ansa)
D’ora in avanti, le donne che risultano negative al test per l’epatite B potranno decidere, consultando il proprio medico, se vaccinare o no alla nascita il proprio bambino. I membri che hanno votato a favore delle nuove raccomandazioni hanno sostenuto che il rischio di contrarre il virus è basso, e che i vaccini dovrebbero essere personalizzati.
Il gruppo di lavoro dell’Acip, rinnovato dallo scorso giugno dal segretario alla Salute Robert F. Kennedy Jr. ha suggerito di attendere almeno i 2 mesi di età per la prima dose. La vaccinazione continuerà a essere somministrata ai neonati di madri che risultano positive, o il cui stato di salute è sconosciuto. Il direttore facente funzioni dei Cdc, Jim O’Neill, ora dovrà decidere se adottare o meno queste raccomandazioni.
La commissione ha inoltre votato a favore della consultazione dei genitori con gli operatori sanitari, per sottoporre i figli a test sulla ricerca degli anticorpi contro l’epatite B prima di decidere se sia necessario somministrare altre dosi del vaccino. Attualmente, dopo la prima i bambini ricevono la seconda a 1-2 mesi di età e la terza tra i 6 e i 18 mesi.
Kennedy ha già limitato l’accesso ai vaccini contro il Covid-19 e raccomandato che i neonati vengano vaccinati separatamente contro la varicella. Susan Kressly, presidente dell’American academy of pediatrics, ha affermato che il cambiamento apportato dall’Acip renderà i bambini americani meno sicuri. «Esorto i genitori a parlare con il pediatra e a vaccinarsi contro l’epatite B alla nascita, indipendentemente dallo stato di salute della madre», è stato il suo appello.
Il presidente Donald Trump, invece, ha commentato soddisfatto l’esito della votazione. Con un post su Truth, venerdì sera aveva definito «un’ottima decisione porre fine alla raccomandazione sul vaccino contro l’epatite B per i neonati, la stragrande maggioranza dei quali non corre alcun rischio di contrarre una malattia che si trasmette principalmente per via sessuale o tramite aghi infetti. Il calendario vaccinale infantile americano richiedeva da tempo 72 “iniezioni” per bambini perfettamente sani, molto più di qualsiasi altro Paese al mondo e molto più del necessario. In effetti, è ridicolo! Molti genitori e scienziati hanno messo in dubbio, così come me, l’efficacia di questo “programma”».
Trump ha poi annunciato di avere appena firmato «un memorandum presidenziale che ordina al dipartimento della Salute e dei Servizi Umani di “accelerare” una valutazione completa dei calendari vaccinali di altri Paesi del mondo e di allineare meglio quello statunitense, in modo che sia finalmente radicato nel Gold Standard della scienza e del buon senso», ha concluso il presidente.
Prima del voto, questa settimana dodici ex dirigenti della Fda avevano contestato sul The New England journal of medicine la proposta di revisione delle approvazioni dei vaccini da parte dell’agenzia, sostenendo che i cambiamenti minacciano gli standard basati sulle prove, indeboliscono le pratiche di immunobridging (strategia scientifica e normativa che confronta i marcatori della risposta immunitaria indotti da un vaccino in diverse situazioni per stimare l’efficacia del vaccino) e rischiano di erodere la fiducia del pubblico.
A proposito della nota interna di Vinay Prasad, direttore della divisione vaccini della Food and drug administration (Fda), che dieci giorni ha sostenuto che «non meno di 10» dei 96 decessi infantili segnalati tra il 2021 e il 2024 al Vaers, il sistema federale di segnalazione degli eventi avversi da vaccino, erano «correlati» alle somministrazioni di dosi contro il Covid, i dodici si affannano a criticarla. «Prove sostanziali dimostrano che la vaccinazione può ridurre il rischio di malattie gravi e di ospedalizzazione in molti bambini e adolescenti», dichiarano. Dati che non risultano confermati da nessuno studio o revisione paritaria.
Sul continuo attacco alle scelte operate nel campo delle vaccinazioni dalla nuova amministrazione americana interviene il professor Francesco Cetta, ordinario di Chirurgia e docente di Intelligenza artificiale umanizzata presso lo Iassp (Istituto di alti studi strategici e politici). «Trump non è contro la scienza, come urla ad alta voce la sinistra nostrana», commenta. «Al contrario, pragmaticamente, per i problemi che non conosce, ha insediato nuove commissioni indipendenti di esperti, in grado di acclarare in tempi brevi, per quanto possibile, la verità su due argomenti particolarmente sensibili come le vaccinazioni e gli effetti dei cambiamenti climatici. E su che cosa si può fare in concreto per controllarli. Con quali costi e benefici per la comunità».
Il professore aggiunge: «Bisogna evitare le terapie a tappeto, indistintamente uguali per tutti, ma adattare ad ogni malato il suo trattamento come un “abito su misura”. In particolare, per alcune categorie come i bambini e le donne in gravidanza, bisogna valutare con attenzione vantaggi e svantaggi della somministrazione di ogni farmaco, incluso i vaccini, che determinano una perturbazione delle difese immunitarie individuali».
Considerazioni che dovrebbero essere fatte anche dal nostro ministero della Salute e dalle varie associazioni mediche che non ammettono revisioni dei metodi vaccinali.
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Giorgia Meloni (Imagoeconomica)
L’attuale governo sta mostrando la consapevolezza di dover sostenere, con una politica estera molto attiva sul piano globale, il modello economico italiano basato sull’export che è messo a rischio - gestibile, ma comunque problematico per parecchi settori sul piano dei margini finanziari - dai dazi statunitensi, dalla crisi autoinflitta per irrealismo ambientalista ed eccessi burocratici dell’Ue, dai costi eccessivi dell’energia e, in generale, dal cambio di mondo in atto senza dimenticare la crisi demografica. Vedremo dopo le soluzioni interne, ma qui va sottolineato che l’Italia non può trasformare il proprio modello economico dipendente dall’export senza perdere ricchezza. La consapevolezza di questo punto è provata dalla riforma del ministero degli Esteri: accanto alla Direzione politica, verrà creata nel prossimo gennaio una Direzione economica con la missione di sostenere l’internazionalizzazione e l’export delle imprese italiane in tutto il mondo. Non è una novità totale, ma mostra una concentrazione di risorse e capacità geoeconomiche e geopolitiche finalmente adeguate alla missione di un’Italia globale, per inciso titolo del mio libro pubblicato nell’autunno 2023 (Rubbettino editore). Con quale meccanismo di moltiplicazione del potere negoziale italiano? Tradizionalmente, via la duplice convergenza con Ue e Stati Uniti pur sempre più complicata, ma con più autonomia per siglare partenariati bilaterali strategici di cooperazione economica-industriale (i trattati doganali sono competenza dell’Ue, condizione necessaria per un mercato unico europeo essenziale per l’Italia) a livello mondiale.
E con un metodo al momento solo italiano: partenariati bilaterali con reciproco vantaggio, cioè non asimmetrici. Con priorità l’Africa (al momento, 14 nazioni) ed il progetto di «Via del cotone» (Imec) tra Indo-Pacifico, Mediterraneo ed Atlantico settentrionale via penisola arabica. La nuova (in realtà vecchia perché elaborata dal Partito repubblicano nel 2000) dottrina di sicurezza nazionale statunitense è di ostacolo ad un Italia globale? No, perché, pur essendo divergente con l’Ue, non lo è con le singole nazioni europee, con qualche eccezione. Soprattutto, le chiama a un maggiore attivismo per la loro sicurezza, lasciando di fatto in cambio spazio geopolitico. Come potrà Roma usarlo? Aumentando i suoi bilaterali strategici e approfondendoli con Giappone, India, nazioni arabe sunnite, Asia centrale (rilevante l’accordo con la Mongolia se riuscisse) ecc. Quale nuovo sforzo? Necessariamente integrare una politica mercantilista con i requisiti di schieramento geopolitico. E con un riarmo non solo concentrato contro la minaccia russa, ma mirato a novità tecnologiche utili per scambiare strumenti di sicurezza con partner compatibili. Ovviamente è oggetto di studio, ma l’Italia ha il potenziale per farlo via progetti condivisi con America, europei e giapponesi nonché capacità proprie. Considerazione che ci porta a valutare la modernizzazione interna dell’Italia perché c’è una relazione stretta tra potenziale esterno e interno.
Obiettivi interni
La priorità è ridurre il costo del debito pubblico per aumentare lo spazio di bilancio utile per investimenti e detassazione stimolativi. Ciò implica la sostituzione del Pnrr, che finirà nel 2026, con un programma nazionale stimolativo (non condizionato dall’esterno) di dedebitazione: valorizzare e cedere dai 250 a 150 miliardi di patrimonio statale disponibile, forse di più (sui 600-700 teorici) in 15 anni. Se ben strutturata, tale operazione «patrimonio pubblico contro debito» potrà dare benefici anticipativi via aumento del voto di affidabilità del debito italiano riducendone il costo di servizio che oggi è di 80-90 miliardi anno. Già tale costo è stato un po’ ridotto dal giusto rigore della politica di bilancio per il 2026. Con il nuovo programma qui ipotizzato, da avviare nel 2027 per sua complessità, lo sarà molto di più dando all’Italia più risorse per spesa sociale, di investimenti competitivi e minori tasse.
Stimo dai 10 ai 18 miliardi anno di risparmio sul costo del debito e un aumento di investimenti esteri in Italia perché con voto di affidabilità (rating) crescente. Senza tale programma, l’Italia sarebbe condizionabile dalla concorrenza intraeuropea e senza i soldi sufficienti per la politica globale detta sopra. Ci sono tante altre priorità tecniche sia per invertire più decisamente il lento declino economico dell’Italia, causato da governi di sinistra e/o dissipativi, sia per rendere più globalmente competitiva l’economia italiana. Ma sono fattibili via un nuovo clima di cultura politica che crei fiducia ed ottimismo sul potenziale globale dell’Italia. Come? Più ordine interno, investimenti sulla qualificazione cognitiva di massa, sulla rivoluzione tecnologica, in sintesi su un’Italia futurizzante. L’obiettivo è attrarre più capitale e competenze dall’estero, comunicando credibilmente al mondo che l’Italia è terra di libertà, sicurezza, opportunità e progresso. Non può farlo solo la politica, ma ci vuole il contributo dei privati entro un concetto di «nazione attiva», aperta al mondo e non chiusa. Ritroviamo il vento, gli oceani.
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Lando Norris (Getty Images)
Nell’ultimo GP stagionale di Abu Dhabi, Lando Norris si laurea campione del mondo per la prima volta grazie al terzo posto sul circuito di Yas Marina. Nonostante la vittoria in gara, Max Verstappen non riesce a difendere il titolo, interrompendo il suo ciclo di quattro mondiali consecutivi.
Lando Norris è campione del mondo. Dopo quattro anni di dominio incontrastato di Max Verstappen, il pilota britannico centra il titolo iridato al termine di una stagione in cui ha saputo coniugare costanza, precisione e lucidità nei momenti decisivi. La vittoria ad Abu Dhabi, conquistata con una gara solida e senza errori, suggella un percorso iniziato con un Mondiale che sembrava già scritto a favore dell’olandese.
La stagione ha visto Norris prendere il comando delle operazioni già nelle prime gare, approfittando di alcuni passaggi a vuoto di Verstappen e di una gestione impeccabile del suo team. Il britannico ha messo in mostra una costanza rara, evitando rischi inutili e capitalizzando ogni occasione: punti preziosi accumulati gara dopo gara che hanno costruito un vantaggio psicologico e tecnico difficile da colmare per chiunque, ma non per Verstappen, che nelle ultime gare ha tentato il tutto per tutto per costruirsi una chance di rimonta. Una rimonta sfumata per appena due punti, visto che il pilota della McLaren ha chiuso il Mondiale a quota 423 punti, davanti ai 421 del rivale della RedBull e che se avessero chiuso a pari punti il titolo sarebbe andato a Verstappen in virtù del numero di gran premi vinti in stagione: otto contro i sette di Norris. Inevitabile per l'olandese non pensare alla gara della scorsa settimana in Qatar, dove Norris ha recuperato proprio due punti sfruttando un errore di Kimi Antonelli all'inizio dell'ultimo giro.
La gara di Abu Dhabi ha rappresentato la sintesi perfetta della stagione di Norris: partenza accorta, gestione dei pit stop e mantenimento della concentrazione fino alla bandiera a scacchi. L’olandese, pur vincendo la corsa, non è riuscito a recuperare il distacco, confermando che i quattro anni di dominio sono stati interrotti da un talento giovane e capace di gestire la pressione del momento clou.
Alle spalle dei due contendenti, la stagione è stata amara per Ferrari e altri protagonisti attesi al vertice. Charles Leclerc e Lewis Hamilton non hanno mai realmente impensierito i leader della classifica, incapaci di inserirsi nella lotta per il titolo o di ottenere risultati significativi in gran parte del campionato. Una conferma, se ce ne fosse bisogno, delle difficoltà del Cavallino Rosso nel trovare una combinazione di macchina e strategia competitiva.
Il Mondiale 2025 si chiude quindi con un volto nuovo sul gradino più alto del podio e con alcune conferme sullo stato della Formula 1: Norris dimostra che la gestione mentale, l’attenzione ai dettagli e la capacità di evitare errori critici contano quanto la velocità pura. Verstappen, pur da vincitore di tante gare, dovrà riflettere sulle occasioni perdute, mentre la Ferrari è chiamata a ripensare, ancora una volta, strategie e sviluppo per la stagione successiva.
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