Nicola Borrelli, potente dg Cinema e audiovisivo del ministero della Cultura, si è dimesso: troppo imbarazzanti gli 800.000 euro usati per finanziare la pellicola del presunto killer di Villa Pamphili. Le stretta sui contributi a pioggia ha fatto risparmiare 8 milioni. Nicola Borrelli si è dimesso. Probabilmente il suo nome non vi dice nulla, ma fino a ieri Borrelli era il potente direttore generale Cinema e audiovisivo del ministero della Cultura. Per 16 anni è stato l’uomo che si è occupato di sostenere finanziariamente - cioè, con i soldi pubblici - i film italiani. E tra i risultati che a lui in qualche modo vanno ascritti c’è la pellicola che avrebbe dovuto girare Francis Kaufmann, alias Rexal Ford, accusato dell’assassinio della piccola Andromeda, trovata morta a Villa Pamphili accanto al corpo senza vita della madre. Oltre 800.000 euro di denaro dei contribuenti, grazie al sistema del tax credit, sono finiti nelle tasche di un presunto omicida per non fare niente, per non registrare nemmeno uno spot, per campare a sbafo nella Capitale. Quando la vicenda è venuta a galla, Borrelli ha sostenuto la regolarità dell’operazione. Non so che cosa intendesse dicendo che non era stata violata la legge. Forse che le firme apposte per autorizzare il finanziamento non erano false, oppure che erano stati completati tutti gli adempimenti e il sostegno al film fantasma di un americano a Roma aveva seguito il normale iter. Sta di fatto che in qualsiasi Paese al mondo non si regalano soldi a sconosciuti senza arte né parte. E quando, invece, si scopre che un millantatore è riuscito a gabbare tutti, soprattutto il direttore generale, si tirano le conseguenze.Ignoro se le dimissioni di Borrelli siano state spontanee o se sia stato sollecitato a fare le valigie. So, però, che la sua uscita consente di fare chiarezza sul sistema che per anni ha permesso a una combriccola di registi e attori radical chic di campare a spese degli italiani. Perché, come abbiamo dimostrato nei giorni scorsi, non c’è soltanto il caso Kaufmann. Altri film sono stati finanziati e forse non realizzati. Altri ancora hanno ricevuto denaro pubblico nonostante non siano mai stati proiettati in una sala cinematografica italiana. E ci sono pellicole che, una volta distribuite, hanno avuto lo stesso pubblico che in media si raduna in una bocciofila.Attenzione, però, non parliamo solo dei flop, che pure nel mondo dei cinematografari abbondano. C’è dell’altro. Il sistema, appunto. Qui sotto troverete le lamentele di alcuni produttori, i quali contestano la definizione di film fantasma. Ma non siamo stati noi a definirli così, bensì il ministero che, dopo aver concesso il tax credit, ha perso le tracce delle pellicole autorizzate e non sa che fine abbiano fatto.Vi sembra incredibile? Eppure è tutto vero, perché spesso produttori e registi si «dimenticano» di far avere agli uffici del dicastero la rendicontazione delle spese e, dunque, nessuno è in grado di dire che fine abbia fatto l’opera prodotta grazie ai soldi pubblici. Una truffa? No, una «lacuna» del sistema. La riforma introdotta dal ministro Dario Franceschini, il politico che più a lungo ha guidato il ministero, non ha infatti previsto regole stringenti per ottenere i finanziamenti dello Stato e, dunque, vige un approccio che ha pochi controlli. Con il risultato che si sono dati quattrini dei contribuenti a opere di produttori stranieri girate all’estero ma che, per giustificare i fondi concessi dallo Stato o dalle Regioni, comprendevano anche due minuti registrati in una qualche location italiana. Opere che poi non sono state nemmeno proiettate in una sala nazionale. Si può fare nella legalità. Il film è finanziato per milioni e la ricaduta sull’Italia è di qualche spicciolo, ma nessuno si accorge della sperequazione perché la rendicontazione, che consentirebbe di capire quante spese siano state registrate in Italia, e quante all’estero, non c’è e nessuno si preoccupa di averla.Soldi a pioggia, distribuiti agli amici degli amici, ai compagni dei compagni, a una banda di produttori e registi che è sempre la stessa o quasi. Una banda tutta o quasi politicamente orientata, con qualche rara eccezione. Kaufmann, appunto. Se non ci fossero stati lui e il duplice delitto, se qualcuno non fosse andato a guardare tra le opere del presunto assassino, la mangiatoia sarebbe continuata. E, forse più della Boccia, questa è la ragione della caduta di Gennaro Sangiuliano. Come lo è degli attacchi ad Alessandro Giuli.Ps. Mi risulta che da quando al ministero è cambiata l’aria, lo Stato abbia risparmiato 8 milioni. Poca cosa, certo, ma siamo solo all’inizio.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
iStock
In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






