2025-09-09
La filiera dell’acciaio sferza l’Europa: «Balzelli contro l’invasione cinese»
Il colosso Thyssenkrupp: «Export a basso costo, servono tasse alla dogana al 50%».I produttori europei di acciaio, sotto il diluvio di acciaio a basso costo dalla Cina e colpiti dall’aumento dei costi per via del Green deal, chiedono che Bruxelles adotti urgentemente dazi a protezione del settore. È soprattutto la tedesca Thyssenkrupp a chiedere interventi immediati per proteggere il mercato europeo, dopo che il sanguinoso piano di ristrutturazione dell’azienda è stato approvato anche dal sindacato Ig Metall nei giorni scorsi. Un piano che prevede per la grande azienda la riduzione della produzione di acciaio da 11,5 a 9 milioni di tonnellate l’anno, il taglio di 11.000 posti di lavoro, una riduzione dell’orario di lavoro senza indennità, l’eliminazione delle ferie non retribuite e la riduzione di alcune indennità e bonus da qui al 2030. I lavoratori, in sintesi, guadagneranno di meno.La situazione del settore in Europa è critica. I dazi imposti da Donald Trump su acciaio e alluminio (50%) stanno pesando sull’export, ma il settore era in crisi da molto tempo prima. Nonostante la domanda europea non sia particolarmente esuberante, le importazioni dalla Cina continuano ad aumentare, spiazzando la siderurgia europea, la cui netto nel 2025 è in drammatico calo: maggio, giugno e luglio hanno segnato rispettivamente -3,1%, -8,2% e -7% rispetto al 2024. La sola Germania, a luglio, ha registrato un -13,7%. Secondo Eurofer, il settore nel 2024 ha lasciato sul campo 18.000 posti di lavoro.Dennis Grimm, ad di Thyssenkrupp Steel, vale a dire il più grande produttore tedesco di acciaio, in un’intervista al quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung ha chiesto espressamente che Bruxelles imponga dazi sulle importazioni di acciaio dalla Cina: «In alcuni casi, ci troviamo di fronte a prezzi competitivi che rappresentano il 50% dei nostri costi di produzione. E questo non può essere risolto operativamente, ma solo attraverso meccanismi di protezione». Gli ha fatto eco, ieri, sul Financial Times un’altra dirigente di Thyssenkrupp, Ilse Henne: «Vogliamo produrre automobili in Europa? Sì o no? Vogliamo produrle con acciaio europeo? Sì o no? E se questo è ciò che vogliamo per molte ragioni... allora dobbiamo prendere delle decisioni. Abbiamo bisogno di protezione o non sopravviveremo come industria siderurgica».La Commissione europea questo mese dovrebbe emanare una nuova strategia sull’acciaio, ma ancora non si sa nulla a proposito, se non poche indiscrezioni. In Germania, il cancelliere Friedrich Merz ha convocato un vertice del settore, chiamando aziende, sindacati e i rappresentanti dei Länder interessati. Alcuni sono scettici sull’iniziativa di Berlino, soprattutto coloro che avevano iniziato a investire nella filiera dell’idrogeno nell’illusione di sostituire il carbone come combustibile per produrre acciaio «verde». La filiera industriale dell’idrogeno non è mai decollata e l’idrogeno costa ancora tre volte più del gas naturale. Il problema non sta solo negli alti costi per virare sulla tecnologia a idrogeno, ma anche nei crescenti costi per l’acquisto dei certificati di emissione del sistema Ets europeo, che gli utilizzatori dell’altoforno devono pagare. Ieri i certificati quotavano 77 euro a tonnellata. Inoltre, il meccanismo Cbam inventato da Bruxelles per impedire che l’acciaio «sporco» dall’estero si riversi in Europa viene aggirato. Alcuni governi hanno proposto che Bruxelles applichi dazi del 50% alle importazioni di acciaio dalla Cina, con meccanismi simili a quelli imposti dall’Amministrazione Trump negli Stati Uniti, che evitino la possibilità di triangolazioni con altri Paesi.In Cina, intanto, la guerra dei prezzi al ribasso sta portando a margini negativi nell’attività, come segnalava ieri Tom Price di Panmure Liberum, a causa dell’abbassamento dei prezzi dell’acciaio e e dell’aumento dei costi del carbone. Pechino ha deciso di tagliare la produzione nel 2026, ma non ci sono ancora documenti ufficiali o dati in merito, per cui gli operatori cinesi producono senza sosta prima del consueto calo stagionale di settembre. Le importazioni di minerale di ferro nel mese di agosto sono rimaste elevate e i prezzi sono in aumento. La Cina, principale produttore, realizza circa il 50% dell’acciaio mondiale, anche se la sua produzione quest’anno è inferiore a quella del 2023.Sono molti i livelli di lettura della vicenda che riguarda l’acciaio europeo. Intanto, ancora una volta, prendiamo atto che un problema diventa europeo quando è un problema tedesco. In secondo luogo, si dimostra che il Green deal ha avuto il solo effetto di alzare i costi di produzione e deviare gli investimenti verso tecnologie costose con ritorni negativi, affossando un settore come quello dell’acciaio dove l’intensità energetica del prodotto è molto alta. In terzo luogo, a quanto pare, i dazi non sono una prerogativa di Trump e a qualcosa servono: se si tratta di proteggere l’industria tedesca, qualche eccezione al bon ton che caratterizza i rapporti dell’Ue con la Cina evidentemente si può fare.
(Ansa)
Il ministro Guido Crosetto in occasione dell'82°anniversario della difesa di Roma: «A me interessa che gli aiuti a Gaza possano arrivare, le medicine possano arrivare, la vita normale possa riprendere». Nonostante tutto, Crosetto ha ben chiaro come le due guerre più grandi - quella Ucraina e quella a Gaza - possano cessare rapidamente. «Io penso che la decisione di terminare i due conflitti sia nelle mani di due uomini: Putin e Netanyahu».