
La commissione d'inchiesta sugli affidi in Piemonte conferma che il sistema è malato ben oltre Bibbiano. Nel 2018 erano 2.597 i minori separati dai genitori nella regione: il 56% per motivi economici. E la Onlus di Claudio Foti può ancora formare assistenti sociali.In Piemonte, su circa 2.600 bambini e adolescenti allontanati dalle famiglie, solo il 14% ha alle spalle motivi concreti e inoppugnabili, come segnalazioni di maltrattamenti o di abusi. Tutti gli altri sono costretti a crescere lontani dai loro affetti per motivi di solito molto più vaghi, e comunque rimediabili in altro modo: il 56% viene portato via da casa per «comportamenti non rispondenti alle necessità del bambino», tra i quali spicca «l'inadeguatezza genitoriale»; il 21% per «problemi di salute dei genitori»; il 15% per problemi psicologici, fisici o comportamentali.Questa è solamente una delle tante scoperte della commissione d'inchiesta sul sistema degli affidi, istituita dalla Regione Piemonte nell'ottobre 2019, sull'onda dello scandalo per i presunti allontanamenti illeciti dei bambini di Bibbiano, emerso due mesi prima grazie all'inchiesta «Angeli e demoni» della Procura di Reggio Emilia. La commissione ha verificato anche che il Centro Hansel e Gretel di Moncalieri fondato da Claudio Foti, lo psicologo piemontese che proprio per l'inchiesta su Bibbiano è finito agli arresti domiciliari e con la moglie psicoterapeuta Nadia Bolognini è tra i principali imputati del procedimento, resta comunque abilitata alla formazione degli assistenti sociali dall'Ordine professionale di categoria, su indicazione del ministero della Giustizia. Il 9% seguito dai serviziMaurizio Marrone, che in Piemonte è assessore ai Rapporti con il Consiglio regionale e nel settembre 2019 fu il primo a chiedere la commissione d'inchiesta come capogruppo di Fratelli d'Italia, scuote la testa: «Un anno fa», dice, «la sinistra ci accusò di organizzare una caccia alle streghe contro un sistema che era sano. Questa indagine dimostra che non è affatto così». Non solo a destra, giorno dopo giorno, in tanti si vanno convincendo che quanto è emerso a Bibbiano sia la classica punta dell'iceberg, e che la giustizia minorile e il sistema italiano degli affidi siano affetti da gravi patologie. L'indagine piemontese, purtroppo, sembra confermare molti sospetti. Interrogata dalla commissione, Antonella Caprioglio, responsabile per la Regione Piemonte del settore Politiche per la famiglia, ha segnalato che i minori seguiti dai servizi sociali al 31 dicembre 2018 erano 60.068, addirittura il 9% del totale. In Piemonte, insomma, esiste un vero esercito di bambini, il cui numero equivale a quello degli abitanti di Matera, cui gli assistenti sociali hanno stabilito di somministrare servizi di vario genere, da quelli formativi a quelli sanitari, appaltati a pagamento a cooperative e società esterne. Poi ci sono i minori allontanati dalla famiglia d'origine, che alla fine del 2018 erano 2.597: 1.547 erano stati affidati ad altri nuclei familiari, mentre gli altri 1.050 erano ospitati in strutture d'accoglienza. In massima parte, questi bimbi sono stati portati via da casa per la «fragilità sociale» e per lo stato di povertà delle famiglie. I minori allontanati in Piemonte due anni fa equivalevano al 3,9 per mille del totale, un dato molto più alto della media italiana, al 2,7 per mille. Per cercare di limitare il fenomeno, la giunta regionale di centrodestra, guidata da Alberto Cirio, ha presentato un disegno di legge che introduce misure di sostegno economico e sociale alle famiglie in difficoltà, per aiutarle nelle funzioni educative senza separarle, e cerca di limitare gli allontanamenti di minori ai soli maltrattamenti e agli abusi: «Speriamo che il Consiglio lo approvi entro Natale», dice Marrone. Ma la relazione va oltre. La commissione d'inchiesta ha scoperto, per esempio, che le commissioni di vigilanza delle Asl non dispongono di sanzioni per far rispettare le regole alle case-famiglia. Ha verificato e confermato anche l'esistenza di un diffuso conflitto d'interesse tra i giudici onorari che nel Tribunale dei minori, accanto ai magistrati togati, ogni giorno decidono sul destino di bimbi e famiglie. conflitti di interessi?Lo scandalo era già emerso a livello nazionale nel 2015, grazie all'Associazione Finalmente liberi onlus di Verona, guidata dall'avvocato Cristina Franceschini, che aveva individuato situazioni d'incompatibilità per 221 di questi giudici su un totale di 1.082: il 20%. Cinque anni fa la denuncia di Finalmente liberi aveva indotto il Consiglio superiore della magistratura a imporre ai Tribunali minorili controlli più stringenti, per evitare che potessero diventare giudici onorari soggetti con un interesse personale agli affidi o agli allontanamenti. Oggi si scopre che lo scandalo continua e che la statistica in Piemonte è anche peggiore: a Marrone risulta che, su 36 giudici onorari, «12 avrebbero collegamenti con le comunità residenziali e con le case-affido, o con le cooperative sociali che le gestiscono». Quindi sarebbero addirittura il 33%. E i controlli richiesti dal Csm? Nella relazione della commissione si legge che «il Tribunale per i minori del Piemonte e della Valle d'Aosta ha confermato di non verificare le autocertificazioni dei giudici onorari minorili circa la presenza di cause ostative all'espletamento del mandato». Se davvero è così, è uno scandalo nello scandalo.
Edmondo Cirielli e Antonio Tajani (Ansa)
L’emendamento alla manovra di Fdi mira a riattivare la regolarizzazione del 2003. Così si metterebbe mano a situazioni rimaste sospese soprattutto in Campania: all’epoca, il governatore dem Bassolino non recepì la legge. E migliaia di famiglie finirono beffate.
Nella giornata di venerdì, la manovra di bilancio 2026 è stata travolta da un’ondata di emendamenti, circa 5.700, con 1.600 presentati dalla stessa maggioranza. Tra le modifiche che hanno attirato maggiore attenzione spicca quella di Fratelli d’Italia per riaprire i termini del condono edilizio del 2003.
I senatori di Fdi Matteo Gelmetti e Domenico Matera hanno proposto di riattivare, non creare ex novo, la sanatoria introdotta durante il governo Berlusconi nel 2003. Obiettivo: sanare situazioni rimaste sospese, in particolare in Campania, dove la Regione, all’epoca guidata da Antonio Bassolino (centrosinistra), decise di non recepire la norma nazionale. Così migliaia di famiglie, pur avendo versato gli oneri, sono rimaste escluse. Fdi chiarisce che si tratta di «una misura di giustizia» per cittadini rimasti intrappolati da errori amministrativi, non di un nuovo condono. L’emendamento è tra i 400 «segnalati», quindi con buone probabilità di essere discusso in commissione Bilancio.
Friedrich Merz (Ansa)
Con l’ok di Ursula, il governo tedesco approva un massiccio intervento sul settore elettrico che prevede una tariffa industriale bloccata a 50 euro al Megawattora per tre anni, a partire dal prossimo gennaio. Antonio Gozzi (Federacciai): «Si spiazza la concorrenza».
Ci risiamo. La Germania decide di giocare da sola e sussidia la propria industria energivora, mettendo in difficoltà gli altri Paesi dell’Unione. Sempre pronta a invocare l’unità di intenti quando le fa comodo, ora Berlino fa da sé e fissa un prezzo politico dell’elettricità, distorcendo la concorrenza e mettendo in difficoltà i partner che non possono permettersi sussidi. Avvantaggiata sarà l’industria energivora tedesca (acciaio, chimica, vetro, automobile).
Il governo tedesco ha approvato giovedì sera un massiccio intervento sul mercato elettrico che prevede un prezzo industriale fissato a 50 euro a Megawattora per tre anni, a partire dal prossimo gennaio, accompagnato da un nuovo programma di centrali «a capacità controllabile», cioè centrali a gas mascherate da neutralità tecnologica, da realizzare entro il 2031. Il sistema convivrebbe con l’attuale attuale meccanismo di compensazione dei prezzi dell’energia, già in vigore, come ha confermato il ministro delle finanze Lars Klingbeil. La misura dovrebbe costare attorno ai 10 miliardi di euro, anche se il governo parla di 3-5 miliardi finanziati dal Fondo per il clima e la trasformazione. Vi sono già proteste da parte delle piccole e medie imprese tedesche, che non godranno del vantaggio.
A 80 anni dall’Olocausto, Gerusalemme ha un ruolo chiave nella modernizzazione della Bundeswehr. «Ne siamo orgogliosi», dicono i funzionari di Bibi al «Telegraph». Stanziati da Merz quasi 3 miliardi.
Se buona parte della modernizzazione della Bundeswehr, le forze armate federali, è ancorata all’industria tedesca, Israele sta svolgendo un ruolo chiave nella fornitura di tecnologia di difesa. «La Germania dipende enormemente dalla tecnologia israeliana, in particolare nei settori della tecnologia dei droni, della ricognizione e della difesa aerea», riferisce Roderich Kiesewetter, membro della Cdu come il cancelliere Friedrich Merz e capo della delegazione tedesca presso l’Assemblea parlamentare euromediterranea (Apem). Il parlamentare ha aggiunto che il suo Paese «beneficia inoltre notevolmente della cooperazione in materia di intelligence, che ha già impedito molti attacchi terroristici in Germania». Al Telegraph, alti funzionari della difesa israeliani hanno dichiarato di svolgere un ruolo chiave nella nuova politica di riarmo tedesca e di esserne «orgogliosi».





