
Il sottosegretario leghista si dimette ma potrebbe dirigere il partito al CentrosudMussolini, fratello del Duce, il parco di Latina intitolato ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. «Ho commesso degli errori», ha scritto in un lungo messaggio l’ex sottosegretario leghista, «di questo mi dispiaccio, sono pronto a pagarne il prezzo e soprattutto mi scuso». Nel messaggio che annuncia il passo indietro, Durigon ha poi chiarito di non essere fascista e ha voluto far arrivare comunque le sue scuse ai familiari di Falcone e Borsellino e a quelli delle vittime delle forze dell’ordine, che morirono nell’attentato mafioso. Pd, M5s e Sinistra italiana erano pronti a depositare una mozione di sfiducia parlamentare contro Durigon: si sarebbe trattato, al di là del risultato della votazione, di un vero e proprio terremoto politico per la composita maggioranza che sostiene il governo guidato da Mario Draghi. Lo stesso premier, nel corso di un recente colloquio con Matteo Salvini, avrebbe fatto presente al leader della Lega la necessità, in un momento così difficile sia per quel che riguarda la politica estera che per la lotta alla pandemia, di garantire la massima compattezza alla maggioranza, evitando occasioni di scontro. Anche da parte di Forza Italia ieri è arrivata una presa di distanze: «Le parole di Durigon su Falcone e Borsellino», ha detto al Mattino il vicepresidente azzurro Antonio Tajani, «non sono condivisibili. Deciderà Draghi assieme a Salvini, ma la partita delle sue dimissioni non interessa gli italiani e meno fibrillazioni ci sono, meglio è».Lo scorso 24 agosto al Meeting di Rimini, pur confermando la sua fiducia e stima per Durigon, Salvini aveva fatto capire che qualcosa poteva accadere: «Ragioneremo con Durigon», aveva detto, «su cosa fare e cosa sia più utile per il movimento e per il governo». Più duro Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico del Carroccio, che interpellato sul caso ha risposto glaciale: «Quando si è investiti di responsabilità di governo bisogna essere molto attenti a quello che si fa».Ieri il M5s è tornato ad affondare i colpi: «Voleva sostituire i nomi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino», ha twittato Vittoria Casa, presidente della commissione Cultura, scienza e istruzione alla Camera, «con il cognome di Mussolini. Attendiamo da tre settimane che venga sostituito lui. Ogni giorno di permanenza al governo di Durigon è un giorno di troppo». All’assalto pure il presidente della commissione Giustizia della Camera e deputato M5s, Mario Perantoni: «Il ritardo delle dimissioni del sottosegretario Durigon», ha dichiarato Perantoni, «non è più tollerabile perché si rischia di dare sponda a chi vuole legittimare le sue posizioni e tentare di annacquarne la gravità. Come il candidato sindaco di Latina Zaccheo, ad esempio, che approfitta dello stallo per la sua campagna elettorale. La questione riguarda l’antifascismo che è un valore costituzionale, e dovere delle istituzioni e della politica è sostenerlo sempre con forza, senza cedere a sottovalutazioni o opportunismi».«Durigon», ha detto a La 7 il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni , «se se ne deve andare. Credo di essere stato il primo o fra i primi a maggio a porre la questione già all’epoca dell’inchiesta di Fanpage sui suoi rapporti imbarazzanti a Latina. Penso che quando qualcuno ha un ruolo di governo la sorveglianza e la cura delle parole sia un dovere, oltre all’attenzione per le cose che si fanno e le persone che si frequentano. Non si può rappresentare il Paese in questo modo. Già allora», ha aggiunto Fratoianni, «l’esponente leghista avrebbe dovuto chiarire e non l’ha fatto, poi ad agosto ci ha messo il carico ulteriore, un carico culturale e politico simbolico: non ha solo proposto di intitolare un parco al fratello di Mussolini, ma ha proposto di cancellare l’intitolazione a Falcone e Borsellino. Io penso che uno che dice e fa così non può stare al governo del Paese. Se non se ne andrà spontaneamente dovrà pensarci il Parlamento con una mozione di sfiducia». Per Durigon potrebbe esservi una sorta di risarcimento in termini politici: l’ormai ex sottosegretario potrebbe diventare vicesegretario della Lega con delega al Centrosud.
Da sinistra: Piero De Luca, segretario regionale pd della Campania, il leader del M5s Giuseppe Conte e l’economista Carlo Cottarelli (Ansa)
La gabella ideata da Schlein e Landini fa venire l’orticaria persino a compagni di partito e possibili alleati. Dopo la presa di distanza di Conte, il dem De Luca jr. smentisce che l’idea sia condivisa. Scettici anche Ruffini (ex capo dell’Agenzia delle entrate) e Cottarelli.
«Continuiamo così: facciamoci del male», diceva Nanni Moretti, e non è un caso che male fa rima con patrimoniale. L’incredibile ennesimo autogol politico e comunicativo della sinistra ormai targata Maurizio Landini è infatti il rilancio dell’idea di una tassa sui patrimoni degli italiani. I più ricchi, certo, ma anche quelli che hanno già pagato le tasse e le hanno pagate più degli altri.
Jannik Sinner (Ansa)
All’Inalpi Arena di Torino esordio positivo per l’altoatesino, che supera in due set Felix Auger-Aliassime confermando la sua solidità. Giornata amara invece per Lorenzo Musetti che paga le fatiche di Atene e l’emozione per l’esordio nel torneo. Il carrarino è stato battuto da un Taylor Fritz più incisivo nei momenti chiave.
Agostino Ghiglia e Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
Il premier risponde a Schlein e Conte che chiedono l’azzeramento dell’Autorità per la privacy dopo le ingerenze in un servizio di «Report»: «Membri eletti durante il governo giallorosso». Donzelli: «Favorevoli a sciogliere i collegi nominati dalla sinistra».
Il no della Rai alla richiesta del Garante della privacy di fermare il servizio di Report sull’istruttoria portata avanti dall’Autorità nei confronti di Meta, relativa agli smart glass, nel quale la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci punta il dito su un incontro, risalente a ottobre 2024, tra il componente del collegio del Garante Agostino Ghiglia e il responsabile istituzionale di Meta in Italia prima della decisione del Garante su una multa da 44 milioni di euro, ha scatenato una tempesta politica con le opposizioni che chiedono l’azzeramento dell’intero collegio.
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Imagoeconomica)
La direttiva Ue consente di sforare 18 volte i limiti: le misure di Sala non servono.
Quarantaquattro giorni di aria tossica dall’inizio dell’anno. È il nuovo bilancio dell’emergenza smog nel capoluogo lombardo: un numero che mostra come la città sia quasi arrivata, già a novembre, ai livelli di tutto il 2024, quando i giorni di superamento del limite di legge per le polveri sottili erano stati 68 in totale. Se il trend dovesse proseguire, Milano chiuderebbe l’anno con un bilancio peggiore rispetto al precedente. La media delle concentrazioni di Pm10 - le particelle più pericolose per la salute - è passata da 29 a 30 microgrammi per metro cubo d’aria, confermando un’inversione di tendenza dopo anni di lento calo.






