2023-03-23
«Fermiamo gli sbarchi con il blocco navale»
Giorgia Meloni alla Camera in vista del Consiglio Ue di oggi: «Non ho mai cambiato idea, dovrà essere europeo e condiviso con la Libia». Matteo Piantedosi firma un accordo con la Costa d’Avorio contro i trafficanti di uomini. Malumore Lega sulle armi a Kiev: ministri assenti.Conftrasporto lancia l’allarme sul presunto rischio di ridimensionamento del corpo.Lo speciale contiene due articoli«Non ho mai cambiato idea sul blocco navale, voglio ancora una missione europea in accordo con le autorità africane per bloccare le partenze». In una seduta più calda e indisciplinata di quella di martedì al Senato, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha parlato nell’aula di Montecitorio in modo ancora più chiaro all’Europa sul dossier migranti. E lo ha fatto rivendicando uno dei cardini della campagna elettorale, che gli avversari avevano accusato di aver sacrificato sull’altare della realpolitik.Invece, proprio alla vigilia di un Consiglio Ue che rischia di risolversi nell’ennesima bolla di sapone e all’indomani di una telefonata con la leader della Commissione, Ursula von der Leyen, incentrata sulle misure per contrastare l’emergenza sbarchi clandestini, Meloni è tornata all’attacco, intensificando il pressing su Bruxelles affinché assuma finalmente iniziative concrete. «Ci accusavate di voler instaurare da soli un blocco navale», ha affermato il premier in sede di replica guardando la parte sinistra dell’emiciclo, «ma io ho sempre detto che andava istituito con le autorità europee in accordo con quelle africane. Io non ho cambiato idea». «Fermare le partenze illegali», ha spiegato ancora Meloni, «è il lavoro che il governo sta cercando di fare con un piano articolato rispetto al quale non mi sono chiare le alternative che vengono proposte».A questo punto, il riferimento diretto al vertice europeo di oggi e domani: «Vedremo cosa la Commissione riferirà, c’è tantissimo lavoro da fare». Meloni ha ribadito che quelle del nostro Paese a Bruxelles sono «proposte ragionevoli», dunque non vi dovranno essere alibi dalla controparte europea: «Se si riesce a limitare i movimenti primari è più facile governare i movimenti secondari, perché non possiamo neanche accettare che l’Italia sia il campo profughi d’Europa. È una posizione di buonsenso su cui ho trovato un approccio interessato, tanto che questo cambio di paradigma è nelle conclusioni dell’ultimo Consiglio Ue». Viceversa, per il premier, dalle opposizioni «non si è capito quale sia la proposta alternativa: sento parlare di Dublino che sicuramente va rivisto ma non è la soluzione per l’Italia, serve un approccio più globale, che non può prescindere dal dialogo con Paesi africani».E a questo proposito, proprio perché il Consiglio Ue di oggi non ha formalmente all’ordine del giorno il contenimento degli sbarchi illegali e la difesa delle frontiere esterne europee ma solo un «aggiornamento» sul tema sollecitato previa lettera ai 27 dalla von der Leyen, la via che sta perseguendo il governo è quella degli accordi bilaterali coi Paesi da cui i migranti provengono.È il caso della Costa d’Avorio, dalla quale sono arrivati la maggior parte di migranti sbarcati illegalmente sulle nostre coste nel primo trimestre di quest’anno (circa 3.500 su 20.000) e nella quale è volato in missione il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, negli ultimi due giorni. Alla base della visita, la sottoscrizione di una serie di accordi di cooperazione, mirati ad aumentare l’efficacia del controllo delle frontiere interne africane e dell’attività dei trafficanti di essere umani, oltre ovviamente ad accordi di sostegno economico.Tornando a Montecitorio, va detto che nei corridoi di Palazzo, mentre si svolgeva l’informativa, ha tenuto banco per tutta la mattinata il caso dei ministri leghisti non presenti sui banchi del governo. Un evento in cui molti hanno visto una certa insofferenza del Carroccio per la posizione espressa al Senato da Meloni sull’invio di armi a Kiev, sottolineata in chiaro martedì dall’intervento del capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo. Il tema della linea che il nostro Paese deve assumere nel medio termine rispetto al conflitto ucraino, in ogni caso, resta sul tavolo, come testimoniato dalle presenze bipartisan (tranne Fratelli d’Italia) a un convegno che si è tenuto nei pressi di Montecitorio organizzato da «Avvocatura in missione», nel corso del quale sia Romeo sia altri esponenti politici hanno ribadito l’esigenza di andare oltre la fornitura di armi e l’ex-sindaco di Roma Gianni Alemanno ha prospettato l’idea di un referendum antiguerra.In ogni caso, per la Lega sono stati presenti alla seduta i ministri dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, e quello per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, che hanno dato vita a una sorta di «staffetta». A incalzare la maggioranza su questo, in apertura di seduta, il leader del Terzo polo, Carlo Calenda, mentre il capogruppo del Carroccio alla Camera, Riccardo Molinari, interpellato dai giornalisti, minimizzava rispondendo che «non c’è alcun problema politico» e che «i ministri avranno altri impegni», riferendosi in particolare al vicepremier Matteo Salvini impegnato al Mit e a quello dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, «impegnatissimo sulle crisi bancarie».Al netto delle fibrillazioni, al momento del voto delle risoluzioni nessuna sorpresa, col documento di maggioranza approvato senza problemi e quello del Terzo polo parzialmente votato anche dal centrodestra. Opposizioni anche stavolta in ordine sparso. Con il leader del M5s, Giuseppe Conte, protagonista dell’ennesima gaffe: «I vostri esperti manager che motivano la squadra citando il discorso di Benito Mussolini all'indomani del delitto Andreotti... Matteotti, scusate», ha detto l’ex premier.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/fermiamo-gli-sbarchi-con-il-blocco-navale-2659639168.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="giu-le-mani-dalla-guardia-costiera-non-bisogna-toglierle-funzioni" data-post-id="2659639168" data-published-at="1679517410" data-use-pagination="False"> Giù le mani dalla Guardia costiera. «Non bisogna toglierle funzioni» L’allarme proviene da Conftrasporto, che ne ha fatto oggetto di una breve nota diffusa nei giorni scorsi, al sentore di intenzioni, non meglio precisate, di ridefinire il ruolo della Guardia costiera. E così Conftrasporto e le sue federazioni Assarmatori, Federagenti, Federlogistica e Fise Uniport hanno manifestato al Comandante generale del corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera, ammiraglio Nicola Carlone, la loro «preoccupazione» rispetto a queste notizie durante l’assemblea pubblica di Federagenti. Il corpo, scrivono nella nota, «con la propria autonomia operativa e la professionalità delle sue donne e dei suoi uomini, ha sempre rappresentato un’eccellenza nel garantire la sicurezza in mare e il rispetto di tutte le norme internazionali e nazionali che regolano le attività marittime e portuali. Ci appelliamo dunque al governo affinché non si modifichi l’attuale equilibrio relativo alla governance della blue economy, manifestando totale appoggio al delicato lavoro del corpo e del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti». Non è ancora chiaro, da queste anticipazioni, quali funzioni e attività s’intenderebbe togliere alle capitanerie di porto e a chi sarebbero attribuite. Non è certo da escludere che vi sia chi cerca di rivendicare un ruolo che l’istituzione della Guardia costiera ha frustrato. Ricordo, essendomi occupato per incarico dell’allora ministro della Marina mercantile, Giovanni Prandini, di predisporre gli atti relativi alla istituzione di questo speciale reparto delle capitanerie di porto, quanti ostacoli venivano frapposti da alcuni corpi dello Stato in quel momento non disponibili ad individuare, come si voleva, forme di collaborazione coordinate in relazione alle varie esigenze del controllo della navigazione e delle attività lecite e illecite che si svolgono in mare, questione non di poco conto per l’Italia che ha una notevole estensione delle coste e una rilevante attività peschereccia e di navigazione da trasporto e da diporto, considerata anche la rilevante attività turistica che vede impegnate importanti compagnie di navigazione, italiane e straniere. Ci fu perfino chi indusse il presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, a esprimere dubbi sulla legittimità del provvedimento istitutivo della Guardia costiera. Cosa che il presidente, uomo di buon senso e fine giurista, superò quando gli furono spiegate le ragioni della istituzione di questo speciale reparto, nel rispetto del Codice della navigazione e della normativa convenzionale sulla navigazione e sulla salvaguardia della vita umana in mare. L’ipotesi, che mi auguro, destituita di fondamento, nasce nel clima delle polemiche alimentate dalle sinistre che speculano senza vergogna sulle salme raccolte a riva, a Cutro, soprattutto sui bambini morti, fidando dei sentimenti degli italiani, certamente buoni e capaci di piangere quelle vite spezzate, ma non incapaci di far di conto e di constatare che se nei giorni precedenti ed in quelli successivi la Guardia costiera ha salvato centinaia di migranti in procinto di annegare, non è possibile immaginare, neppure per ipotesi, che ci sia stata «disattenzione» per il naufragio sulle rive di Calabria. Non ha certamente bisogno di difensori d’ufficio la Guardia Costiera. Dicono del suo impegno la contabilità dei salvataggi in mare, spesso in condizioni meteomarine estreme, come abbiamo visto in mille filmati delle televisioni, quando il trasbordo dei naufraghi da imbarcazioni dove sono ammassate molte decine di persone è opera ai limiti dell’umano che per gli uomini e le donne delle capitanerie di porto costituisce un dovere, come per ogni marinaio, ben prima che lo impongano le convenzioni internazionali. E questo dice inequivocabilmente che il naufragio del barcone di migranti sulla spiaggia di Cutro è stato conseguenza di una manovra sbagliata a pochi metri dalla battigia a causa di un ostacolo che il pilota inesperto e privo di mezzi di diagnosi dei fondali non era stato in condizione di prevedere. Naturalmente, a parte l’opposizione alla ricerca di visibilità, c’è anche chi, tra le istituzioni, pensa di fare i conti con questa articolazione delle capitanerie di porto che si è conquistata un’immagine di grande efficienza e, forse, ha oscurato di fatto il ruolo di altri.
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)
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