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2025-03-05
Felice Casorati: Milano lo celebra con una grande mostra a Palazzo Reale
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Ritratto di Cesarina Gurgo Salice o Ritratto di signora, 1922, olio su tavola, 72 x 60 cm. Collezione privata. Photo Credit: Andrea Guermani. © Felice Casorati by SIAE
Sarà che la sottoscritta ha un debole per il Realismo Magico e la pittura metafisica e surrealista, sarà che Felice Casorati è tra i miei artisti prediletti (insieme a Giorgio De Chirico, Carlo Carrà, Renè Magritte e Salvador Dalì), personalmente credo che la grande monografica allestita nelle sale di Palazzo Reale non solo sia tra le mostre «imperdibili » del 2025, ma tra le «imperdibili » in senso assoluto.
Pittore (innanzitutto), ma anche grafico, scenografo, architetto, scultore e - come lui stesso amava dire - posseduto dal «demone della musica al pari di quello della pittura» Felice Casorati (Novara,1883 - Torino,1963) torna nel capoluogo meneghino dopo 35 anni di assenza. E lo fa in modo trionfale, con oltre cento pezzi esposti in 14 sale, un allestimento prezioso nella sua semplicità di tinte pastello , perfettamente in sintonia con la sobrietà elegante dei capolavori esposti. Con i ritratti soprattutto, enigmatici e misteriosi, inquieti e melanconici, calati in una dimensione atemporale, di attesa perenne e di smarrimento, occhi grandi che sembrano scrutare chi li osserva, sorrisi indecifrabili, pose statiche, contorni definiti. Come il Ritratto di Renato Gualino o il Ritratto di Signora o, ancora, la maestosa Silvana Cenni, ieratica figura femminile ritratta seduta su una sedia coperta da un panno decorato e con lo sguardo rivolto verso il basso. Un’opera di struggente e straordinaria bellezza , un’ icona metafisica ispirata alla misura classica quattrocentesca e alle pale d’altare di Piero della Francesca.
Un percorso espositivo suggestivo e coinvolgente, che si apre con il Ritratto della Sorella Elvira (esposto alla Biennale di Venezia del 1907) e si chiude con un gruppo di scenografie realizzate per il Teatro alla Scala, segno tangibile di quanto fosse forte il legame fra Casorati e Milano, la città vivace e ricca di fermenti che, negli anni Venti, gli aprì le porte al mercato dell’arte. In mezzo, a coprire un lasso di tempo che va dai primi del ‘900 agli anni ’50, i momenti salienti della sua carriera e i temi pittorici più ricorrenti: le allegorie, le maschere, le conversazioni, la malinconia e, infine, le nature morte (uova e limoni in particolare), tipiche dell’«ultimo Casorati». Fra i pezzi forti dell’esposizione, raramente visibile dal grande pubblico, l’ Annunciazione, un’opera del 1927 in cui il divino si manifesta sotto forma di donna (due per la precisione), tra una luce naturalissima e la geometria complessa ed enigmatica dello spazio.
Davanti a un quadro, diceva Casorati, «vorrei poter arrestare il corso del pensiero e aprire, aprire al massimo gli occhi». In pratica, quello che succede visitando la retrospettiva milanese che, come hanno ben sottolineato i curatori (Giorgina Bertolino, Fernando Mazzocca e Francesco Poli) «… è stata pensata per trasportare i visitatori all’interno dell’universo poetico di Casorati, invitandoli a immergersi nei suoi ambienti (gli interni e lo studio, teatro concettuale della sua intera poetica), conducendoli tra le figure pensose e malinconiche, emblemi riflessivi di un’umanità partecipe e di una profonda filosofia esistenziale. Le sale di Palazzo Reale costituiscono il contesto aulico perfetto per ricostruire la dimensione silenziosa, fatta di pause, contrappunti e vuoti, emanata dalle opere stesse».
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Sospeso fra Simbolismo e Realismo Magico, ma con una cifra stilistica unica e inconfondibile, a 35 anni dall’ultima esposizione Milano torna a celebrare l’arte di Felice Casorati con una grande monografica di oltre 100 opere. Tra pitture, sculture, bozzetti e opere grafiche, dagli esordi dei primi anni del Novecento fino agli anni Cinquanta, la mostra racconta la parabola artistica e di vita di uno degli artisti più noti del XX° secolo.Sarà che la sottoscritta ha un debole per il Realismo Magico e la pittura metafisica e surrealista, sarà che Felice Casorati è tra i miei artisti prediletti (insieme a Giorgio De Chirico, Carlo Carrà, Renè Magritte e Salvador Dalì), personalmente credo che la grande monografica allestita nelle sale di Palazzo Reale non solo sia tra le mostre «imperdibili » del 2025, ma tra le «imperdibili » in senso assoluto. Pittore (innanzitutto), ma anche grafico, scenografo, architetto, scultore e - come lui stesso amava dire - posseduto dal «demone della musica al pari di quello della pittura» Felice Casorati (Novara,1883 - Torino,1963) torna nel capoluogo meneghino dopo 35 anni di assenza. E lo fa in modo trionfale, con oltre cento pezzi esposti in 14 sale, un allestimento prezioso nella sua semplicità di tinte pastello , perfettamente in sintonia con la sobrietà elegante dei capolavori esposti. Con i ritratti soprattutto, enigmatici e misteriosi, inquieti e melanconici, calati in una dimensione atemporale, di attesa perenne e di smarrimento, occhi grandi che sembrano scrutare chi li osserva, sorrisi indecifrabili, pose statiche, contorni definiti. Come il Ritratto di Renato Gualino o il Ritratto di Signora o, ancora, la maestosa Silvana Cenni, ieratica figura femminile ritratta seduta su una sedia coperta da un panno decorato e con lo sguardo rivolto verso il basso. Un’opera di struggente e straordinaria bellezza , un’ icona metafisica ispirata alla misura classica quattrocentesca e alle pale d’altare di Piero della Francesca.Un percorso espositivo suggestivo e coinvolgente, che si apre con il Ritratto della Sorella Elvira (esposto alla Biennale di Venezia del 1907) e si chiude con un gruppo di scenografie realizzate per il Teatro alla Scala, segno tangibile di quanto fosse forte il legame fra Casorati e Milano, la città vivace e ricca di fermenti che, negli anni Venti, gli aprì le porte al mercato dell’arte. In mezzo, a coprire un lasso di tempo che va dai primi del ‘900 agli anni ’50, i momenti salienti della sua carriera e i temi pittorici più ricorrenti: le allegorie, le maschere, le conversazioni, la malinconia e, infine, le nature morte (uova e limoni in particolare), tipiche dell’«ultimo Casorati». Fra i pezzi forti dell’esposizione, raramente visibile dal grande pubblico, l’ Annunciazione, un’opera del 1927 in cui il divino si manifesta sotto forma di donna (due per la precisione), tra una luce naturalissima e la geometria complessa ed enigmatica dello spazio.Davanti a un quadro, diceva Casorati, «vorrei poter arrestare il corso del pensiero e aprire, aprire al massimo gli occhi». In pratica, quello che succede visitando la retrospettiva milanese che, come hanno ben sottolineato i curatori (Giorgina Bertolino, Fernando Mazzocca e Francesco Poli) «… è stata pensata per trasportare i visitatori all’interno dell’universo poetico di Casorati, invitandoli a immergersi nei suoi ambienti (gli interni e lo studio, teatro concettuale della sua intera poetica), conducendoli tra le figure pensose e malinconiche, emblemi riflessivi di un’umanità partecipe e di una profonda filosofia esistenziale. Le sale di Palazzo Reale costituiscono il contesto aulico perfetto per ricostruire la dimensione silenziosa, fatta di pause, contrappunti e vuoti, emanata dalle opere stesse».
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Tra Natale ed Epifania il turismo italiano supera i 7 miliardi di euro di giro d’affari. Crescono presenze, viaggi interni ed esperienze artigianali, con città d’arte e montagne in testa alle preferenze.
Le settimane comprese tra il Natale e l’Epifania si confermano uno dei momenti più redditizi dell’anno per il turismo italiano. Secondo le stime di Cna Turismo e Commercio, il giro d’affari generato tra feste, fine anno e Befana supera i 7 miliardi di euro. Un risultato che non fotografa soltanto l’andamento economico del settore, ma racconta anche un’evoluzione nelle scelte e nelle aspettative dei viaggiatori.
Nel periodo festivo sono attesi oltre 5 milioni di turisti che trascorreranno almeno una notte in una struttura ricettiva: circa 3,7 milioni sono italiani, mentre 1,3 milioni arrivano dall’estero. A questi si aggiunge una platea ben più ampia di persone in movimento: oltre 20 milioni di individui si sposteranno per escursioni giornaliere, soggiorni nelle seconde case o visite a parenti e amici.
Per quanto riguarda i flussi internazionali, la componente europea resta prevalente, con arrivi soprattutto da Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. Fuori dal continente, si segnalano presenze significative da Stati Uniti, Canada e Cina. Le preferenze delle destinazioni confermano una tendenza ormai consolidata. In cima alle scelte ci sono le città e i borghi d’arte, seguiti dalle località di montagna. Due modi diversi di vivere le vacanze natalizie: da un lato l’attrazione per il patrimonio culturale, i mercatini e le atmosfere urbane illuminate dalle feste; dall’altro la ricerca della neve, degli sport invernali e di un contatto più diretto con l’ambiente naturale.
Alla base di questo successo concorrono diversi fattori. L’Italia continua a esercitare un forte richiamo quando si parla di tradizioni natalizie: dai presepi, in particolare quelli napoletani, ai mercatini dell’arco alpino, passando per i centri storici addobbati e le celebrazioni religiose che trovano a Roma uno dei loro punti centrali. Un insieme di elementi che costruisce un’offerta culturale difficilmente replicabile. Proprio la dimensione religiosa e identitaria del Natale italiano rappresenta un elemento di attrazione per molti visitatori nordamericani e per i turisti provenienti da Paesi di tradizione cattolica, spesso alla ricerca di un’esperienza percepita come più autentica rispetto a celebrazioni considerate eccessivamente commerciali. A questo si aggiunge la varietà climatica del Paese: temperature più miti al Sud e nelle isole per chi vuole evitare il freddo, condizioni ideali sulle Alpi per gli amanti dello sci e della montagna. Un segnale particolarmente rilevante arriva dalla crescita delle cosiddette esperienze, soprattutto quelle legate all’artigianato. Sempre più viaggiatori scelgono di affiancare alla visita dei luoghi la partecipazione diretta ad attività tradizionali: dalla preparazione della pasta fresca alle lavorazioni del vetro di Murano, fino alla ceramica umbra e toscana. È un approccio che indica un cambiamento nel modo di viaggiare, meno orientato alla semplice osservazione e più alla partecipazione.
Questo interesse incrocia diverse tendenze attuali: il bisogno di autenticità in un contesto sempre più standardizzato, la volontà di riportare a casa un’esperienza che vada oltre il souvenir e l’attenzione verso il “saper fare” italiano, riconosciuto come patrimonio immateriale di valore internazionale.
Sul piano economico incidono anche fattori più generali. La ripresa del potere d’acquisto delle classi medie in Europa e negli Stati Uniti, dopo anni di incertezza, ha sostenuto la propensione alla spesa per le vacanze. Il rafforzamento del dollaro favorisce i turisti statunitensi, mentre la fase di stabilizzazione successiva alla pandemia ha contribuito a ricostruire la fiducia nei viaggi. Il periodo natalizio rappresenta inoltre uno degli esempi più riusciti di destagionalizzazione, obiettivo perseguito da tempo dagli operatori del settore. Le strutture ricettive registrano livelli di occupazione elevati in settimane che in passato erano considerate marginali. Anche i collegamenti giocano un ruolo chiave: l’espansione dei voli low cost e il miglioramento dell’offerta ferroviaria rendono più accessibili non solo le grandi città, ma anche destinazioni meno centrali, favorendo una distribuzione più ampia dei flussi.
Accanto ai dati positivi emergono però alcune criticità. La concentrazione dei visitatori rischia di mettere sotto pressione alcune mete, mentre altre restano ai margini. Il turismo di prossimità, rappresentato dai milioni di italiani che si spostano senza pernottare in alberghi o strutture ricettive, costituisce un bacino ancora parzialmente inesplorato. Allo stesso tempo, la crescente domanda di esperienze personalizzate richiede investimenti in formazione e una maggiore integrazione tra operatori locali.
Le festività di fine anno restano comunque un motore fondamentale per l’economia del turismo, in grado di coinvolgere l’intera filiera: ristorazione, artigianato, trasporti e offerta culturale. Un patrimonio che, per continuare a produrre risultati nel tempo, richiede una strategia capace di innovare senza snaturare quell’autenticità che rappresenta il vero punto di forza del sistema italiano.
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I computer che guidano i mezzi non sono più stati in grado di calcolare come muoversi anche perché i sensori di bordo leggono lo stato dei semafori e questi erano spenti. Dunque Waymo in sé non ha alcuna colpa, e soltanto domenica pomeriggio è stato ripristinato il servizio. Dunque questa volta non c’è un problema di sicurezza per gli occupanti e neppure un pericolo per chi si trova a guidare, piuttosto, invece, c’è la dimostrazione che le nuove tecnologie sono terribilmente dipendenti da altre: in questo caso il rilevamento delle luci dei semafori, indispensabili per affrontare gli incroci e le svolte. Qui si rivela la differenza tra l’umano che conduce la meccanica e l’intelligenza artificiale: innanzi a un imprevisto, seppure con tutti i suoi limiti e difetti, un essere umano avrebbe improvvisato e tentato una soluzione, mentre la macchina (fortunatamente) ha obbedito alle leggi di controllo. Il problema non ha coinvolto i robotaxi Tesla, che invece agiscono con sistemi differenti, più simili ai ragionamenti umani, ovvero sono più indipendenti dalle infrastrutture della circolazione. Naturalmente Waymo può trarre da questo evento diverse considerazioni. La prima riguarda l’effettiva dipendenza del sistema di guida dalle infrastrutture esterne; la seconda è la valutazione di come i mezzi automatizzati hanno reagito alla mancanza di informazioni. Infine, come sarà possibile modificare i software di controllo affinché, qualora capiti un nuovo incidente tecnico, le auto possano completare in sicurezza il servizio. Dall’esterno della vicenda è invece possibile valutare anche altro: le tecnologie digitali applicate alle dinamiche automobilistiche non sono ancora sufficientemente autonome. Sia chiaro, lo stesso vale per navi e aeroplani, ma mentre per questi ultimi gli algoritmi dei droni stanno già portando a una ricaduta di tecnologia che viene trasferita ai velivoli pilotati, nel campo automobilistico c’è ancora molto lavoro da fare. Proprio ieri, sempre negli Usa, il pilota di un velivolo King Air da nove posti è stato colpito da un malore. La chiamano “pilot incapacitation” e a bordo non c’era nessun altro che potesse prendere il controllo e atterrare. Ed è qui che la tecnologia ha salvato aeroplano e occupanti: il passeggero che sedeva accanto all’uomo ha premuto il tasto del sistema “Autoland”, l’autopilota ha scelto la pista idonea per lunghezza più vicina alla posizione dell’aereo e alla rotta percorsa, ha avvertito il centro di controllo e anche messo il passeggero nelle condizioni di dichiarare la necessità di un’ambulanza sul posto. L’alternativa sarebbe stato un disastro aereo con diverse vittime. La notizia potrebbe sembrare senza alcuna correlazione con quanto accaduto a San Francisco, ma così non è: il produttore del sistema di navigazione dell’aeroplano è Garmin, ovvero il medesimo che fornisce navigatori al settore automotive. E che prima o poi vedremo fornire uno dei suoi prodotti a qualche costruttore di automobili.
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Era inoltre il 22 dicembre, quando il Times of Israel ha riferito che «Israele ha avvertito l'amministrazione Trump che il corpo delle Guardie della rivoluzione Islamica dell'Iran potrebbe utilizzare un'esercitazione militare in corso incentrata sui missili come copertura per lanciare un attacco contro Israele». «Le probabilità di un attacco iraniano sono inferiori al 50%, ma nessuno è disposto a correre il rischio e a dire che si tratta solo di un'esercitazione», ha in tal senso affermato ad Axios un funzionario di Gerusalemme.
Tutto questo, mentre il 17 dicembre il direttore del Mossad, David Barnea, aveva dichiarato che lo Stato ebraico deve «garantire» che Teheran non si doti dell’arma atomica. «L'idea di continuare a sviluppare una bomba nucleare batte ancora nei loro cuori. Abbiamo la responsabilità di garantire che il progetto nucleare, gravemente danneggiato, in stretta collaborazione con gli americani, non venga mai attivato», aveva detto.
Insomma, la tensione tra Gerusalemme e Teheran sta tornando a salire. Ricordiamo che, lo scorso giugno, le due capitali avevano combattuto la «guerra dei dodici giorni»: guerra, nel cui ambito gli Stati Uniti avevano colpito tre siti nucleari iraniani, per poi mediare un cessate il fuoco con l’aiuto del Qatar. Non dimentichiamo inoltre che Trump punta a negoziare un nuovo accordo sul nucleare di Teheran con l’obiettivo di scongiurare l’eventualità che gli ayatollah possano conseguire l’arma atomica. Uno scenario, quest’ultimo, assai temuto tanto dagli israeliani quanto dai sauditi.
Il punto è che le rinnovate tensioni tra Israele e Teheran si stanno verificando in una fase di fibrillazione tra lo Stato ebraico e la Casa Bianca. Trump è rimasto irritato a causa del recente attacco militare di Gerusalemme a Gaza, mentre Netanyahu non vede di buon occhio la possibile vendita di caccia F-35 al governo di Doha. Bisognerà quindi vedere se, nei prossimi giorni, il dossier iraniano riavvicinerà o meno il presidente americano e il premier israeliano.
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