2023-05-29
Fazio chiude bottega con l’ennesima frigna contro la destra
Ultima puntata di Che tempo che fa con sermone di Michele Serra: «Ingerenze sulla Rai». Massimo Gramellini prossimo «martire»?Sorge - ma solo a tratti - il dubbio che ci credano davvero, poveri loro. A leggere ciò che scrivono e a sentire ciò che dicono, sembrano davvero convinti di essere eroici combattenti per la libertà in lotta contro un regime feroce e oppressivo. Una dittatura fascista che cova piani tremendi per il futuro della nazione e soprattutto della Rai. A descrivere una di queste oscure trame è stata ieri Repubblica, sforando ampiamente nel grottesco. Sentite qua: il governo vorrebbe occupare «ogni ganglio catodico come premessa per sterzare a destra il discorso pubblico, deformando non solo l’informazione, ma in prospettiva anche gli altri prodotti: fiction, film e documentari, da realizzare secondo una logica revisionista più in sintonia con la maggioranza politica della nazione». Capito come? Se la destra mette qualcuno dei suoi significa che era deformando, pervertendo, deviando. In che cosa consista tale deviazione è presto detto. Così riassume Repubblica: «Tutti maschi alla cloche dei telegiornali. Il ritorno di Miss Italia in prima serata su Rai Uno, dove dopo un decennio si rivedranno ragazze in costume da bagno a contendersi il titolo di reginetta di bellezza. La nascita di un grande polo statale di produzione dell’audiovisivo per “cucinare” in casa il meglio del repertorio sovranista».Davvero mostruoso. Miss Italia in prima serata? Come osano? In costume da bagno, poi? Sia chiaro: se si scorge una tetta in tv deve essere per lo meno fluida, con capezzolo emancipato e transfemminista. Ma ciò che davvero sconcerta i cari progressisti è l’idea di un polo audiovisivo: guai se si produrranno film e serie tv come la Rai faceva negli anni d’oro. Meglio comprarli da fuori, così ci penseranno Netflix e altri a garantire che ogni fotogramma sia ideologicamente corretto. Davvero, amici, è un incubo vivere così. Con la convinzione di essere accerchiati da gente che vuole strapparti ciò che ti spetta di diritto e che la natura ti ha assegnato: il predominio sui pensieri degli altri, e il potere di orientarli. Massimo Gramellini, per dire, proprio non riesce a darsi pace. Durante l’ultima puntata della stagione del suo programma Parole, su RaiTre, ha sentito il dovere di spiegare al mondo che cosa sia il pluralismo dell’informazione. «Un grande dirigente Rai del passato una volta mi disse che il servizio pubblico non consiste nell’avere tutti i racconti della realtà dentro lo stesso programma, ma nella possibilità di scegliere tra più programmi che raccontino la realtà in modo diverso», ha detto con tono solenne. Ogni spettatore, pagando il canone, finanzia non solo la propria libertà di scelta, ma anche quella degli altri. Sacrosanto: il canone lo pagano tutti, e tutti dovrebbero trovare in televisione qualcosa che giustifichi la spesa. In realtà basterebbe molto poco per fare in modo che il servizio pubblico tornasse realmente rappresentativo non di tutte le parti politiche ma, semplicemente, della realtà. Basterebbero un pizzico più di indipendenza intellettuale, un filo di servilismo in meno, un grammo di dignità in più. Il nuovo governo sarebbe senz’altro in grado di garantire tutto ciò. Resta da vedere se avrà la voglia e il coraggio di farlo, cosa per nulla scontata. Ciò di cui siamo certi, però, è che indipendenza e dignità Fazio e il suo giro di sodali non li hanno garantiti mai. Nel loro caso scomodare concetti come l’egemonia culturale, il pluralismo eccetera è persino ridicolo. Qui non abbiamo martiri e nemmeno, in fondo, orgogliosi militanti politici. Abbiamo invece ben più tristi fenomeni che da decenni occupano posti di potere, gestendo lo spazio pubblico a loro piacimento. Non sono stati cacciati da nessuno, ma hanno lasciato forti di robusti paracadute già ben posizionati sulla schiena, e il pianto in cui da giorni si sciolgono è funzionale alle loro nuove opportunità di carriera. Fazio lo sa bene. E infatti ieri sera ha approfittato dell’ultima puntata di Che tempo che fa per confezionarsi l’ultimo spot lacrimevole prima di chiudere la porta. Breve cronaca. Applausi commossi dal pubblico in studio fin dai primi istanti e subito si parte col sermone di Michele Serra sulla politica che non deve mettere le mani sulla Rai (ovviamente non deve farlo solo quando la temibile «ingerenza» danneggia Fazio e Serra, mica quando l’ingerenza li favorisce). L’ex direttore di Cuore col fegato dolente dà il meglio di sé scomodando addirittura Topo Gigio: «Era di destra o di sinistra?», ironizza. Come a dire: che scemi questi di destra che stanno lì col bilancino. Divertente, come no. Solo che qui non si tratta di Topo Gigio ma di Topo Fazio, il quale sappiamo benissimo da che parte sia schierato: da quella del suo portafogli, con qualche richiamo al Pd. E casomai ci fossimo dimenticati le sue simpatie, ci ha pensato lui stesso a ricordarcele ieri, imbastendo uno spettacolo in grande stile. Dopo Serra arriva Roberto Saviano che spiega Céline, roba che solo a scriverla ci vergogniamo. Segue un bel dibattito sui temi caldi della politica. E visto che, come dice Serra, non bisogna guardare alle appartenenze politiche, ecco che a dibattere ci sono Ferruccio De Bortoli, Marco Damilano e Annalisa Cuzzocrea. Non si negano nulla: qualche menata sul clima che cambia e i negazionisti come Lucio Malan; altre menate su Chiara Colosimo, Ciavardini, la destra, il Msi e il terrorismo; ulteriori menate sulla flat tax e la trans manganellata a Milano (vicenda paragonata al G8 di Genova, niente meno); menate iperboliche contro l’etnia, il sovranismo e il nazionalismo. Ci mancava solo che Fazio guardasse in camera e gridasse: «Elly, ricordati degli amici!». Non sono sfuggiti, in ogni caso, i ripetuti accenni del conduttore al suo prossimo ritorno in video, giusto per rammentare al pubblico che dovrà seguirlo altrove, così come l’appello a Marco Damilano perché «resista» e «non faccia scherzi». Chissà, forse Fabio e i suoi Compagnucci ci credono davvero. Credono di essere eroi e credono che esista il complotto fascista, un piano meloniano da contrastare creando le Brigate Fazio. Facciano pure: ciascuno ha diritto di dare un senso alla propria esistenza come può. Evitino però i toni drammatici: qui non c’è alcun cambio di egemonia, non c’è alcuna Kulturkampf. Al massimo, c’è la fine (momentanea?) di una intollerabile occupazione di spazio pubblico che non ha danneggiato «la destra» bensì l’Italia. Un futuro diverso e più libero è da costruire, e forse non lo vedremo mai. Intanto però abbiamo qualche piagnucoloso privilegiato in meno. Piccole soddisfazioni, ma di questi tempi ci si accontenta. Ah, Topo Gigio resti pure. Magari a Che tempo che fa ci possono mandare lui.
(Totaleu)
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