2023-01-21
Favoreggiamento dell’immigrazione: reato pure senza accordi Ong-scafisti
Non è necessario un patto, basta che singoli agiscano in modo tale da far realizzare il fatto illecito. Ma le Procure dormono.Dagli atti del procedimento penale condotto dalla Procura della Repubblica di Trapani nei confronti di esponenti di talune Ong per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina emerge - come riferito nei giorni scorsi da La Verità - che le medesime Ong, nell’effettuare le operazioni di soccorso in mare dei migranti provenienti dalle coste libiche, avrebbero agito d’intesa con scafisti, rimasti ignoti, che organizzavano le partenze. Di qui la ritenuta configurabilità del suddetto reato a carico degli attuali imputati.Ciò non significa, però, che il reato possa dirsi sussistente solo quando vi sia la prova di un previo accordo tra «soccorritori» e scafisti. Esiste, infatti, un principio assolutamente pacifico, costantemente enunciato dalla Cassazione, secondo cui, per potersi affermare la corresponsabilità (il cosiddetto «concorso») di più persone nel medesimo reato non è affatto necessario che esse si siano preventivamente messe d’accordo per commetterlo, ma è sufficiente che ciascuna abbia operato per far sì che il reato venisse realizzato, nella consapevolezza che altri, anche se del tutto sconosciuti, abbiano anch’essi indipendentemente operato allo stesso scopo. Nel caso, quindi, del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, il «concorso» dei «soccorritori» con gli scafisti sussiste per il solo fatto che i primi abbiano predisposto il loro intervento ben sapendo che gli altri, anche se di loro esclusiva iniziativa, lo avrebbero reso necessario, in vista del comune obiettivo costituito dal trasferimento dei «migranti» dal luogo di provenienza al territorio italiano. Il che è quanto puntualmente avviene, alla luce del sole, in tutte le operazioni di «salvataggio» poste in essere dalle Ong, come del resto pacificamente e pubblicamente ammesso dai loro stessi rappresentanti. E ciò senza contare che, a rigore, il reato in questione sarebbe configurabile anche prescindendo del tutto dall’apporto degli scafisti, come avverrebbe qualora i migranti raccolti dalle Ong per essere condotti in Italia si fossero messi in mare senza essere a ciò indotti o costretti da alcuno.Se così è, si dovrebbe, quindi, di regola, procedere penalmente a carico di tutte le Ong che pongono in essere le suddette operazioni. La ragione per la quale ciò non avviene - secondo quello che si vuol far credere - risiede nel fatto che sarebbe operante la causa di giustificazione prevista dall’articolo 54 del Codice penale, per il quale non è punibile chi abbia commesso un fatto astrattamente qualificabile come reato quando vi sia stato costretto dalla «necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona». E, nel caso dei migranti, il pericolo sarebbe, ovviamente, quello di perdere la vita in mare, in assenza di un tempestivo soccorso che li salvi dal naufragio delle imbarcazioni con le quali si sono allontanati dalla costa.Lo stesso articolo 54 prevede, però, che la causa di giustificazione non operi qualora sia stato lo stesso autore del fatto-reato a dare volontariamente causa al pericolo. E questo è, invece, proprio ciò che si verifica, con ogni evidenza, nel caso delle Ong, dal momento che sono esse stesse a creare il pericolo nel quale vengono poi a trovarsi i migranti, inducendoli, con l’ostentata presenza delle loro navi a breve distanza dalla costa libica, a fare ciò che essi, altrimenti non farebbero (e che, in realtà, non fanno quando quella presenza non c’è): vale a dire avventurarsi in mare con imbarcazioni (gommoni, barconi e simili) chiaramente non in grado di effettuare la traversata del Mediterraneo e quindi destinate a sicuro naufragio. Ciò non significa, naturalmente, che costituisca reato il salvataggio dei migranti. Esso, infatti, è sempre e comunque doveroso, quando ve ne sia la possibilità, anche e soprattutto da parte di soggetti che, come si è appena visto, siano stati essi stessi a creare la condizione di pericolo. Il reato si configura, però, quando si pretende - come appunto fanno le Ong - di condurre i migranti, dopo averli salvati, in Italia (o anche in un altro Paese) al quale essi non abbiano titolo alcuno per accedere. A fondamento di tale pretesa si richiama ancora, tuttavia, sotto altro profilo, la stessa causa di giustificazione dello stato di necessità, sostenendosi che i migranti, se ricondotti nel luogo di partenza, sarebbero ivi esposti a gravi pericoli per i loro diritti fondamentali, a cominciare da quello della stessa vita.Ma anche sotto questo profilo il richiamo allo stato di necessità risulta pretestuoso, dal momento che è sempre il già citato articolo 54 del codice penale a specificare che lo stato di necessità non può essere invocato quando il pericolo che si vuole fronteggiare con la commissione di un reato sia «altrimenti evitabile». E per evitare il pericolo che, nella specie, viene rappresentato - data pure per ammessa la sua effettiva esistenza - non è affatto necessario condurre i «migranti» in Italia o in qualsiasi altro Paese scelto a discrezione del comandante della nave soccorritrice, così commettendosi il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. È invece possibile - e, pertanto, doveroso - l’interpello, da parte dello stesso comandante (o altri per lui) - delle competenti autorità dello Stato di bandiera della nave perché siano esse, ed esse sole, a individuare il porto nel quale far sbarcare i migranti, previo accordo con le autorità del diverso Stato nel cui territorio quel porto, in ipotesi, si trovi.La conclusione è, quindi, a questo punto, molto semplice. L’iniziativa della Procura della Repubblica di Trapani dovrebbe essere non l’eccezione (quale essa è), ma la regola, senza neppure l’esigenza, però, della ricerca di prove circa specifici accordi tra Ong e scafisti o trafficanti, bastando, per la configurabilità del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la condotta che le stesse Ong pongono in essere, come si è detto, alla piena luce del sole. Ma ci sarà qualcuno che provvederà a svegliare la generalità delle Procure dal sonno di Aligi ?