2020-02-20
Fascicolo per truffa sull’Air force del Bullo
L'inchiesta nasce da una costola di quella sul crac di Alitalia sai. Il contratto è stato firmato prima dell'ok del Mef, probabilmente per i «pressanti inviti» di Palazzo Chigi. Sospetti anche sui 90 milioni dati all'ex compagnia di bandiera per il sub leasing.Volle, e volle sempre, e fortissimamente volle un aereo di Stato nuovo. Tutto per sé. Anche se poi la dea sfortuna, con la sconfitta al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 e l'addio a Palazzo Chigi, ha precluso a Matteo Renzi la gioia di utilizzarlo per le sue trasferte intercontinentali. In compenso, per contrappasso, il fato gli ha regalato il patronimico con cui è universalmente conosciuto l'Airbus A340 351 matricola 748: l'Air force Renzi. Oggetto d'indagine, da mesi, della Procura di Civitavecchia che ha già chiuso l'inchiesta madre sulla bancarotta di Alitalia sai con 21 big dell'alta finanza e dell'industria accusati di aver dissanguato la compagnia di bandiera (tra questi Luca Cordero di Montezemolo, Roberto Colaninno, Antonella Mansi e Reginald James Hogan), e che in questo filone sta battendo l'ipotesi della truffa aggravata, come riportato dal Fatto Quotidiano.Il nucleo di polizia economicofinanziaria di Roma, su delega dei pm laziali, ha ricostruito la genesi del contratto di leasing del velivolo, di proprietà della compagnia emiratina Etihad, imbattendosi in circostanze che mal si conciliano con l'accuratezza e la precisione che dovrebbero guidare processi decisionali e amministrativi così complessi che investono i rapporti tra il governo, la compagnia di bandiera e una società del trasporto aereo di un'altra nazione. I finanzieri hanno scoperto infatti che il contratto di leasing dell'Air force Renzi tra ministero della Difesa e Alitalia sai, per fare dell'Airbus di Etihad l'ammiraglia della flotta di Stato, è stato sottoscritto il 29 gennaio 2016 «pur in assenza di una formale autorizzazione da parte del Mef ma con la disponibilità finanziaria formalmente assicurata, in pari data, dal segretario generale della Pcm (presidenza del Consiglio dei ministri)», hanno scritto gli investigatori. Perché questa fretta? Nelle carte che La Verità ha potuto visionare, le Fiamme gialle fanno ripetutamente cenno ai «pressanti inviti» a chiudere velocemente l'accordo arrivati dai piani alti di Palazzo Chigi. Agli atti sono state acquisite le comunicazioni tra l'allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, e il ministro della Difesa, Roberta Pinotti. È il primo a richiedere, a nome del premier Renzi, un nuovo aereo dal momento che i velivoli A319 e F900 erano da considerarsi «ormai obsoleti» e del tutto inadatti per i voli a lunga percorrenza. Vincenti suggerisce, per di più, alla ministra Pinotti anche il percorso da intraprendere per accontentare subito Renzi: non l'acquisto, per il quale il politico romano paventa «un costo di 200/300 milioni di euro», ma un leasing. Strumento da lui considerato (erroneamente) molto più economico. Tant'è che, «nella versione finale del contratto», il prezzo dell'operazione sarà di 167 milioni di euro circa. L'accordo di leasing prevedeva due diverse stipule, peraltro: la prima tra Alitalia ed Etihad per il noleggio del mezzo per otto anni (leasing); la seconda tra Alitalia e ministero della Difesa per la messa a disposizione del velivolo per le esigenze istituzionali del capo dell'esecutivo (sub leasing). Il leasing aveva un valore di circa 74 milioni di dollari mentre il sub leasing quasi del doppio, circa 90 milioni di euro. In pratica, i servizi costavano più dell'aereo. Possibile? Il contratto prevedeva servizi di ingegneria che, pur formalmente in capo ad Alitalia, non potevano da questa essere eseguiti per mancanza di specifica certificazione e che, quindi, venivano rifatturati ad Etihad al secondo giro. Si potevano risparmiare questi soldi? Probabilmente sì, se la nostra compagnia di bandiera si fosse dotata, in tempo, delle attestazioni necessarie e avesse formato adeguatamente ingegneri e personale tecnico. Inoltre, leggendo le carte, quelle poche disponibili che non erano classificate come segrete, la Guardia di finanza si è accorta pure che «il contratto di sub leasing sarebbe antecedente rispetto al contratto di leasing sul medesimo bene e, come affermato dagli stessi legali di Etihad, al momento della sottoscrizione del contratto con il ministero della Difesa italiano, Alitalia sai non aveva la disponibilità del velivolo». Un controsenso.Non l'unico visto che il costo del modello di aereo scelto dalla presidenza del Consiglio, appartenente a una serie già fuori produzione da almeno cinque anni, è stato valutato intorno ai 7 milioni di euro. Come ha avuto modo di dimostrare prima nella cabina di regia tecnica del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, collaborando col ministro Danilo Toninelli, e poi come teste-consulente della polizia giudiziaria, Gaetano Intrieri, uno dei massimi esperti italiani di trasporto aereo, il costo finale dell'Air force Renzi è stato superiore di 24 volte quello che sarebbe stato giusto (e onesto) pagare per comprare direttamente l'aereo. Non è un caso, infatti, che malgrado lo scioglimento del sub leasing da parte di Alitalia, che ha innescato una battaglia giudiziaria davanti al Tar del Lazio per ottenere un congruo risarcimento, Etihad non abbia deciso di «tutelare il proprio patrimonio» riprendendo «il pieno possesso del velivolo». Ha lasciato l'Air force Renzi ad arrugginirsi in un hangar a Fiumicino. Tanto, per quel che vale...