Dare conto all'Agenzia del farmaco delle problematiche post vaccinazione è un rompicapo. Si naviga a vista, nell'opacità.
Dare conto all'Agenzia del farmaco delle problematiche post vaccinazione è un rompicapo. Si naviga a vista, nell'opacità.Non sappiamo quante segnalazioni finiscano ignorate dall'Agenzia italiana del farmaco, che forse nemmeno ne è a conoscenza. I dati pubblicati dall'Aifa non convincono, perché sono inverosimilmente molto più bassi rispetto ai numeri emersi dai trial delle aziende farmacologiche, sponsorizzati per avere l'ok dall'Ema, l'Agenzia europea del farmaco. Anche 1.507 volte in meno di quanto segnalò Moderna, come già riportato dalla Verità. Le 84.322 sospette reazioni avverse dopo la somministrazione di quasi 66 milioni di dosi di vaccino anti Covid in Italia, indicate dall'Aifa nel suo ultimo rapporto, non fotografano la realtà post vaccino nel nostro Paese, perciò non possono tranquillizzare. Ieri l'ospedale pediatrico Meyer di Firenze informava che «sta bene» il ragazzo di 17 anni, ricoverato il 13 agosto per una trombosi dei seni cerebrali dopo aver fatto sei giorni prima la seconda dose di vaccino Pfizer. Abbiamo chiesto se il caso è stato segnalato all'Aifa. «Non ancora, sono in corso accertamenti», è stata la risposta del Meyer. Ennesima conferma di reazioni avverse che finiscono «nel limbo».È proprio l'agenzia regolatoria a ricordarci che «il 97% circa di queste segnalazioni è di tipo spontaneo», quindi nel nostro Paese non funziona ancora la sorveglianza attiva. L'agenzia aggiunge, per chiarire meglio l'assurdità di quanto avviene, che «i database di farmacovigilanza non sono registri clinici, ma raccolte di segnalazioni spontanee di eventi, in cui un segnalatore ritiene che ci possa essere un sospetto di relazione, da approfondire tra vaccinazione ed evento avverso». Le segnalazioni possono essere fatte al medico di base, al centro vaccinale, a un farmacista, alla Asl o direttamente sul portale dell'Aifa, compilando la scheda online su VigiFarmaco.it. Abbiamo provato a riempire i moduli, procedura tutt'altro che semplice, pensata per scoraggiare la persona armata della migliore buona volontà. Oltre al grado di parentela del soggetto di cui si segnala una reazione, devi indicarne la data di nascita, le iniziali di nome e cognome, l'altezza, il peso, il sesso (per fortuna la scelta è solo tra maschio o femmina); si prosegue rispondendo ad altri quesiti del tipo data di insorgenza del sintomo e descrizione del disturbo (come fosse alla portata di tutti), gravità specificando se ha provocato invalidità grave o permanente, ospedalizzazione, pericolo di vita (in una segnalazione spontanea sono richieste troppo tecniche), quanto è durato l'evento e come non bastasse ti dicono di indicare da uno a dieci «quanto ha influito la reazione sulla qualità della vita». Se si ha ancora voglia di proseguire nella compilazione, arriva la parte più grottesca. Bisogna indicare il tipo di farmaco che avrebbe provocato la reazione, precisando se il ruolo svolto era «sospetto» o «concomitante». Se mettete vaccino Covid, chiedono il codice del lotto. Per completare il tutto, è necessario rispondere a un'altra dozzina di domande, mettere il nome del proprio medico, i suoi contatti, i vostri con tutti i riferimenti possibili. Ecco, questa sarebbe la sorveglianza su segnalazione spontanea. Pensate sia finita? Niente affatto. La vostra scheda finirà al centro regionale di farmacovigilanza che deve appurare quanto avete scritto, facendolo verificare, valutando il nesso di casualità. Sarà un medico a certificarne la validità, prima che finisca all'Aifa e quindi in EudraVigilance, il database europeo. Immaginatevi, grazie a questo dualismo tra sistema locale e agenzia regolatoria, quanto tempo ci vorrà perché la segnalazione entri nella Rete nazionale e poi in quella europea. Non solo, trattandosi di vaccini con approvazione d'emergenza, non si conoscono i tempi di reazione avversa. Possono essere 48 ore, una settimana, anche mesi, quindi quale certificazione di «reazione reale» al vaccino potrà mai essere fatta con rigore scientifico? Non esiste un termine di giorni ragionevole entro il quale collocare la reazione, per la maggior parte dei casi si naviga nell'indeterminatezza evitando di registrare la casualità. E non dimentichiamo l'aspetto più importante, ovvero che le decisioni assunte dall'Ema vengono prese in base alle segnalazioni che arrivano. Se tutti gli altri Stati avessero una farmacovigilanza come quella italiana (per fortuna non è così), capite bene che avremmo ben poche speranze di «correzioni» o interventi sui vaccini in base alle reali reazioni avverse che si sono verificate nella popolazione. Navighiamo a vista, senza trasparenza, alimentando in questo modo dubbi, paure e fake news nella caccia ansiogena dell'evento rivelatore delle nefandezze di questi vaccini anti Covid. Sono gli stessi operatori sanitari a nutrire profonde incertezze, come ha documentato tre giorni fa La Verità pubblicando alcuni post dei 99.620 iscritti alla comunità «Coronavirus, Sars-Cov-2 e Covid-19 gruppo per soli medici». Sui social i professionisti condividono esperienze, pongono quesiti, chiedono conferme su come sia meglio agire in presenza di reazioni sospette. Ieri un oculista di Napoli scriveva di aver visto «tre trombosi della vena centrale della retina dopo la somministrazione del vaccino Pfizer», uno dei casi si era manifestato dopo quindici giorni e il suo commento era: «Da quello che so viene considerato evento avverso solo se entro sette o dieci giorni dal vaccino, il che è assurdo». Se questa è l'impressione che circola tra i camici bianchi, figuriamoci che cosa possono pensare i non vaccinati.
Chiara Ferragni (Ansa)
L’influencer a processo con rito abbreviato: «Fatto tutto in buona fede, nessun lucro».
I pm Eugenio Fusco e Cristian Barilli hanno chiesto una condanna a un anno e otto mesi per Chiara Ferragni nel processo con rito abbreviato sulla presunta truffa aggravata legata al «Pandoro Pink Christmas» e alle «Uova di Pasqua-Sosteniamo i Bambini delle Fate». Per l’accusa, l’influencer avrebbe tratto un ingiusto profitto complessivo di circa 2,2 milioni di euro, tra il 2021 e il 2022, presentando come benefiche due operazioni commerciali che, secondo gli inquirenti, non prevedevano alcun collegamento tra vendite e donazioni.
Patrizia De Luise (Ansa)
La presidente della Fondazione Patrizia De Luise: «Non solo previdenza integrativa per gli agenti. Stabiliamo le priorità consultando gli interessati».
«Il mio obiettivo è farne qualcosa di più di una cassa di previdenza integrativa, che risponda davvero alle esigenze degli iscritti, che ne tuteli gli interessi. Un ente moderno, al passo con le sfide delle nuove tecnologie, compresa l’intelligenza artificiale, vicino alle nuove generazioni, alle donne poco presenti nella professione. Insomma un ente che diventi la casa di tutti i suoi iscritti». È entrata con passo felpato, Patrizia De Luise, presidente della Fondazione Enasarco (ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio) dallo scorso 30 giugno, ma ha già messo a terra una serie di progetti in grado di cambiare il volto dell’ente «tagliato su misura dei suoi iscritti», implementando quanto fatto dalla precedente presidenza, dice con orgoglio.
Il ministro Nordio riferisce in Parlamento sulla famiglia Trevallion. L'attacco di Rossano Sasso (Lega): ignorate le situazioni di vero degrado. Scontro sulla violenza di genere.
Ansa
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È la resa totale, definitiva, ufficiale, certificata con timbro digitale e firma elettronica avanzata. La Volkswagen – la stessa Volkswagen che per decenni ha dettato legge nell’industria dell’automobile europea, quella che faceva tremare i concorrenti solo annunciando un nuovo modello – oggi dichiara candidamente che intende spostare buona parte della produzione di auto elettriche in Cina. Motivo? Elementare: in Cina costa tutto la metà. La manodopera costa la metà. Le batterie costano la metà. Le materie prime costano la metà. Persino le illusioni costano la metà.






