2019-03-06
Ci costringono a pagare il farmaco
che fa cambiare sesso ai ragazzini
I medici sono divisi, le conseguenze a lungo termine del trattamento non sono certe, eppure la diffusione del farmaco procede spedita. La comunità gay esulta e la stampa progressista dipinge tutto come una passeggiata, ma a rischiare sono i nostri figli.l servizio sanitario nazionale aiuterà i bambini a cambiare sesso. Lo farà fornendo a spese della collettività la pillola che blocca la pubertà. Lo ha stabilito l'Aifa, cioè l'agenzia del farmaco. Da sabato, da quando cioè la decisione è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, un bambino o una bambina anche di dieci anni possono ottenere in ambulatorio la somministrazione della triptorelina, una medicina nata per curare i tumori alla prostata o al seno, ma impiegata anche per ritardare lo sviluppo sessuale nei minori. Nessuno conosce con certezza quali siano gli effetti collaterali a breve e lungo termine di questo trattamento sullo sviluppo psicofisico di un adolescente. Come scrive il Comitato nazionale di bioetica «non risulta sufficientemente provato che l'interruzione della pubertà fisiologica non possa avere conseguenze negative sulla crescita, sulla struttura scheletrica, sull'apparato cardiovascolare, neurologicocerebrale, metabolico e sulla fertilità».Ma nonostante non siano stati eseguiti adeguati controlli sperimentali, e dunque sia impossibile emettere un giudizio scientifico serio sui rischi che possano derivare dal suo uso, la sostanza non solo sarà messa in commercio e pagata dal servizio sanitario nazionale, ma verrà resa disponibile anche per bambini che non si sentano a loro agio con il loro sesso, allo scopo di bloccarne lo sviluppo sessuale. In sostanza sarà somministrata per fermare la crescita degli organi genitali: del seno nel caso delle ragazzine, delle polluzioni notturne nei maschi, della peluria in genere. Un adolescente non svilupperà la barba, una ragazza non vedrà mutare le proprie forme in quelle di una donna. Niente mestruazioni, nessun cambiamento della voce. Il tutto in attesa, ovviamente, di una trasformazione sessuale: da ragazzo in ragazza e viceversa.Tempo fa avevamo già raccontato di come l'Aifa fosse intenzionata a inserire nel prontuario medico anche la triptorelina, rendendo disponibile la pillola per l'impiego nei trattamenti di quella che viene chiamata disforia di genere, ossia di disturbi legati all'identità sessuale. E avevamo anche descritto i dubbi di molti esperti riguardo all'utilizzo di un farmaco del genere su bambini e adolescenti, ossia su persone estremamente fragili e condizionabili. Il trattamento, spesso, è un passo senza ritorno, che ragazzi e ragazze minorenni rischiano di compiere senza un'adeguata conoscenza, all'oscuro degli effetti collaterali, anche psicologici. Come ha spiegato ieri su queste pagine Francesco Borgonovo, David Bell, un signore che è stato presidente della Società psicanalitica britannica e nel suo Paese è considerato un luminare, ha recentemente imputato al servizio sanitario di Sua Maestà di non valutare adeguatamente i giovani pazienti che intendono sottoporsi a un cambiamento di identità sessuale. Bell ha aggiunto che sui medici britannici c'è una particolare pressione politica, esercitata dagli attivisti che lottano per i diritti dei trans. Tradotto: significa che alcuni adolescenti vengono spinti verso una nuova identità sessuale. Il tutto in nome di dell'ideologia gender. Non solo. Marcus Evans, uno dei capi della fondazione Tavinstock, istituto che si occupa di disturbi psicologici, si è dimesso accusando il Gender identity development service, ossia il centro specializzato nell'assistenza di ragazzini che vogliono cambiare sesso, di concedere troppo in fretta le pillole che bloccano la pubertà. Secondo Evans, anche in questo caso la lobby trans spingerebbe i medici a somministrare con eccessiva facilità la cura che ferma lo sviluppo sessuale, convincendo così dei ragazzini a cambiare sesso senza che questa sia la vera soluzione dei loro problemi.È un fenomeno che sta dilagando, scrisse settimane fa il periodico inglese The Spectator. Siamo di fronte a un contagio spiegavano mesi fa, sul settimanale Panorama, alcuni esperti italiani. La prova che sia glamour parlare di cambio di sesso e propagandarlo, come abbiamo spiegato domenica, l'ha fornita nell'ultimo numero il giornale della moda chic Vanity Fair, pubblicando le immagini di bambini e bambine gender vestiti con capi firmati. Maschi presentati come femmine. Femmine esposte come maschi. Un inno alla transessualità, propagandato come gesto di estrema libertà. Adolescenti di dieci anni descritti come «eroi moderni» di una battaglia progressista: il cambio di sesso. Ora, nel silenzio generale delle tante associazioni che si occupano di minori (e nella vergognosa assenza dell'Ordine dei giornalisti che dice di vigilare e tutelare la dignità dei minori), il servizio sanitario fornisce anche la medicina per diventare transessuali. Chissà, se anche quella, come i capi fatti indossare da Vanity Fair a quei minorenni, sarà sponsorizzata.