2023-01-21
Facebook chiedeva ai Cdc cosa censurare
(Jaap Arriens/NurPhoto via Getty Images)
Il social non solo cedeva al pressing dell’agenzia governativa, ma ne invocava il parere per sapere quali post sui vaccini andassero oscurati. Al vaglio pure notizie documentate, come la possibile alterazione del ciclo o l’insorgere della paralisi di Bell dopo la puntura.Già non era normale che case farmaceutiche e governo americano esercitassero pressioni sui social network, per spingerli a oscurare contenuti sgraditi su Covid e vaccini. Se poi si scopre che, in alcuni casi, erano direttamente le piattaforme Web a rivolgersi alle autorità, per suggerimenti su quali censure applicare, ci si rende conto di quanto la pandemia abbia squassato le democrazie occidentali. Le ultime novità sulla corsa all’inquisizione sanitaria le ha rivelate Robby Soave, reporter del mensile statunitense Reason. Esaminando le email di Meta, la compagnia che controlla Facebook e Instagram, emerse nel processo contro l’amministrazione Biden intentato nel Missouri, la rivista ha fatto una scoperta che lascia di stucco. Il team di Mark Zuckerberg interloquiva regolarmente con funzionari dei Cdc, l’equivalente del nostro Iss, per sapere quali informazioni pubblicate dagli utenti dovesse sottoporre a «moderazione». Insomma, che cosa dovesse sbianchettare. Eloquente è una missiva datata 19 maggio 2021, in cui un responsabile della piattaforma scriveva a Carol Y. Crawford dei Cdc, annunciandole che una certa «Liz» avrebbe avuto premura di «flaggare», cioè segnalare come censurabile, una serie di contenuti «per la squadra dei Cdc». Alcuni di essi, specificava il testo, «potrebbero già stare violando» le norme interne del social. Così, Meta si metteva al completo servizio dell’agenzia federale. E, circostanza davvero disturbante, in mezzo a post oggettivamente farneticanti, nei quali si parlava di una fantomatica relazione tra vaccini e magnetismo, ne comparivano altri assolutamente veri: ad esempio, l’affermazione, provata sul piano scientifico, che in seguito alle punture si poteva contrarre la paralisi di Bell; o che i farmaci a mRna potevano alterare il ciclo mestruale. In coda, il responsabile di Facebook chiedeva anche lumi sull’ipotesi che il virus fosse frutto di un esperimento in laboratorio: «È falso, non provato, non supportato da evidenze, o vero?». Sull’argomento, essendo ormai il puzzone Donald Trump fuori dallo Studio Ovale, e avendo Joe Biden rilanciato quelle accuse ai laboratori di Wuhan che fino a pochi mesi prima venivano bollate come bufale, i Cdc avevano assunto una postura laica: «La cosa più probabile», spiegava la Crawford, «è che questo virus sia partito dagli animali e abbia fatto il salto nell’uomo. Ad ogni modo, la direttrice dei Cdc [...] ha detto che il fatto che fosse artificiale era tecnicamente possibile, perché non ne conosciamo ancora l’origine. Il fatto che sia stato creato dall’uomo è teoricamente possibile, ma estremamente improbabile». Nel dubbio, Meta aveva silenziato per mesi gli utenti che osavano promuovere la tesi dell’esperimento finito male. Ma, all’incirca nelle settimane in cui erano avvenuti gli scambi di vedute con i Cdc, Facebook aveva rivisto la policy: «Alla luce delle indagini che si stanno svolgendo sulle origini del Covid-19 ed essendoci consultati con esperti di salute pubblica», annunciava, «non rimuoveremo più dalle nostre app l’affermazione per cui il Covid-19 è stato creato o fabbricato dall’uomo». A luglio 2021, ormai, non si trattava più di stabilire se le esternazioni di chi usava la piattaforma fossero vere, bensì se potessero «provocare un danno». E ancora una volta, il gruppo che si occupava di contrasto alla disinformazione prendeva di mira ipotesi tutt’altro che peregrine. «La proteina Spike nei vaccini Covid-19 è pericolosa/citotossica»: cosa vera. Di recente, Clinical research in cardiology ha scoperto che essa è alla base delle miocarditi post iniezione. «La sindrome di Guillain-Barré è un possibile effetto collaterale del vaccino Covid»: all’epoca cui risaliva l’email era un fatto già noto, tanto che pure l’Aifa, in Italia, l’aveva fatta aggiungere al foglietto illustrativo di Janssen. «Un’infiammazione cardiaca è un possibile effetto collaterale dei vaccini Covid (inclusi quelli non a mRna)»: sulle miocarditi e le pericarditi è stata pubblicata una tale mole di ricerche, che è inutile tornarci sopra. A novembre 2021, dopo l’ok di Fda al preparato di Pfizer per i bambini, Meta informò i Cdc che avrebbe cancellato commenti tipo: «Il vaccino Covid non è sicuro per i bimbi». In quella circostanza, la solita Carol Crawford fu messa al corrente di una serie di affermazioni che avrebbero potuto «causare il rifiuto della vaccinazione». Era ormai abitudine consolidata che Facebook portasse all’attenzione delle autorità, tramite appositi report periodici, gli argomenti più gettonati, per stabilire se la loro diffusione andasse interrotta: «Fateci sapere», recitava una missiva di luglio 2021, «se avete domande o temi/parole chiave specifici che vorreste esplorassimo nel prossimo report». Incredibilmente, gli uomini di Zuckerberg si erano preoccupati persino delle critiche ad Anthony Fauci, deriso perché aveva detto tutto e il contrario di tutto sulle mascherine.Qualche giorno fa, abbiamo appreso che Facebook cedeva alle pressioni della Casa Bianca, la quale imponeva interventi sui post riguardanti efficacia e sicurezza dei vaccini. Ne era scaturito l’impegno a rimuovere «contenuti spesso veri», ma presentanti in modo «sensazionalistico, allarmistico, o scioccante». Ora vediamo che addirittura era Meta, di propria iniziativa, a invocare il parere degli esperti di governo sulla censura. Tutto ciò succedeva negli Stati Uniti. E in Italia, è filato tutto liscio? Cosa potremmo scoprire, se venisse fuori anche da noi un po’ di posta elettronica riservata?
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