2021-04-11
Lula si scusa per Battisti, Macron tace su Bergamin
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Luiz Inácio Lula da Silva (Ansa)
L'ex presidente brasiliano fa ammenda (troppo tardiva) sull'aiuto fornito al terrorista ora in carcere in Italia. L'Eliseo tace invece sull'altro Pac caduto in prescrizione l'8 aprile. Inoltre, il 10 maggio si estingueranno le pene per Maurizio di Marzio, un altro ex Br latitante in Francia. Speriamo che questa volta le cose vadano diversamente. In caso contrario, l'Italia potrebbe continuare a nutrire la speranza di ricevere delle scuse (inutili e tardive) da parte di Emmanuel Macron, Nicolas Sarkozy e altri politici d'Oltralpe. L'ex presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva si è scusato con l'Italia per non aver estrada to Cesare Battisti. Il mea culpa è arrivato in un'intervista trasmessa da Tg2 Post, nella serata di sabato. Il caso ha voluto che l'atto di contrizione dell'ex leader carioca sia arrivato, a poco più di ventiquattr'ore di distanza dallo schiaffo dato dalla Francia all'Italia, sempre in tema di estradizioni di ex terroristi degli anni di piombo. Come scritto da La Verità, alla mezzanotte di giovedì 8 aprile, si sono estinte le pene a carico di Luigi Bergamin, ex membro dei Pac, Proletari Armati per il Comunismo, quindi ex compagno di lotta di Battisti. Lula ha ammesso "di aver commesso un errore" pertanto ha voluto «chiedere scusa al compagno Napolitano [...] con orgoglio». L'ex numero uno brasiliano ha anche chiesto scusa al "popolo italiano" e ha spiegato di aver deciso di non estradare Battisti «sulla base di un orientamento del ministero della Giustizia» dove tutti «credevano che fosse innocente». Alla luce di queste dichiarazioni, verrebbe da dire "meglio tardi che mai", ma sarebbe troppo comodo passare un colpo di spugna su anni di disprezzo mostrato dai leader brasiliani, nei confronti di un'Italia, descritta come una specie di gulag dove si praticavano gli arresti politici. E poi, accettando il "meglio tardi che mai" si trascurerebbe la genesi della mancata estradizione dell'ex terrorista rosso dal Brasile. In effetti dopo la sua fuga dal carcere di Frosinone nel 1981, Battisti si era rifatto una vita in Francia, protetto dalla "dottrina Mitterand". Era addirittura riuscito a diventare uno giallista di successo, osannato dalla gauche caviar e antagonista d'Oltralpe. Ma anche quando la Francia era governata da maggioranze di destra, nessuno ha fatto molto per riconsegnare l'ex latitante alla giustizia italiana. Anzi, è proprio durante la presidenza di Jacques Chirac (favorevole all'estradizione) che l'ex Pac è riuscito a raggiungere il sudamerica. Pochi anni dopo, un altro presidente di destra, Nicolas Sarkozy, sarebbe intervenuto per impedire l'estradizione dell'ex Br Marina Petrella per "motivi umanitari". All'inizio del 2019, dopo l'arresto in Bolivia di Cesare Battisti, si era sperato in uno sblocco, da parte francese, delle domande di estradizione pendenti sugli ex terroristi italiani. All'epoca, il ministro della giustizia, Nicole Belloubet, e quello degli affari europei Nathalie Loiseau, avevano dato il loro placet per l'accelerazione delle pratiche. E invece, con la nascita del governo Conte II - forse il più a sinistra della storia repubblicana italiana - quasi nessuno si è più preso la briga di seguire il dossier delle estradizioni. Tornando ai giorni nostri, tra il 17 marzo e il 9 aprile, la nostra testata ha dimostrato con vari articoli che Parigi avrebbe potuto estradare Luigi Bergamin anche con dei semplici atti amministrativi, che però non ci sono stati a causa di valutazioni politiche. Va anche detto che Roma non è stata eccessivamente attiva nel pretendere la consegna dell'ex latitante. I vari documenti che La Verità ha potuto consultare, e citare negli articoli, hanno dimostrato che qualcuno frenava anche a sud delle Alpi. Il nostro giornale ha anche dimostrato che il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, avrebbe potuto sfruttare l'occasione offertale da un vertice con il suo omologo francese per ottenere quanto l'Italia chiedeva. L'incontro tra il guardasigilli italiano e Eric Dupond-Moretti si è svolto via web sempre giovedì 8 aprile. Il ministro francese ha fatto capire al suo pari italiano che il dossier delle estradizioni era fermo all'Eliseo. Davanti a questa considerazione, l'ex presidente della Corte Costituzionale sembrava intenzionata a sollecitare un intervento del capo del governo Mario Draghi. Una sollecitazione che, viste come sono andate le cose, non c'è stata. In caso di risposta negativa dall'Eliseo, il governo italiano avrebbe potuto presentare - sempre fino alla mezzanotte dell'8 aprile - un ricorso urgente al tribunale amministrativo transalpino. E invece niente.Il 10 maggio si estingueranno le pene per Maurizio di Marzio, un altro ex Br latitante in Francia. Speriamo che questa volta le cose vadano diversamente. In caso contrario, l'Italia potrebbe continuare a nutrire la speranza di ricevere delle scuse (inutili e tardive) da parte di Emmanuel Macron, Nicolas Sarkozy e altri politici d'Oltralpe.
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