2024-06-19
Eurosatory: cade il divieto per le aziende israeliane
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La Corte francese ha annullato il divieto imposto alle aziende israeliane della Difesa e della Sicurezza di partecipare al salone Eurosatory, la cui edizione 2024 è stata inaugurata lunedì 17 giugno. La prima decisione, presa dal Governo Macron a fine maggio, prevedeva di impedire alle aziende israeliane di esporre e aveva provocato la rinuncia mediante cancellazione degli spazi espositivi di decine di aziende israeliane che avrebbero dovuto partecipare all’evento. L’iniziale restrizione era stata comunque puntualmente applicata anche dalla direzione della struttura fieristica a tutte le 74 imprese israeliane interessate a essere presenti, impedendo di svolgere i lavori del primo giorno della kermesse parigina, ovvero il momento clou nel quale la stampa specializzata si concentra sulle conferenze e sulle novità, nonché quello in cui si svolgono i più importanti incontri preliminari tra realtà industriali specializzate. Tuttavia, ciò non ha impedito del tutto ai cittadini israeliani di partecipare, anche se gli organizzatori li avevano costretti a firmare una rinuncia, assurda e dai contorni discriminatori, nella quale essi dichiaravano di non essere presenti in alcuna veste ufficiale. La decisione della Corte ha così ribaltato anche quella del governo francese di impedire alle aziende coinvolte nei conflitti in ucraina e Gaza di mettere in mostra i propri prodotti. Eurosatory ’24, che si svolge dal 17 al 21 giugno, è considerata una delle più importanti esibizioni nel settore della Difesa e il divieto del tribunale era stato emesso in risposta alle pressioni dei gruppi filopalestinesi attraverso l’opera di tre organizzazioni non governative. Mentre presso gli stand le bocche sono cucite, Yaniv Navaej, giornalista israeliano specializzato in tecnologia e armamenti, accreditato tra gli oltre 500 operatori dei media, ci spiega: «In realtà, anche se il divieto comprendeva anche l’esposizione di prodotti israeliani presso gli stand degli importatori e dei consociati nei vari progetti – praticamente la maggioranza dei colossi statunitensi - nella giornata di ieri soltanto alcune aziende hanno effettivamente ritirato i modelli e i campioni dai loro spazi, che ovviamente erano fedeli a quelli funzionanti ma inerti.» Che danno di può ipotizzare? «Difficile quantizzare in termini strettamente economici, tuttavia bisogna pensare che per organizzare incontri tra delegazioni militari, Eurosatory è il posto perfetto e dover disdire è imbarazzante sul piano diplomatico. Inoltre, quasi nessun prodotto è stato costruito soltanto con componentistica israeliana, quindi, a perderci sono state anche aziende statunitensi ed europee, qualcuna anche italiana. Così come componenti realizzati in Israele, specialmente sensoristica, sono installati su prodotti europei o americani.» Tra le aziende che non potevano esporre anche quelle di Russia e Bielorussia, è un provvedimento efficace? «Per niente efficace, anche in questo caso è sufficiente ammirare la grande esposizione degli stand turchi, asiatici e nordafricani per trovare parti identiche a quelle costruite in quelle nazioni. Specialmente l’Africa è oggi un nuovo terreno nel quale si sta spostando l’assemblaggio di talune armi». Che cosa scriverai? «Che questo provvedimento è pieno d’ipocrisia, specialmente perché arriva dalla Francia, nazione che esporta l’11% degli armamenti su scala globale, più della Russia, ed è al secondo posto nel mondo dopo gli Usa. Non lo dice Israele, ma lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri, ndr). Parigi ha clienti come Qatar e Grecia ma anche Egitto, India e Indonesia perché qualitativamente la sua produzione è superiore a quella di Mosca, anche se poi l’industria francese è più lenta a produrre e consegnare». C’è un problema di concorrenza con Israele? «Non per l’aviazione né per la cantieristica navale, tuttavia le vendite francesi in Europa sono un decimo delle sue esportazioni totali, mentre Israele sta esportando soprattutto sensoristica e sistemi di protezione antimissile grazie all’esperienza dello Iron-Dome che abbiamo sviluppato per proteggerci da Hamas ed Hezbollah».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)