2021-10-06
La Ue torna all’antico: Pnrr da compensare con spending review e riforma pensioni
Ursula Von Der Leyen (Ansa)
L'Eurogruppo ribadisce i paletti alle regole di bilancio. L'Ecofin: sull'energia nessun passo indietro, no alla calmierazione prezzi.Nell'era del pilota automatico innestato con Mario Draghi al governo, per sapere ciò che accadrà a Roma tra qualche mese è necessario sapere cosa accade oggi tra Lussemburgo, Bruxelles e Francoforte. È là che si fanno le scelte che definiscono la cornice e i principali dettagli, lasciando le finiture al Parlamento, solo per salvare le apparenze. Il nostro ministro dell'Economia Daniele Franco ha partecipato lunedì all'Eurogruppo e ieri al Consiglio nella configurazione Ecofin (riservata ai ministri economici). Il primo è organo informale in cui si condividono orientamenti e si definiscono le volontà politiche - riservato ai ministri dell'Eurozona, con la partecipazione di Christine Lagarde e dei Commissari Paolo Gentiloni e Valdis Dombrovskis - il secondo è il colegislatore della Ue. L'Eurogruppo si è concentrato sugli effetti - sia sull'inflazione che sulle politiche di bilancio - dell'aumento dei prezzi di energia elettrica e gas e ha invitato a parlarne Christian Zinglersen (direttore generale dell'ente Ue che coordina i regolatori nazionali del settore energetico).La risposta pare essere «Tutto va ben, Madama la Marchesa». Infatti i ministri concordano sull'effetto temporaneo di tale impennata di prezzi sull'inflazione e si sono tiepidamente impegnati «a monitorare l'evoluzione dei prezzi». Aggiungendo l'essenziale informazione che tale dinamica dei prezzi non avrà alcun impatto sugli obiettivi di transizione ecologica che «non è il problema, ma la soluzione». La relazione di Zinglersen è ancora più esplicita: nessun intervento per ammorbidire l'impatto dell'incremento dei prezzi energetici fino a quando non sarà definita la natura (permanente o transitoria) di tale incremento. Inoltre, la scelta tra intervento dei governi e lasciar correre la dinamica dei prezzi resta un dubbio aperto e Zinglersen fa chiaramente cenno al ruolo dell'aumento dei prezzi dell'energia da fonte fossile come incentivo per una più rapida transizione verso le fonti rinnovabili. Non era esattamente di quest'opinione il ministro francese Bruno Le Maire che, all'inizio della riunione, aveva tuonato contro «le regole del mercato energetico Ue che stanno rendendo insostenibili i costi per cittadini e imprese».Ma l'Eurogruppo ha trovato anche il tempo per spegnere sul nascere le illusioni circa il rilassamento delle regole di bilancio. Infatti, la Commissione ha presentato un'interessante relazione finalizzata a verificare la coerenza tra le raccomandazioni Paese e gli obiettivi dei Recovery plan nazionali. E qui si torna all'antico: la politica di bilancio espansiva consentita dagli investimenti del Pnrr deve essere bilanciata, conseguendo una prudente posizione di bilancio di medio termine attraverso revisioni della spesa e riforma delle pensioni. Mancava solo l'esplicita indicazione dell'Italia come primo destinatario.L'aspetto clamoroso del documento sta nella valutazione dell'impatto dei Recovery plan nazionali sulle rispettive economie, in confronto alle spese e agli investimenti finanziati con fondi nazionali. Emerge che l'Italia nel 2021-'22 sarà uno dei Paesi dell'eurozona con l'orientamento di bilancio più espansivo. Peccato che, su oltre due punti percentuali di Pil, l'impatto del Pnrr sia di pochi decimali, mentre Spagna, Grecia e Portogallo mostrano un impatto nettamente più alto. L'espansione di bilancio avverrà in gran parte grazie a consumi e investimenti finanziati con fondi nazionali, smentendo, dati alla mano, le parole di chi continua a sostenere l'effetto del Pnrr sulla crescita.Ma le perplessità non mancano anche leggendo le conclusioni del Consiglio Ecofin. I ministri hanno approvato un documento pieno di proclami altisonanti a favore del finanziamento degli investimenti per la transizione ecologica, ribadendo il pieno impegno per la riduzione del 55% entro il 2030 (rispetto al livello del 1990) delle emissioni di gas serra, con raggiungimento dell'equilibrio entro il 2050.Hanno anche esaminato la relazione presentata dalla Commissione sullo stato di attuazione del programma di finanziamenti Sure per i sussidi di varia natura (cassa integrazione soprattutto) erogati dagli Stati a lavoratori dipendenti e autonomi in conseguenza della crisi economica indotta dal Covid: 100 miliardi di prestiti, di cui 27,4 per l'Italia. Confessiamo ai nostri lettori l'imbarazzo nel leggere che tale strumento ha evitato 1,5 milioni di disoccupati nella Ue, come se, per esempio, l'Italia senza quei fondi non sarebbe stata in grado di finanziare la Cig. Ancora più imbarazzante la tabella in cui si calcola che l'Italia risparmierà interessi per 3,8 miliardi sulla durata media di 14,5 anni, rispetto al finanziamento con Btp. Un confronto da bocciatura immediata a qualsiasi corso di finanza, perché non tiene conto della garanzia specifica fornita pro-quota da tutti gli Stati membri. Ormai la propaganda ha invaso anche le istituzioni.