2024-12-18
Ursula vuole anticipare i magistrati: «Agiamo sul concetto di Paesi sicuri»
Ursula von der Leyen (Ansa)
Assist di Von der Leyen a Roma: «Al summit di marzo 2025, proposte per accelerare i rimpatri e usare hub in Paesi terzi». Si potrebbero neutralizzare i verdetti del Lussemburgo sui ricorsi dei tribunali italiani.Giorgia Meloni lo aveva promesso ad Atreju e lo ha ribadito ieri alla Camera: il protocollo con l’Albania funzionerà. E un assist potrebbe partire dalla nuova Commissione di Ursula von der Leyen.Ieri, in una lettera inviata ai 27 Paesi Ue, la presidente dell’esecutivo europeo ha fatto un annuncio importante: «Stiamo accelerando la revisione del concetto di Paese sicuro, avviando consultazioni con gli Stati membri, il Parlamento europeo, l’Unhcr e l’Oim». Ha poi aggiunto che «si sta discutendo con gli Stati membri dello sviluppo del concetto di hub per il rimpatrio nei Paesi terzi». Proprio l’idea messa in pratica dall’Italia a Gjadër, cui la Spagna però ha ribadito la sua contrarierà. La Von der Leyen, comunque, ha assicurato che «un quadro legislativo più rigoroso in materia di rimpatri sarà una delle prime proposte importanti del nuovo Collegio e una proposta di un nuovo approccio comune in materia di rimpatrio sarà presentata al Consiglio europeo di marzo». Ma già domani, al vertice dei leader a Bruxelles, si discuterà - recita l’invito ufficiale - di come attuare «il nostro approccio globale alla migrazione», tenendo conto delle indicazioni fornite dalla numero uno della Commissione.L’accelerazione potrebbe sbloccare l’impasse giuridica che sta trasformando il Cpr albanese in una cattedrale nel deserto. Con il prevedibile strascico di polemiche sugli sprechi, legati ormai non al trasporto di poche decine di migranti, bensì al mantenimento della struttura e degli agenti in servizio al di là dell’Adriatico.L’accordo siglato con Edi Rama prevede che, a Gjadër, siano ospitati esclusivamente adulti non vulnerabili provenienti da Paesi considerati sicuri. Ed è proprio a questa classificazione che si sono appigliate le sezioni immigrazione dei tribunali italiani, per rifiutarsi di convalidare i provvedimenti di trattenimento degli stranieri nell’hub balcanico. Il punto d’appoggio è la sentenza di ottobre della Corte di giustizia europea, che ha interpretato in senso restrittivo le regole Ue attualmente in vigore: a parere delle toghe, nessun Paese può essere qualificato come sicuro se non lo è nella sua interezza. Guarda caso, lunedì, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ci ha tenuto a difendere il ruolo delle Corti internazionali e il valore costituzionale del diritto d’asilo. Un asse Colle-Lussemburgo che, se osservato con un pizzico di malizia, sembra disegnato apposta per pungolare la Meloni. Il nostro governo, a primavera, attraverso un decreto interministeriale, aveva stilato una lista che i magistrati hanno avuto gioco facile nel bocciare: la fonte giuridica adoperata era di rango secondario, subordinata al diritto comunitario così come interpretato dalla Corte Ue. Allora, per rimediare, l’esecutivo ha reinserito l’elenco della discordia in un decreto legge, che è invece una fonte primaria. A questo punto, i tribunali hanno seguito strade diverse: c’è chi, come Catania, ha disapplicato lo stesso la norma italiana, reputandola in contrasto con quella dell’Unione, sempre prevalente; e chi, come Roma e Bologna, ha sospeso i trattenimenti rinviando la questione ai giudici del Lussemburgo. A febbraio 2025 dovrebbe tenersi una prima udienza, ma per una sentenza si dovrebbe attendere almeno fino all’estate prossima. Ed è qui che, anziché una palude di burocrazia e processi, per il modello Albania si apre una finestra d’opportunità. Tanto più che il commissario europeo responsabile del dossier immigrazione, Magnus Brunner, da popolare e da austriaco aveva già in programma di varare una stretta sul meccanismo dell’accoglienza.In teoria, l’Europa una soluzione l’aveva trovata nella scorsa legislatura: il regolamento comunitario è stato aggiornato in modo da ammettere esplicitamente quelle eccezioni territoriali che, invece, stando alla Corte Ue, non possono essere accettate alla luce dell’attuale normativa. Ma c’è un inghippo: il nuovo testo entrerebbe in vigore nel 2026. Troppo tardi per evitare eventuali bocciature da parte del Lussemburgo, oltre che per portare a regime la struttura balcanica, sulla quale la Meloni ha fatto un enorme investimento politico. Ecco perché è cruciale anticipare ai primi mesi del 2025 - nell’ipotesi della Von der Leyen, a marzo dell’anno venturo - «la revisione del concetto di Paese sicuro». D’altronde, il governo non sta nemmeno puntando tutte le fiches sul giro di vite promesso da Bruxelles. In parallelo, corre il provvedimento che trasferisce le competenze sulle convalide alle Corti d’appello, svuotando le sezioni immigrazione dei tribunali. A questi ultimi, comunque, anche nel caso in cui il Consiglio europeo anticipasse la Corte di giustizia, rimarrebbe una cartuccia da sparare: il verdetto di ottobre, infatti, chiede ai giudici, in quanto loro dovere d’ufficio, di pronunciarsi sulla legittimità delle liste dei Paesi sicuri. Se il Lussemburgo confermasse che le toghe hanno la facoltà di servirsi di informazioni raccolte in autonomia, ci vorrebbe davvero poco per sbizzarrirsi. E per individuare decine di ragioni per cui l’Egitto o il Bangladesh non sarebbero sicuri.Certo, una eventuale pronuncia degli Stati Ue metterebbe i magistrati di fronte a un bivio: adeguarsi alla volontà della sacerrima Europa, oppure proseguire la crociata per i confini spalancati, a dispetto della volontà dell’Unione. Almeno, capiremo se il primato del diritto comunitario è un dogma, o solo un pretesto per fare politica.
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
Continua a leggereRiduci
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 17 settembre con Carlo Cambi
Dario Franceschini (Imagoeconomica)