2024-06-02
Il vero europeista deve opporsi all’Unione
Scherza col fuoco della guerra mondiale, combatte le tradizioni dei suoi stessi popoli, ha come uniche priorità i diritti Lgbt e la solita lotta a un immaginario pericolo fascista: l’Ue è diventata il primo nemico dei nostri interessi e dei nostri valori.Sono contro l’Europa perché è contro l’Europa. Come, in che senso? Nel senso che il peggior nemico dell’Europa, degli europei e delle nazioni europee è oggi l’Unione europea. Gioca contro se stessa e fa di tutto per farsi del male, sfigurarsi e sfigurare. Scherza col fuoco della guerra mondiale. Non genera integrazione europea, ma dis-integrazione nazionale. In politica estera l’Ue assume posizioni che di fatto indeboliscono l’Europa, le fanno perdere ogni ruolo strategico di mediazione e ogni centralità, creano nuovi nemici e rafforzano antichi odii in tutto il resto del mondo, la mettono al rimorchio della Nato e degli Stati Uniti anche quando giocano contro gli interessi europei e compromettono proficui rapporti commerciali, la dissanguano economicamente e militarmente. L’Europa ha perso la faccia e gioca contro i suoi interessi in Ucraina, assecondando gli Usa, è uno zombie in Medio Oriente, in Palestina, sulla scena mondiale; non ha il coraggio di condannare Netanyahu come ha condannato Putin, inimicandosi il resto del mondo; non sa come arginare i flussi migratori e come proteggere gli interessi europei reali nel mondo. Noto invece con piacere che l’Italia ha corretto il tiro rispetto all’Ue sull’intervento in Ucraina e sulla tragedia palestinese.In politica interna, l’Europa non è in grado di esprimere una linea efficace e unitaria in tema di sicurezza, di controllo degli sbarchi, di sanità, di diritti sociali, di difesa dei popoli e dei loro interessi primari. È la prima nemica dei popoli europei, tra vessazioni, mancate tutele e primato costante degli assetti contabili sulla vita reale della gente. Fa piovere denari su cose inutili o dannose e tace sulle reali esigenze primarie e sulle politiche sociali. In questo frangente internazionale, tra venti di guerra che rischiano di coinvolgerci, crescente antipatia del mondo intero verso l’occidente euro-atlantico e gravi instabilità nelle aree attigue, l’Unione europea alle porte delle elezioni, ha deciso di giocare la sua faccia e il suo profilo sul tema dei diritti Lgbtq+, con diciotto Paesi contro nove (tra i quali, meno male, c’è l’Italia) che hanno votato per promuovere politiche europee a favore delle comunità transgender, dopo aver giurato guerra all’omotransfobia. Stiamo pericolosamente scivolando verso una terza guerra mondiale e l’Europa si balocca coi gay pride...Ora non si tratta di essere pro o contro gli Lgbtq+, e nemmeno di associarsi al Papa denunciando la «frociaggine» pervasiva, ma di riportare le cose alla realtà e al diritto: ogni cittadino europeo ha pari diritti e doveri degli altri, di qualunque etnia, sesso o inclinazione; bastano le norme civili e penali esistenti nei Paesi europei per condannare chiunque usi e abusi con violenze, offese, discriminazioni; senza creare speciali categorie protette. Anche perché le vere categorie fragili sono i malati, i bambini e i vecchi. Le leggi valgono per tutti, sono universali, non possono diventare di genere o di tendenza, a tutela di singole minoranze, gruppi o lobbies. Poi il giudice applicherà le aggravanti e le attenuanti valutando caso per caso. Se qualcuno aggredisce o offende un gay o un trans, ci sono già le leggi per condannarlo, se ci sono realmente gli estremi. Questa idea che si debba legiferare ogni volta che accade un episodio di violenza o si accende un tema sui media e si debbano generare nuove apposite norme, inasprite e speciali, uccide il principio giuridico fondamentale della legge uguale per tutti e non mutevole; la quantità eccessiva di leggi, si sa, danneggia la giustizia e la sua applicazione; rende la giurisprudenza una variabile subalterna alla cronaca e alle tendenze di moda, e - come si vede - non serve nemmeno a far diminuire i fenomeni e i reati. Pensate pure ai femminicidi; più si mobilitano e si studiano leggi speciali e più accadono; o perlomeno accadono comunque, nonostante le leggi speciali. Stuprando i codici, vanificando l’universalità delle leggi, non si raggiungono nemmeno i risultati per cui sono introdotte le norme ad hoc. In ogni caso, è veramente assurdo che di fronte a problemi enormi sul piano militare, strategico, sociale, economico, sanitario l’Unione europea (e la sua periferica locale, il Mattarella) debba occuparsi di omotransfobia, come se ci fosse una persecuzione di massa e si trattasse di una priorità per i popoli europei. O in alternativa col torcicollo, davanti agli imponenti nemici reali di oggi e ai falsi amici e alleati, è assurdo che l’Europa si debba preoccupare del Nemico Assoluto ed Eterno, il pericolo nazi-fascista (anche qui la sua periferica locale è il Mattarella, più uno sciame di prefiche nostrane). E debba perciò innalzare cordoni sanitari per sbarrare la strada a chiunque non la pensi come il mainstream. Infine, l’Europa di oggi si vergogna della civiltà da cui proviene, rinnega e cancella la sua storia, le sue tradizioni civili e religiose, il sentire comune. L’ultimo caso non proviene dai Paesi più sradicati e scristianizzati d’Europa ma da un Paese che è stato il simbolo di una cristianità vera, vivente, partecipata, la Polonia di Woytila. Il sindaco di Varsavia, già candidato alla guida della Polonia, Rafal Trzaskowski, sostenitore dei transgender, ha firmato un’ordinanza in contrasto con la tradizione e con la costituzione polacca, per vietare croci, immagini di santi e altri simboli religiosi dai muri, dalle scrivanie dei dipendenti pubblici e bandirli da ogni evento civile. Magari sarà possibile esibire simboli Lgbtq+ ma non la croce, non i simboli cristiani. E dire che nel preambolo della Costituzione polacca, fa notare il corrispondente polacco a Roma, Vladimiro Redzioch, è scritto: «Grati ai nostri antenati per il loro lavoro, per la lotta per l’indipendenza pagata con enormi sacrifici, per la cultura radicata nel patrimonio cristiano della nazione e nei valori umani universali». Se persino a Varsavia si vuol cancellare la tradizione cristiana, figuratevi a Parigi o a Bruxelles. Smobilitando la civiltà europea, l’alternativa che resta è tra nichilismo globale o islamizzazione radicale. O peggio, il loro mix.La cancellazione riguarda non solo la tradizione religiosa, investe pure le tradizioni civili, nazionali, laiche, l’arte, la letteratura, la storia e i suoi protagonisti. Stanno smantellando pezzo su pezzo l’edificio della civiltà europea.Per questo, quando sento ogni santo giorno queste professioni di europeismo da parte di chi mira in realtà ad affossarla, quando sento che c’è bisogno di più Europa e che il vero spartiacque nel voto di domenica prossima sarà tra chi è pro e chi è contro l’Europa, la sua linea e i suoi diritti civili, penso che se davvero ci tieni all’Europa e agli europei, la prima cosa da fare è bocciare coloro che parlano in suo nome e concorrono poi a negarla e affossarla. Il primo nemico dell’Europa vera è l’Europa finta, di cartongesso, detta Ue, Ubriachi Eunuchi.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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