2025-02-18
Eurofiasco al vertice di Macron. Nessun accordo su armi e truppe
Emmanuel Macron (Getty Images)
Londra vuol spedire i soldati al fronte, alleati incerti. Olaf Scholz: «Inappropriato parlarne ora». Giorgia Meloni: ipotesi inefficace, ascoltare J.D. Vance. Lite sui debiti per la Difesa. Volodymyr Zelensky: «Siete deboli, gli Usa compiacciono Putin».Voleva essere un duro, Emmanuel Macron: i proclami del presidente francese sulla necessità di unire l’Europa per fronteggiare la politica di Donald Trump sull’Ucraina si sciolgono come neve al sole intorno alle 16 di ieri. Mentre i partecipanti al vertice di Parigi stanno entrando all’Eliseo, la presidenza francese fa sapere che Macron ha sentito al telefono Trump, un colloquio durato una ventina di minuti. Altro che fronteggiare: il leader francese vuole ergersi a interlocutore di Washington a nome di tutta l’Europa, anzi di una parte, visto che Macron ha invitato a Parigi soltanto alcuni leader. All’Eliseo ci sono il tedesco Olaf Scholz, il britannico Keir Starmer, la nostra Giorgia Meloni, il polacco Donald Tusk, lo spagnolo Pedro Sanchez, l’olandese Dick Schoof e la danese Mette Frederiksen. Presenti anche il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen e il segretario generale della Nato, Mark Rutte. L’obiettivo del vertice sarebbe quello di mettere in campo una strategia europea per impedire che il Vecchio continente resti completamente escluso dalle trattative tra Usa e Russia sull’Ucraina. Il problema è che il Vecchio continente è già completamente escluso da queste trattative, e se lo merita pure: l’Europa per tre anni esatti ha eseguito in modo autolesionista e senza battere ciglio gli ordini di Joe Biden, ed è evidente che Trump non ha alcuna fiducia in un’Ue così compromessa con la vecchia amministrazione Usa, e quindi si guarda bene dal coinvolgerla nelle trattative con Vladimir Putin. Trump non si fida nemmeno di VolodymyrZelensky, pure lui accuratamente tenuto alla larga dei negoziati con Mosca, ed è emblematico che, a vertice in corso, Bloomberg riferisca che Ihor Zhovkva, vice capo dell’ufficio di Zelensky, ha auspicato che l’Europa «nomini rapidamente un rappresentante per potenziali negoziati di pace con gli Stati Uniti e la Russia». I due grandi esclusi, Bruxelles e Kiev, che cercano di rientrare in gioco spalleggiandosi l’un l’altro: ulteriore dimostrazione di tragica debolezza, così come tragicamente debole appare l’Europa, che pure a Parigi si divide su aspetti fondamentali, a partire dall’ipotesi di inviare truppe.Il premier britannico Starmer dice al Daily Telegraph che garantire la sicurezza di Europa e Gran Bretagna «significa anche essere pronti e disposti a contribuire alle garanzie di sicurezza per l’Ucraina mettendo le nostre truppe sul terreno, se necessario»; ma il fronte subito si sgretola, con il polacco Donald Tusk che esclude la possibilità di inviare truppe e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che stoppa ogni discussione: «È altamente inappropriato», dice al termine del vertice, «discutere ora dell’invio di truppe in Ucraina. È un dibattito sbagliato al momento sbagliato su questioni sbagliate. Non siamo ancora alla pace, ma nel mezzo di una guerra che la Russia sta ancora portando avanti. Non può esserci una pace imposta che l’Ucraina deve accettare. Per noi è evidente che il Paese deve percorrere la sua strada nell’Unione europea», aggiunge Scholz, «deve poter difendere la sua democrazia e la propria sovranità ed essere nella condizione di mantenere un esercito forte. Tutto ciò non è negoziabile». Ungheria, Repubblica Ceca, Romania e Slovenia protestano per il mancato invito a Parigi, e il governo di Viktor Orbán non usa giri di parole: «I leader europei che sostengono la guerra e sono contrari a Trump si riuniscono a Parigi per bloccare gli sforzi di pace in Ucraina», attacca il ministro degli Esteri ungherese, Péter Szijjártó, «a differenza di queste persone frustrate che hanno alimentato l’escalation per tre anni, noi sosteniamo gli sforzi di pace». Suscita stupore per la durezza e l’inattualità la dichiarazione della premier danese Mette Frederiksen: «Dobbiamo aumentare il sostegno militare all’Ucraina, produrre di più e farlo più velocemente. Dobbiamo anche rimuovere le restrizioni sull’uso delle armi da parte degli ucraini». Sarà certamente un caso se pochi minuti dopo questa affermazione, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, afferma che «la Russia accoglie con favore il vertice straordinario europeo organizzato da Emmanuel Macron a Parigi. Ma alla condizione che in discussione ci siano le modalità per porre fine al conflitto invece che di proseguirlo». Secondo il Washington Post, il piano europeo in caso di un cessate il fuoco prevederebbe una forza di «deterrenza» di 25.000 o 30.000 soldati, pronti a intervenire in caso di una nuova offensiva della Russia. Saremmo di fronte a un numero di uomini insufficiente a garantire anche la sicurezza di un piccolo villaggio. In serata, in effetti, trapela la stizza di Volodymyr Zelensky, che accusa gli Usa di voler «compiacere» Putin e l’Ue di essere «debole» militarmente.Il succo dell’intervento di Giorgia Meloni, che conferma di condividere «il senso» del discorso di J.D. Vance a Monaco, la dice lunga sull’inconcludenza del summit: «Ho espresso le mie perplessità», è il senso del testo raccolto, «riguardo un formato che esclude molte nazioni, a partire da quelle più esposte al rischio di estensione del conflitto», dice. E definisce «ipotesi complessa, forse la meno efficace», quella dell’invio di soldati al fronte. «Vanno esplorate altre strade che prevedano il coinvolgimento anche degli Stati Uniti», avrebbe fatto capire il premier. Ursula von der Leyen ha il merito di riportare la questione sui binari concreti, parlando di soldi. «Abbiamo bisogno di un approccio d’urgenza e un aumento di spese per la Difesa. E ci servono entrambe le cose adesso». Pure su questo fronte, però, l’Europa va in ordine sparso: il ministro delle Finanze tedesco, Jörg Kukies, esprime scetticismo sullo scorporo delle spese per la Difesa dai parametri del Patto di stabilità, «perché ciò richiederebbe una recessione economica molto seria come giustificazione». Il ministro delle Finanze spagnolo, Carlos Cuerpo, rispolvera il Mes, il collega dei Paesi Bassi, Eelco Heinen, si dichiara contrario agli eurobond. Poche idee ma confuse anche su questo argomento: il vertice di Parigi è servito solo a rendere ancora più evidente l’inconsistenza dell’Europa.
Donald Trump (Getty Images)
Andrea Crisanti (Imagoeconomica)