2024-06-05
Torino, 1884: l'Esposizione che anticipò il futuro dell'industria italiana
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Il Salone dell'Elettricità all'Esposizione Generale italiana del 1884
L'Esposizione Generale italiana del 1884 al Valentino fu un grande successo. Migliaia di espositori, milioni di visitatori. Tracciò la strada alla crescita industriale del secolo successivo. Fa impressione leggere oggi i dati statistici sull’Esposizione Generale Italiana di Torino, che si tenne dall’aprile al novembre del 1884. Nel capoluogo piemontese sull’area dell’attuale Parco del Valentino lungo le rive del Po, nei sette mesi dell’evento si avvicendarono 14.237 espositori tra piccoli e grandi attività, enti, società e istituzioni del giovane Paese che aveva avuto in Torino il fulcro dell’Unità nazionale. I visitatori, tenendo conto anche delle difficoltà di viaggio che l’epoca ancora presentava, furono una vera e propria marea: oltre tre milioni. Lungo le rive del fiume, tra i viali nel verde del Valentino che si vide trasformato in una sorta di «cittadina delle meraviglie», i frutti della seconda rivoluzione industriale si misero in mostra. E, come vedremo in seguito, anticiperanno molte delle soluzioni tecnologiche e produttive che vedranno il proprio sviluppo nel Ventesimo secolo divenendo oggetti largamente diffusi nella vita quotidiana. Altrettanto sorprendente fu l’efficienza del comitato organizzatore, di cui il Principe Amedeo di Savoia fu presidente. Nel giro di due anni furono fissati gli appalti per i lavori di costruzione, approvati i progetti dei padiglioni, stabiliti gli espositori grazie a una fitta rete di sottocomitati in tutto il territorio nazionale. Plasmata sullo stile francese, data anche la vicinanza culturale tra Parigi e l’ex capitale sabauda, l’esposizione si caratterizzava per il massimo eclettismo (ed esotismo tipico del periodo) nello stile dei tanti padiglioni e chioschi, che costellavano un’area espositiva di 440 mila metri quadrati, dominata da tre grandi costruzioni principali: le Gallerie del Lavoro e dell’Industria e il Villaggio Medioevale. Le prime erano strutture in ferro, che ricordavano quanto visto nelle grandi esposizioni inglesi, mentre il secondo era la ricostruzione di un borgo ispirato allo stile del medioevo piemontese. Il villaggio esiste ancora oggi e rappresenta una delle più gettonate attrazioni della città. L’esposizione di Torino era suddivisa in otto grandi aree tematiche: belle arti, didattica, produzioni letterarie e scientifiche, previdenza e assistenza pubblica, industrie estrattive e chimiche, industrie meccaniche industrie manifatturiere economia rurale, orticola, forestale e zootecnica. Nelle grandi gallerie dell’Industria e della meccanica, popolate tutti i giorni da uomini in cilindro e donne in crinoline era possibile incappare in prototipi e progetti che, in alcuni casi, sono attualità dopo un secolo e mezzo. Come il modello in scala di una galleria sotto lo Stretto di Messina, presentato dalla Società Veneta e Impresa Costruzioni Pubbliche. La società era stata fondata nel 1872 da Vincenzo Stefano Breda, cugino del più famoso Ernesto. L’azienda si era occupata inizialmente di grandi opere infrastrutturali, tra le più importanti del neonato Regno d’Italia, tra cui quelle idrauliche agli argini dei grandi fiumi. Tra le costruzioni civili più importanti realizzate dalla società figura il palazzo delle Finanze, attuale sede del Ministero a Roma in via XX Settembre. Nella galleria dell’Industria erano concentrate le innovazioni principali, descritte minuziosamente e tramandate al giorno d’oggi dal catalogo ufficiale curato da un illustre ingegnere, Orazio Chiazzari de Torres, uno dei più importanti nel nascente campo delle costruzioni ferroviarie. E proprio su quest’ultimo Chiazzari si concentra nel descrivere le novità presentate all’esposizione, tutte rivolte a migliorare l’efficienza dei motori a vapore delle locomotive. Tra le soluzioni esposte, primeggiavano il sistema di iniezione automatica di acqua nelle caldaie, in grado di rendere molto più efficiente il rendimento del motore a vapore. L’iniezione automatica riguardava anche il sistema di lubrificazione delle macchine a vapore, sia fisse per l’uso industriale che per le locomotive. Queste pompe automatiche sostituivano i sistemi manuali, spesso resi inefficienti da agenti esterni come la polvere e i residui. Questi sistemi innovativi, tra cui quello brevettato dallo stesso Chiazzari, avevano anche un importante ruolo nella sicurezza operativa delle macchine a vapore. Fino ad allora, infatti, la lubrificazione degli organi veniva effettuata anche con il treno in corsa, rendendo pericolosissimo il lavoro del macchinista. E proprio al nuovo tema della sicurezza sul lavoro si concentrarono gli organizzatori e gli espositori di Torino. A stimolare la crescita nella prevenzione (un aspetto anche oggi primario nel campo industriale) vi fu un grave incidente che si verificò proprio in una fabbrica di Torino l’anno precedente l’esposizione e che produsse un vero e proprio choc nella cittadinanza. Il 16 maggio 1883 presso lo stabilimento Mazzucchetti di saponi e olii scoppiò una caldaia durante un collaudo, provocando la morte di un ingegnere e di due addetti, oltre a numerosi feriti. All’esposizione, l’ingegner Chiazzari portò il suo prototipo di «caldaia inesplodibile», una soluzione ingegneristica che si avvicinava a quelli che sarebbero poi stati gli standard di sicurezza adottati nel secolo successivo. Il suo brevetto fu utilizzato da una delle più importanti industrie italiane, l’Ansaldo. Ma non soltanto la sicurezza fu protagonista alla kermesse torinese del 1884: anche la salute e la prevenzione, oggetto dello slancio del progresso positivista, furono tra le novità dell’esposizione. Una delle soluzioni ingegneristiche in mostra nella galleria dell’industria ne rappresentava la sintesi. Tra le tante proposte e prototipi, trovò spazio un forno industriale «portatile» per l’essicazione del granoturco. Dalla semplice descrizione, non parrebbe un’invenzione tanto rivoluzionaria. Invece farà da apripista nel miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie in particolare del mondo agricolo. Il secolo XIX era stato funestato dalla piaga della pellagra, che colpiva in particolare modo le fasce più umili della popolazione a causa della dieta a base di mais, alimento che se non essiccato correttamente portava ad una sempre maggiore diffusione della malattia. Scriveva Chiazzari nel libretto-guida dell’esposizione: «Ma pel granturco la bisogna corre diversa, perché la sua fermentazione va congiunta ad un altro e più tremendo malanno, dovuto indubbiamente alla ingestione del mais guasto per umidità. Si allude allo sviluppo di quella maledetta pellagra, che miete annualmente un numero spaventoso di vittime, e mille e mille ne riduce a stato peggiore di morte. Né la malattia accenna punto a scomparire od a mitigarsi; che anzi va rapidamente estendendosi anche in quelle località che ne erano affatto immuni solo pochi anni in addietro». Il forno mobile alimentato a gas ad azione continua era l’antesignano dei moderni forni industriali. Formato da due parti principali, una camera di riscaldamento dell’aria e una di cottura a forma di campana, il forno poteva essere trainato su ruote e su affusto ferroviario. All’interno, su una base girevole dove venivano alloggiati i cestelli contenenti il cereale come nei moderni microonde, il granoturco seccava alla temperatura costante di 150°C. L’apparecchio garantiva il riscaldamento di ben 7 milioni di litri d’aria all’ora. Tra le pagine del catalogo dei prototipi, accanto ai brevetti di forni essiccatori per cereali, le primissime asciugatrici di panni antenate di quelle moderne. Anche in questo caso concepite per un uso diretto a migliorare le condizioni igieniche dei lavoratori tramite l’asciugatura rapida dei loro abiti da lavoro, furono presentate a Torino da diverse piccole realtà industriali del Nord. Ma l’invenzione che forse anticipò maggiormente il futuro venne dal settore alimentare e della ristorazione, che all’expo di Torino fu tra le attrazioni più apprezzate dal vasto pubblico che la visitò. Si trattava di una macchina per fare il caffè «istantaneo», il prototipo delle macchine per caffè espresso di cui l’Italia diventerà leader mondiale nel secolo XX. Al numero 6.143 del catalogo generale appariva la breve descrizione di una «macchina privilegiata per la preparazione istantanea del caffè in bevanda», messa in funzione all’interno di uno stand-chiosco nella Galleria del Lavoro. L’inventore era Angelo Moriondo, proveniente da una dinastia torinese di produttori di cioccolato, ristoratore e albergatore. All’expo del 1884 comparve la prima macchina per il caffè espresso del mondo, un apparecchio color bronzo a forma di campana, dell’altezza di circa un metro. Alimentata da un fornelletto a gas (o in alternativa a carbone di legna) nella parte inferiore, aveva la peculiarità di poter controllare separatamente il flusso di acqua e vapori, ancora oggi alla base del funzionamento delle macchine del caffè espresso. L’inventore brevettò la sua creazione poco prima dell’apertura dell’Esposizione del Valentino, riuscendo a stupire migliaia di visitatori del suo stand e mese in funzione due macchine nei suoi prestigiosi locali nel cuore della città piemontese, l’«American Bar» e «Gran Caffè Ligure», dove le uniche due macchine lavoravano al ritmo di ben 5 tazze di caffè al minuto. Moriondo non sfruttò mai il brevetto per avviare la produzione industriale delle macchine per il caffè espresso, considerando le poche prodotte artigianalmente come una «meraviglia» riservata ai suoi locali. Quasi vent’anni più tardi, chiaramente ispirati al prototipo presentato a Torino nel 1884, Bezzera e Pavoni esposero alla grande Esposizione di Milano del 1906 le loro macchine per espresso, che avrebbero in futuro prodotto in serie con il marchio «La Pavone». L’Esposizione Generale di Torino chiuse i battenti il 17 novembre 1884, quando già le foglie del parco Valentino erano cadute a terra. Ma all’orizzonte delle colline torinesi, per sette mesi, aveva brillato il sole del progresso scientifico e industriale, i cui raggi erano stati gli imprenditori che negli anni a venire traghetteranno l’Italia tra le «grandi» del mondo. E Torino, la ex capitale del Regno sotto le cui insegne il Paese si era unificato, sarà uno dei vertici del triangolo industriale assieme a Milano e Genova.