2020-04-21
Enria cavalca il virus per le fusioni. Torna l’idea della bad bank europea
Il capo della Vigilanza della Bce torna a premere per il consolidamento degli sportelli e al tempo stesso rilancia l'idea che fu già di Romano Prodi di un veicolo unico per le sofferenze bancarie. La Commissione si oppone.«Serve una società di gestione a livello europeo, una vera e propria bad bank, che possa affrontare la massa di 1.000 miliardi di euro crediti deteriorati aggregata degli istituti del Vecchio Continente». Così parlò il 30 gennaio del 2017 a una conferenza in Lussemburgo l'allora presidente dell'Eba (l'autorità bancaria europea), Andrea Enria convinto che questo soggetto non avrebbe annullato le regole del bail in ma acquistato i crediti al valore di mercato creando però una massa critica e reperendo fondi privati. Oggi Enria è a capo della Vigilanza della Bce. E quella idea non se l'è mai tolta dalla testa. Tanto che l'ipotesi di una bad bank europea rispunta fuori adesso per fronteggiare l'impatto del Covid-19 sui conti delle banche. L'indiscrezione è apparsa domenica sera sull'edizione online del Financial Times: «Alcuni funzionari della Bce hanno discusso con la Commissione Ue la proposta di una bad bank europea per ripulire i bilanci delle banche dai crediti deteriorati ereditati dalla crisi finanziaria del 2008 ma anche in quelli che deriveranno dalla prevista ondata di debito tossico innescata dalla ricaduta economica del coronavirus», rivela il quotidiano della City. Aggiungendo che a riportare a galla la proposta sarebbe stato Enria ma che i rappresentanti dell'Ue sarebbero, al momento, riluttanti ad abbandonare le regole sul bail in che prevedono la risoluzione delle banche prima della concessione di aiuti di Stato. E ieri, ecco la parziale smentita: la Commissione Ue non sta lavorando all'ipotesi di creare una bad bank di scala europea per togliere i non performing loans dai bilanci delle banche, ha detto un portavoce da Bruxelles, confermando che l'esecutivo Ue non sarebbe d'accordo perché metterebbe in discussione il principio per cui gli aiuti di Stato alle banche possono essere riconosciuti solo dopo che la risoluzione ha imposto perdite ad azionisti e obbligazionisti. La Commissione ha poi aggiunto che ci sono molti strumenti per gestire gli Npl e che anche questo aspetto rientra nella misure di flessibilità per fronteggiare gli effetti economici della crisi sanitaria. In ogni caso è «pronta a completare l'insieme degli strumenti a disposizione», se necessario. Nel frattempo, però, sempre sulle colonne del Financial Times il governatore della banca centrale greca Yannis Stournas ha dichiarato che «la lezione della crisi è che solo con una bad bank è possibile sbarazzarsi rapidamente dei crediti deteriorati, potrebbe essere europea o nazionale. Ma deve accadere rapidamente». Un assist per Enria che proprio ieri ha rilasciato un'intervista al media spagnolo El Confidencial. Senza citare la bad bank ma invocando «una risposta veramente europea per evitare che uno shock totalmente esogeno legato da un virus si trasformi in una crisi più profonda, soprattutto in alcuni Stati membri». Secondo Enria, inoltre, l'impatto del lockdown imposto dalla pandemi, «potrebbe accelerare» le ristrutturazioni di «quelle banche che stavano resistendo ai margini del sistema», le «più deboli potrebbero finire sotto pressione e quindi le aggregazioni potrebbero essere una parte della soluzione». Considerazioni che riguardano da vicino l'Italia.Il tema della bad bank, tra l'altro, non è nuovo qui da noi. Anzi, il nostro Paese ha fatto da pioniere con il Banco di Napoli che alla fine gli anni Novanta, prima di essere acquistato dal Sanpaolo Imi, trasferì i crediti in sofferenza a una società apposita (la Sga), dando le azioni in pegno al Tesoro e affidando la vigilanza a Bankitalia. Il progetto di una bad bank di sistema per ridurre lo stock di sofferenze degli istituti era poi stato rilanciato nell'ottobre del 2013 dall'ex premier Romano Prodi con un intervento sul Messaggero: «La circolazione sanguigna del nostro corpo economico», aveva scritto, «è costituita essenzialmente dal sistema bancario su cui si fonda l'85% di tutte le attività finanziarie (,..). Per essere in grado di fare il loro mestiere le banche devono essere alleggerite di parte dei cattivi debiti che lo rendono impossibile». Più che cattiva, dunque, una banca «spazzina» creata per fare pulizia nei bilanci di altri istituti acquistandone una parte del cosiddetto incaglio, cioè in pratica i prestiti difficili o impossibili da recuperare. Il pungolo prodiano era però rimasto lettera morta. Sia per le resistenze del Tesoro, allora guidato da Fabrizio Saccomanni, sia per quelle delle singole banche: nessuno voleva fare il primo passo comunicando al mercato di avere un problema. Ma ora che in gioco c'è la capacità del sistema bancario europeo di sostenere l'economia attraverso la forte ripresa dei prestiti alle imprese ecco che il tema torna in auge sponsorizzato dal capo della Vigilanza della Bce.