2025-08-01
Emiliano rema contro, ma il salva Ilva è legge
La Camera approva la fiducia sul decreto di sostegno all’acciaieria, l’opposizione vota a sfavore. Il governatore fa melina sull’accordo e il sindaco dimissionario Bitetti va al Mimit lamentando le pressioni degli ecologisti. Poi però segue la loro linea.L’obiettivo del governo è riconvertire l’ex Ilva di Taranto nel «più grande stabilimento siderurgico green d’Europa». Così dice il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. La firma sarebbe dovuta arrivare ieri, ma gli ambientalisti, per molti, finti, ancora una volta, si sono messi di traverso. La strada per arrivare all’obiettivo insomma è ancora lunga. «Siamo ad un passo dalla firma del protocollo o dal fallimento» ha detto il governatore della regione Puglia Michele Emiliano che avrebbe trovato un accordo con Urso per arrivare alla firma. Tuttavia serve anche il via libera del Comune. Ed è qui che la vicenda si fa complicata perché lo scorso 28 luglio, il neoeletto sindaco del Pd, Piero Bitetti, dopo neanche due mesi dalla sua proclamazione, aveva presentato improvvise e immediate dimissioni parlando di «inagibilità politica» e annunciando un passo indietro, in seguito a contestazioni ricevute durante un confronto con associazioni e movimenti sulla transizione ecologica dell’ex Ilva. Da subito in molti gli hanno chiesto di rivedere la sua decisione di ritirare le dimissioni. Per alcuni il suo è stato un atto di codardia, per altri una tattica. Certamente non è stato un bel gesto in un momento così delicato per la città che amministra. Ieri, sempre improvvisamente, è arrivato il dietrofront. «Non posso pensare che si discuta della nostra città e nessuno ci sia a rappresentarla», ha detto il primo cittadino della città pugliese sottolineando che le dimissioni non avevano origine in «questioni politiche» o «di fughe» ma volevano «testimoniare un gesto eclatante, perché il linguaggio delle intimidazioni e delle offese non deve prevalere». In realtà il sindaco si è reso conto che non partecipando avrebbe spianato la strada per un accordo, anche se parziale, tra governo e regione. Di qui la decisione di intervenire per imporre il proprio no. Insomma passa la linea delle associazioni, cosiddette ambientaliste, che di fatto stanno impedendo la riconversione verde per lasciare tutto così com’è. L’accordo che avrebbero potuto firmare regione Puglia e governo non avrebbe contenuto la nave rigassificatrice, al centro delle proteste degli attivisti. Infatti nel periodo di transizione l’ex Ilva dovrà servirsi del gas, e la nave è considerata la soluzione migliore.Emiliano ha posto un’altra condizione. Ha spiegato che si impegna a firmare solo se il sindacato fosse d’accordo, con garanzie occupazionali. Il governo propone che entro il 2033 vi siano tre forni elettrici a Taranto con lo spegnimento definitivo di tutti gli altoforni, la costruzione degli impianti Dri e, appunto, una nave rigassificatrice nel porto per alimentarli. Firmare l’accodo senza nave sarebbe una soluzione perché secondo i calcoli di Acciaierie d’Italia, fino al 2031, quando verrebbe acceso il secondo altoforno, non servirebbe. Per un forno basta approvvigionarsi come fatto fin qui tramite le pipeline di Tap e Snam. La presenza del sindaco ha fatto rimandare l’intesa. Ora l’ipotesi è quella di rinviare la discussione sull’accordo istituzionale di programma al 12 agosto. All’inizio della prossima settimana sarà aggiornato il nuovo bando di gara per la vendita dell’azienda. Il sindaco di Taranto secondo alcune fonti avrebbe chiesto di poter fare un passaggio dal Consiglio comunale prima di assumere una posizione formale. Bitetti ha riproposto la sua terza via: tre forni e un Dri. Sui tre forni, quindi, sarebbero tutti d’accordo. «Per quanto riguarda il luogo dove installare i forni elettrici, la decisione dipende dal Comune di Taranto» ha precisato Urso che aveva aggiunto: «Spetta a Taranto la prima scelta: l’ho sempre detto e lo confermo ancora oggi». Nel frattempo la Camera ieri ha approvato la fiducia posta sul decreto ex Ilva che contiene misure urgenti di sostegno ai comparti produttivi che introducono misure per semplificare investimenti strategici, sostenere le imprese in crisi e tutelare l’occupazione. Fondi quindi: 200 milioni di euro per assicurare la continuità produttiva e la sicurezza degli stabilimenti dell’ex Ilva Inoltre viene tracciata la strategia normativa per il rilancio del polo siderurgico. A votare la fiducia 178 deputati, 107 i contrari e 4 astenuti. Il via libera definitivo è arrivato poi con 139 si, 85 no e 5 astenuti. Il decreto già approvato dal senato ora è legge. Il leader di Avs Angelo Bonelli in Aula ha detto: «L’accordo di programma che vuole imporre Urso a Taranto è uno schiaffo ai tarantini: un ricatto alla città che nasconde l’assenza di una vera strategia industriale».
Alfredo Mantovano (Imagoeconomica)