
L’ex pm sul palco a fianco del sindaco racconta: «Fu minacciato e andammo assieme a casa della sorella del boss della città vecchia. Le dissi: “Questo deve lavorare, te lo affido”». Fi si scatena contro il governatore. Antonio Decaro indossa i panni del martire, dopo che il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha inviato al Comune di Bari una commissione di accesso per accertare se esistono i presupposti per sciogliere il consiglio comunale per infiltrazioni della criminalità organizzata: ieri il sindaco ha radunato in piazza i suoi sostenitori e ha dato vita a uno show propagandistico, una manifestazione dal titolo Giù le mani da Bari indetta da Cgil e Pd. «Non sono venuto qui a fare polemiche», dice Decaro, facendo polemica, «io non rispondo perché la migliore risposta è qui davanti a me, in questa piazza, la risposta più vera è più forte siete voi. Quello che stanno cercando di farci è una vergogna senza confini non si calpesta una città solo per un calcolo elettorale, per vincere una partita a tavolino, non si calpesta la storia dei baresi perché si ha paura di perdere una campagna elettorale che perdono da 20 anni, perché non hanno mai avuto un progetto per la città». In realtà non si capisce come potrebbe il centrodestra «vincere a tavolino» le comunali a giugno: se la commissione prefettizia non scioglierà il Consiglio comunale, il Pd canterà vittoria; se lo scioglierà, l’amministrazione comunale sarà commissariata per 18 mesi. Demagogia e retorica la fanno da padrone: «Siete la migliore risposta a questo attacco ignobile», aggiunge Decaro, «difenderò questa città fino all’ultimo giorno in cui sarò sindaco, difenderò l’onore della città insieme a voi. Proverò da sindaco a essere all’altezza di questa risposta meravigliosa che ci date in questa piazza. Proverò a essere all’altezza del vostro orgoglio». Ci va giù durissimo, con parole che non mancheranno di suscitare polemiche, don Angelo Cassano, parroco della chiesa di San Sabino e referente regionale dell’associazione Libera: «Dobbiamo avere il coraggio», proclama don Cassano dal palco della manifestazione, «di ricordare che quel ministro, Piantedosi, è lui il vero criminale. Diamo un calcio ai trasformisti, mandiamoli a casa, perché il male della politica è questo».Il governatore Michele Emiliano, sul palco accanto a Decaro, racconta però un episodio curioso: «Quando Antonio divenne assessore al Traffico avevamo una città impazzita, avevamo Bari vecchia che era completamente fuori controllo. Io dissi: Antò, dobbiamo chiudere al traffico Bari vecchia. Un giorno si sente bussare alla porta, perché è cominciata così l’antimafia di Antonio Decaro, bussa la porta e mi dice, bianco come un cencio: sono stato a piazza San Pietro, e uno mi ha messo una pistola dietro la schiena (non abbiamo mai saputo se era veramente una pistola o un dito molto duro). Lui stava facendo i sopralluoghi per la Ztl di Bari vecchia. Io lo presi, andammo a casa della sorella di Antonio Capriati, che era il boss di quel quartiere, e le dissi: vedi che questo ingegnere è assessore mio, deve lavorare», ricorda ancora Emiliano, «perché qui c’è il pericolo che i bambini possano essere investiti dalle macchine. Quindi se ha bisogno di bere, se ha bisogno di assistenza, te lo affido. Dopo pochi mesi, e lui c’era, andammo a sgomberare tutte le case dei Capriati che erano state confiscate, a piazza San Pietro. Non abbiamo mai criminalizzato il desiderio di queste persone di cambiare vita, anzi abbiamo aiutato il loro desiderio di cambiare vita». Il governatore ha poi cercato di metterci una pezza, dicendo di essere andato dalla donna solo per «farle capire che le cose erano cambiate». Le parole di Emiliano suscitano l’indignazione di Forza Italia: «Quando ero assessore in giunta comunale di Brindisi con il sindaco Mimmo Mennitti», scrive su Facebook il deputato azzurro Mauro D’Attis, leader del partito in Puglia, «un assessore, mio collega, fu minacciato da un esponente della criminalità. Mimmo Mennitti, allora, ricordo che avvisò il procuratore. Non ricordo che andò a trovare i parenti di quel tizio....». «Parole sconcertanti di Emiliano», sottolinea il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri, «se i boss minacciano si va in Procura, non a casa loro». «Non posso crederci», sottolinea la deputata berlusconiana Rita Dalla Chiesa, «ma davvero sono state pronunciate queste parole? Da Michele Emiliano, un magistrato…».Il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia Tommaso Foti interviene ricordando alla sinistra la sua solita doppia morale: «Quando, in altri casi», sottolinea Foti, «era stata avviata una procedura del genere su amministrazioni di centrodestra, gli applausi scroscianti della sinistra non erano certo mancati. Vogliamo però ricordare che la lotta alla mafia non ha un colore politico e che il fine ultimo è quello di tutelare i cittadini. Inutile, dunque, alimentare lo spauracchio di uso politico di una commissione volta ad accertare se vi siano state illiceità nelle procedure amministrative del Comune di Bari, per meri fini elettorali».(...)
Andy Mann for Stefano Ricci
Così la famiglia Ricci difende le proprie creazioni della linea Sr Explorer, presentata al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, concepita in Patagonia. «Più preserveremo le nostre radici, meglio costruiremo un futuro luminoso».
Il viaggio come identità, la natura come maestra, Firenze come luogo d’origine e di ritorno. È attorno a queste coordinate che si sviluppa il nuovo capitolo di Sr Explorer, il progetto firmato da Stefano Ricci. Questa volta, l’ottava, è stato presentato al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, nata tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, terre estreme che hanno guidato una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul suo fragile equilibrio. «Guardo al futuro e vedo nuovi orizzonti da esplorare, nuovi territori e un grande desiderio di vivere circondato dalla bellezza», afferma Ricci, introducendo il progetto. «Oggi non vi parlo nel mio ruolo di designer, ma con lo spirito di un esploratore. Come un grande viaggiatore che ha raggiunto luoghi remoti del Pianeta, semplicemente perché i miei obiettivi iniziavano dove altri vedevano dei limiti».
Aimo Moroni e Massimiliano Alajmo
Ultima puntata sulla vita del grande chef, toscano di nascita ma milanese d’adozione. Frequentando i mercati generali impara a distinguere a occhio e tatto gli ingredienti di qualità. E trova l’amore con una partita a carte.
Riprendiamo con la seconda e conclusiva puntata sulla vita di Aimo Moroni. Cesare era un cuoco di origine napoletana che aveva vissuto per alcuni anni all’estero. Si era presentato alla cucina del Carminati con una valigia che, all’interno, aveva ben allineati i ferri del mestiere, coltelli e lame.
Davanti agli occhi curiosi dei due ragazzini l’esordio senza discussioni: «Guai a voi se me li toccate». In realtà una ruvidezza solo di apparenza, in breve capì che Aimo e Gialindo avevano solo il desiderio di apprendere da lui la professione con cui volevano realizzare i propri sogni. Casa sua divenne il laboratorio dove insegnò loro i piccoli segreti di una vita, mettendoli poi alla prova nel realizzare i piatti con la promozione o bocciatura conseguente.
Alessandra Coppola ripercorre la scia di sangue della banda neonazi Ludwig: fanatismo, esoterismo, violenza e una rete oscura che il suo libro Il fuoco nero porta finalmente alla luce.
La premier nipponica vara una manovra da 135 miliardi di dollari Rendimenti sui bond al top da 20 anni: rischio calo della liquidità.
Big in Japan, cantavano gli Alphaville nel 1984. Anni ruggenti per l’ex impero del Sol Levante. Il boom economico nipponico aveva conquistato il mondo con le sue esportazioni e la sua tecnologia. I giapponesi, sconfitti dall’atomica americana, si erano presi la rivincita ed erano arrivati a comprare i grattacieli di Manhattan. Nel 1990 ci fu il top dell’indice Nikkei: da lì in poi è iniziata la «Tokyo decadence». La globalizzazione stava favorendo la Cina, per cui la nuova arma giapponese non era più l’industria ma la finanza. Basso costo del denaro e tanto debito, con una banca centrale sovranista e amica dei governi, hanno spinto i samurai e non solo a comprarsi il mondo.





