2025-08-26
Argini dei fiumi romagnoli in rovina. Con le prime piogge è già disastro
Danni del maltempo sulla Riviera romagnola. Nel riquadro il governatore dell' Emilia-Romagna Michele De Pascale (Ansa)
Dopo la terribile alluvione del 2023 erano state promesse delle bonifiche, interventi al minimo. E i risultati si vedono. Il comitato Amici del Santerno: «Abbiamo firmato interrogazioni regionali, senza risposte».Da tre anni chiedono interventi che non arrivano. Nel frattempo a Lugo, in provincia di Ravenna, c’è ansia in vista dell’arrivo delle piogge che già hanno interessato diverse zone della Bassa Romagna. La terribile alluvione del 2023 non si può dimenticare, nemmeno gli allagamenti dell’abitato nel settembre dello scorso anno, seppure più contenuti. Nella frazione di San Bernardino il letto del fiume Santerno supera di almeno 2 metri le quote originarie e la sponda destra è di circa 70 centimetri più bassa rispetto a quella di sinistra. La difformità compromette la funzione di contenimento con la conseguente minaccia di inondazione di ampie aree abitate non appena le acque si ingrossano. A grave rischio sono esposte anche le località di Giovecca, Passogatto e Voltana di Lugo «dove il fiume è in stato di abbandono», spiega il presidente del comitato Amici del Santerno, Alessio Ferri. A maggio dovevano finalmente partire i lavori, siamo a fine agosto «e di cantieri aperti e operativi non si vede l’ombra. Abbiamo fatto fare interrogazioni regionali ma non abbiamo ricevuto risposte o erano inadeguate», dichiara esasperato. «La messa in sicurezza deve essere più veloce. Non occorrono grandi opere, serve la manutenzione ordinaria di argini e alvei. Sono già stati stanziati 5 milioni di euro eppure tutto è fermo».Oltre al problema degli argini, «il deflusso rallentato deriva dall’effetto imbuto che si verifica fino al ponte della ferrovia Ferrara-Ravenna», segnala Ferri. «L’alveo restringendosi fa ovviamente alzare il livello della piena. Aggiungiamo le frane nelle banche interne del fiume e una scarsa manutenzione ordinaria, e noi rischiamo. A marzo abbiamo avuto quasi 15 ore di allerta rossa segnalata dall’idrometro. La perturbazione ci ha “graziato” nel vero senso della parola perché c’è stato uno sfasamento meteo, altrimenti nel fiume Santerno avremmo avuto danni ben più gravi».Il non completamento delle casse di espansione a San Prospero, frazione vicino a Imola, dopo dieci anni di promesse «e pure sottodimensionate, non bastano a contenere le piene per un fiume come il Santerno, terzo per portata dopo Reno e Idice», confermano la preoccupante lentezza nell’intervenire con opere di sicurezza idrogeologica in un territorio caratterizzato da annose problematiche di dissesto.Non solo. Per evitare fenomeni di infiltrazione ed erosione dovuti alla crescita di piante e arbusti, tutti gli anni gli argini dovrebbero essere ripuliti in particolar modo durante l’estate. Operazione che viene trascurata, come ben evidenziato nella foto che pubblichiamo. Inoltre vanno monitorate le tane di mammiferi con abitudini fossorie (quali nutrie, tassi e istrici) lungo gli argini, che però, risultando specie «gravemente minacciate di estinzione nel territorio», vengono protette e così espongono il territorio a rischi idraulici notevoli.Altri fiumi presentano criticità non risolte. Come il Lamone, che «da marzo è stato messo in sicurezza con dei teloni, ma non va bene perché lì non cresce l’erba, la terra non si è compattata e in caso di piena se ci fossero delle infiltrazioni sottostanti l’argine si disintegra nuovamente», fa presente Ferri.«Chi fa parte delle istituzioni, a qualunque livello, ha il dovere di rispondere con trasparenza, concretezza e rispetto alle cittadine e ai cittadini, soprattutto quando si parla della ricostruzione post-alluvione, un impegno che riguarda la vita quotidiana e la sicurezza delle persone e il futuro dei territori», dichiarava a inizio agosto Michele de Pascale, governatore dell’Emilia-Romagna. Commentava positivamente la presenza stabile a Bologna della struttura commissariale, in una sede messa a disposizione dalla Regione. «Ci consente di affrontare insieme, ogni giorno, le tante sfide e complessità ancora aperte», aggiungeva.Di tempo se n’è perso troppo. La scorsa settimana, un articolo del Fatto Quotidiano documentava la situazione abnorme di soldi stanziati e non spesi. «Ancor più desolante è la situazione dei fondi per il rischio idrogeologico rimasti nel Pnrr: si tratta di 944 milioni in tutto, destinati per la grandissima parte all’Emilia Romagna, alla Toscana e alle Marche, cioè i territori colpiti dall’alluvione del 2023, soldi entrati nel Pnrr con la prima revisione generale realizzato dal governo Meloni proprio quell’anno. I pagamenti in totale sono sotto l’1%, tutti in Emilia Romagna», scriveva Marco Palombi.L’elenco dei lavori non svolti è a dir poco vergognosa, come appare su OpenPnrr, progetto della fondazione Openpolis. «Si va da decine di appalti per “interventi di ripristino di modesta entità e ripristino dei piani viabili” a quelli più specifici per la riapertura di strade sprofondate o la messa in sicurezza di scarpate, torrenti e argini franati fino alla creazione di varchi e alvei per lo sfogo dell’acqua in eccesso in caso arrivi una nuova alluvione. A giudicare dalla velocità dei lavori, però, gli interessati farebbero meglio a sperare che non piova troppo nei prossimi anni».
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Donald Trump (Getty Images)
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Andrea Crisanti (Imagoeconomica)