2024-06-01
        Elkann fa l’Agnellino soltanto per impietosire
    
 
Il rampollo confida ad «Avvenire» le violenze subite da piccolo dalla madre. Una storia strappalacrime ma che non ci basta: deve spiegare come ha ottenuto il controllo dell’impero ex Fiat. Ed evitare di farci la lezione sull’attaccamento della sua famiglia a Torino.In crisi di popolarità per aver avviato un piano di smantellamento della Fiat in Italia e in procinto di dover affrontare in tribunale la causa che gli ha intentato la madre, con il rischio di perdere il controllo dell’impero, il presidente di Stellantis, John Elkann, si traveste da Agnellino, dichiarandosi vittima di un’infanzia infelice. Tutta colpa della mamma che fin da quando lui e i fratelli erano in tenera età, li seviziò, sottoponendoli a violenze fisiche e psicologiche. Non osiamo immaginare le torture che furono costretti a subire i tre giovani Elkann, ma ci consola sapere che nel momento del bisogno, i figli di Margherita Agnelli abbiano trovato conforto nei nonni, Giovanni e Marella, i quali «crearono intorno ai piccoli un rapporto protettivo», che poi, a quanto pare, si è tradotto anche in un generoso lascito.La dura vita dell’erede di una delle famiglie più ricche d’Italia è stata rivelata da John Elkann in un’intervista all’Avvenire, con cui il nipote dell’Avvocato, dopo gli scontri dei mesi passati, ha voluto donare anche un ramoscello d’ulivo al governo, dichiarandosi alla ricerca del dialogo con Palazzo Chigi. In realtà, come si è capito anche dalle prese di posizione dell’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, più che il dialogo il gruppo automobilistico reclama i soldi e, soprattutto, misure protezionistiche che impediscano a marchi stranieri di insediarsi in Italia. Già, perché il contrasto con l’esecutivo non è morale, ma materiale. Ciò che resta della Fiat pretende incentivi per gli investimenti e per gli acquisti di autovetture e, in cambio, offre di mantenere ancora una presenza in Italia, invece di traslocare le catene di montaggio in Marocco, dove ha invitato i fornitori a trasferirsi, o là dove la manodopera costa meno. Ma oltre a bussare a quattrini, Stellantis chiede pure che nessuno vada in cerca di alternative, magari offrendo a qualche produttore cinese di aprire un avamposto europeo nel nostro Paese.Ma al di là del segnale al governo e della presunta offerta di pace, l’intervista di ieri è una nuova puntata del conflitto che oppone Elkann alla madre. Una vicenda che appare meglio di Dinasty, con colpi di scena degni del miglior produttore di Hollywood. Non ci sono solo le rivendicazioni di Margherita Agnelli, la quale sostiene di essere stata raggirata e indotta a rinunciare a parte dell’eredità e per questo va di tribunale in tribunale da vent’anni. Ci sono le violenze. Una triste storia di maltrattamenti in famiglia di cui Jaki si è ricordato alla soglia dei cinquant’anni, per ricondurre il conflitto non a uno scontro di interessi, con passaggi oscuri che riguardano tesoretti miliardari e collezioni d’arte apparentemente sparite, firme ritenute false e residenze considerate fittizie, ma a una dolorosa questione domestica. Non c’è di mezzo un’evasione fiscale che, se confermata, sarebbe clamorosa e nemmeno un’operazione poco trasparente di passaggio di mano di quello che era il più grande gruppo privato italiano. No, c’è una madre che picchia i figli e li costringe a subire violenze fisiche e psicologiche.Quella raccontata da Elkann sulle pagine dell’Avvenire (il cui giornalista si è guardato dal chiedere delucidazioni su accuse tanto gravi) è la storia di un piccolo lord, costretto a vivere una vita di stenti ma che, con la morte del nonno e della nonna, si trasforma in una vita meravigliosa, con un solo neo che, purtroppo, lo accompagna da vent’anni, ossia la presenza della strega cattiva, la terribile Margherita.Intendiamoci: a noi interessa poco o niente dei conflitti familiari. Ma se il presidente di Stellantis vuole mettere in piazza gli affari sporchi di famiglia, lo faccia fino in fondo raccontando per filo e per segno una vicenda che, per quanto privata, è in realtà questione pubblica perché ha ricadute su decine di migliaia di famiglie. E non si limiti a rendicontarci con ritardo dei ceffoni subiti o delle punizioni patite, ci descriva la complessa transizione dalla terza alla quinta generazione di Agnelli con il salto della quarta e alzi il velo su passaggi societari e di proprietà che non sono sempre stati limpidi e anche su alcuni aspetti fiscali.E poi, ci permetta, va bene atteggiarsi a vittima, anche se si è seduti su una montagna di quattrini, ma almeno ci risparmi la lezione sulle radici che terrebbero lui e la sua famiglia a Torino. «Le nostre radici sono qui, in un territorio cui ci sentiamo legati e sul quale continuiamo a rafforzare il nostro impegno sociale». Se fosse vero, Exor, ossia la finanziaria del gruppo, non avrebbe sede in Olanda, dove come è noto si pagano meno tasse. Va bene trasformarsi da lupi in agnellini, ma a noi non sta bene fare la parte dei fessi.