
Domani i De Benedetti decideranno a quanto vendere le quote di Gedi a Exor, interessata a tutto il gruppo. Niente «spezzatino» né cessione del quotidiano all'Ingegnere. L'erede Agnelli punterà forte sul digitale. Saranno tempi duri per prima linea e fondatore.Nella tarda serata di venerdì, Cir, la holding di riferimento di Rodolfo e Marco De Benedetti ha diffuso una nota di due righe. Confermando le indiscrezioni sulla vendita. Domani ci sarà un consiglio di amministrazione per valutare la cessione delle quote di controllo di Gedi a Exor, la cassaforte della famiglia Agnelli. A oggi Cir possiede il 43,7% del capitale ordinario della società editrice (più o meno il 45% dei voti), mentre Exor ha il 6,26% della quota votante. L'obiettivo di John Elkann, forte anche del sostegno dei soci esterni di Exor, è prendere il controllo di tutto il gruppo, diventare editore - oltre che della Stampa e del Secolo - anche di Repubblica e di annessi e connessi. I quotidiani locali sono 13, poi ci sono i magazine e le radio: il tutto per un fatturato di poco inferiore ai 450 milioni. Fin qui i numeri e gli obiettivi di massima. D'altronde, con la liquidità che arriverà nelle casse di Exor dalla fusione tra Fca e la francese Psa, il denaro per entrare a gamba tesa nell'asfittico mercato editoriale italiano è l'ultimo dei problemi. Certo, ci vuole comunque coraggio a scommettere sulla carta stampata. Ma Elkann ha in mente una forte rivoluzione europea, più che una dolce transizione come quella che ha caratterizzato la gestione dei figli di De Benedetti. Motivo per cui l'annuncio sta mandando in fibrillazione gran parte della redazione di Repubblica e soprattutto ha mandato ai pazzi l'Ingegnere che ha cercato (quasi sicuramente senza successo) di intromettersi nella vendita. Lo scorso ottobre ha prima fatto uscire la notizia, poi ha offerto per il 30% di Gedi 25 centesimi ad azione (circa 38 milioni). Quindi, incassato il no, ha accusato dalle colonne del Corriere della Sera i figli di essere incapaci di mandare avanti un giornale. Da quando Carlo De Benedetti ha lasciato il gruppo nel 2012 sono però cambiate così tante cose nel mondo dell'editoria che tutti gli italiani (eccetto gran parte dei giornalisti) hanno capito che non si possono più fare confronti con il passato. I figli di Silvio Berlusconi hanno intrapreso una strada al di fuori dell'Italia e gli Agnelli ci ritornano dopo aver vissuto il rilancio e il trasferimento del Lingotto fuori dai confini nazionali. Nel progetto di Elkann, dunque, non è previsto alcuno spezzatino, e il fatto che l'erede degli Agnelli non abbia mai incontrato l'Ingegnere in queste settimane dimostra in modo chiaro che non ci sono possibilità di restaurazione né di ritorno al passato. Con questa operazione finisce il Novecento del giornalismo, una volta per tutte. E nelle ultime ore hanno cominciato a capirlo pure le storiche prime file di Repubblica e soprattutto gli ex direttori, che senza il supporto e la protezione dell'Ingegnere rischiano di diventare delle foto appese nella galleria dei fondatori. Perché è chiaro che ormai Exor si allarga in Italia con logiche da editore. Innanzitutto, non c'è più Sergio Marchionne, che aveva un'idea tutta sua dei media. Poi, la presenza di Fca in Italia è così marginale che starà in scia alle scelte prese a Detroit e Parigi. Lo stesso vale per gli altri business della cassaforte Agnelli. Per cui via la polvere dalla redazione, profonda ristrutturazione digitale in linea con quanto sta avvenendo negli Usa e anche a Londra. Il cdr di Repubblica ha diffuso già nella serata di venerdì una nota per ribadire la propria indipendenza e per dire no ad altri tagli. Tra una riga e l'altra si leggeva però la richiesta di aiuto a Carlo De Benedetti. Exor ha risposto ieri pomeriggio tramite una velina diffusa dall'Ansa. Il senso è: «Stabilità e indipendenza». Ma niente «spezzatino o suggestioni nostalgiche». Tradotto: il «mausoleo» di Repubblica sarà abbattuto: Elkann farà ciò che Rodolfo e Marco non hanno avuto la forza di fare. Le aziende si gestiscono anche facendo errori, ma sempre prendendo decisioni univoche e indiscusse. Soprattutto, impedendo che vengano insufflate decisioni dall'esterno. E duole dirlo, ma i giornalisti che anche in questi momenti fanno il tifo in prima pagina per il ritorno al passato confermano quanto servano piani industriali e non logiche di contiguità. Incensare il vecchio non porterà nuovi posti di lavoro: nemmeno per quei commentatori che pensano solo al proprio.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





