2024-10-29
Bucci smentisce i pronostici e mantiene la Liguria a destra
L’inchiesta su Toti non frena il sindaco di Genova, che batte Orlando. Fdi sale sopra il 14%. Il campo largo non esiste più: il M5s paga lo scontro tra Conte e Grillo (che non va al seggio) e crolla sotto il 5%. Renzi gode.Perdere sotto la sua Lanterna, ma portarsi a casa tutta la Liguria. Secondo gli ultimi dati su voti veri, all’ora di cena, il sindaco di Genova Marco Bucci era in testa con il 48,5%, mentre l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando inseguiva al 47,6%. Mentre per il famoso campo largo è notte fonda anche se il Pd si conferma primo partito della Regione con il 28,6%, davanti a Fratelli d’Italia (14,8%) che è quasi dimezzata rispetto all’exploit delle Europee, ma cresce di quasi cinque punti in confronto alle Regionali del 2020. Un dramma a parte, il crollo dei 5 stelle, dilaniati dalla guerra tra Beppe Grillo (che non è andato a votare) e Giuseppe Conte e alleato ormai inaffidabile per il partito guidato da Elly Schlein.Che cosa abbia causato in Liguria l’inchiesta che ha travolto l’ex presidente Giovanni Toti, il quale ha patteggiato una condanna per corruzione che nelle urne avrebbe potuto costare cara al centrodestra, è ben rappresentato dal dato deludente dell’affluenza. Domenica e lunedì ha votato appena il 46% del milione e 430.000 liguri che avevano diritto a esprimersi, contro il già basso 53,4% del 2020. Vuol dire che chiunque vinca rappresenterà poco più di un quarto dei cittadini, almeno in partenza. E che il generale clima di sfiducia nei confronti della politica, ormai persino di quella locale, tiene a casa più di un elettore su due. Il moderato Bucci, ingegnere senza tessere di partito e forte di una buona gestione da sindaco del capoluogo, ha condotto e vinto una campagna elettorale tutta in salita. Nessuno voleva candidarsi dopo quello che era capitato a Toti e la sinistra pregustava già una vittoria in stile Mani Pulite, quando gli arresti, spesso a senso unico, facevano sperare ad Achille Occhetto e Massimo D’Alema di avere la strada spianata. In realtà, anche i liguri, con la scelta di Bucci e del centrodestra in un clima mefitico, hanno dimostrato di sapere benissimo che se un «sistema Genova» esiste, nel senso di politici che vanno e vengono dalle banche di armatori e costruttori, o si accordano con i colossi della grande distribuzione per favorire l’apertura di nuovi ipermercati, si tratta di un meccanismo totalmente trasversale. Esattamente come quello che per mezzo secolo ha ruotato attorno alla Carige, ai porti e alle cooperative rosse. Insomma, il dato politico è che i liguri, le verginelle rosse non le hanno proprio viste. Poi Bucci, convinto personalmente da Giorgia Meloni a correre, ha anche fatto campagna con un tumore alla pelle, beccandosi la solita infelice battuta del post-grillino Nicola Morra, candidato presidente pure lui e punito nelle urne con un imbarazzante 1% di consensi.Sul fronte di Orlando, se il Pd può festeggiare il fatto di essere sempre il primo partito a Genova e in tutta la Liguria, per il resto c’è poco da essere soddisfatti. Orlando vive di politica da trent’anni, ma sicuramente è meno coinvolto del predecessore Claudio Burlando nelle cogestioni del passato. Tuttavia, la sua faccia da eterno bravo ragazzo non è bastata. E poi, da ex ministro della Giustizia, ha quel tocco di giustizialismo che forse non funziona più neppure in una regione tradizionalmente rossa come la Liguria. Fare trasposizioni a livello nazionale è spesso una forzatura, ma va detto che finora il campo largo ha vinto solo in Sardegna con Alessandra Todde. Anche qui in Liguria, nonostante i pm, si è schiantato. Pd e Avs, insieme, hanno preso il 33% abbondante: da soli, alle prossime politiche, non andrebbero da nessuna parte e condannerebbero la Schlein a una sonora sconfitta contro Meloni. Vedere il Movimento 5 stelle prendere un misero 4,6% nella regione di Beppe Grillo rende bene l’idea dell’infinita slavina pentastellata. Dall’«uno vale uno» di Grillo siamo ormai passati all’«uno vale mezzo» e anche meno. Comunque, se smettessero di litigare, Pd, verdi, sinistra e grillini arriverebbero al 38%, stando alla Liguria. Certo, si potrebbe stare lì con il microscopio a discettare sul peso dell’assenza dei renziani dall’accordo per Orlando presidente, più o meno compensato dall’appoggio dei calendiani. Ma anche qui, emerge che il campo largo oggi si reggerebbe solo sulla sinistra perché ha seri problemi a destra con quel che resta del M5s e al centro con l’elevato tasso di litigiosità dei partitini personali. Va segnalato poi che Renzi ha appoggiato per cinque anni Bucci come sindaco e quindi, pur essendo un leader avvezzo a ogni acrobazia, ha raccontato che se la sentiva di fare un «doppio» gioco che invece i socialisti facevano abitualmente nella Prima Repubblica, quando il Psi di Bettino Craxi governava le grandi città con il Pci e poi faceva il governo con la Dc. Ma ciò che resta di queste elezioni, nel campo largo, è che il veto dei 5 stelle su Renzi a livello nazionale, un domani, può far male. Ieri l’ex premier commentava: «Ha perso Giuseppe Conte, e tutti quelli che con lui hanno alzato veti contro Italia Viva. Aver messo un veto su Italia Viva ha portato il centrosinistra alla sconfitta». Lettura condivisa da molti nel Pd. Infine, nel centrodestra si conferma anche in Liguria la fase difficile della Lega, che rispetto alle Regionali del 2020 passa dal 17,14% all’8,5%. Cresce invece Forza Italia, che quattro anni fa prese il 5,27% e ora viaggia intorno all’8%.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)