2019-01-01
Elezioni anticipate in Israele. Con Netanyahu o contro Netanyahu, come da noi ai tempi di Berlusconi
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Il fatto che, a poche ore dalla votazione con cui la Knesset (il parlamento israeliano) ha chiuso in anticipo la ventesima legislatura per andare alle elezioni il 9 aprile, i militari dello Stato ebraico abbiano portato a termine raid sulla Siria e nuove operazioni nei tunnel di Hezbollah in Libano offre più di un indizio sulla prossima tornata elettorale. Sarà una campagna con la sicurezza di Israele come tema centrale. Tutti contro l'attuale numero uno anche se il solo a poter concorrere è Benny Gantz, ex capo dell'esercito che già gode di buoni sondaggi.I motivi sono numerosi, vuoi per l'uscita di scena degli Stati Uniti dalla Siria (un ritiro che rischia di favorire l'avanzata della Russia e soprattutto dell'Iran, ormai l'unico Stato arabo a minacciare Gerusalemme), vuoi perché l'unico che potrebbe fermare la corsa del premier uscente Benjamin Netanyahu verso il record di longevità al potere detenuto dal padre fondatore dello Stato, David Ben Gurion (che è rimasto in carica per oltre 13 anni, fra il 1948 e il 1963), è un ex capo dell'esercito, Benjamin Gantz, detto Benny, che ha da poco sciolto le sue riserve sulla candidatura. In pratica, una sfida tra due Benjamin.Il giorno dopo Natale, il 26 dicembre, 102 dei 120 deputati della Knesset hanno votato a favore dello scioglimento dell'Aula. Da settimane i partner della maggioranza chiedevano al premier Netanyahu di indire elezioni anticipate dopo le dimissioni del ministro della Difesa, Avigdor Liberman, uscito dall'esecutivo dopo uno scontro con il primo ministro sulla politica da adottare nei confronti di Hamas: il numero uno della Difesa chiedeva un'operazione contro il gruppo terroristico palestinese, il premier ha preferito un cessato il fuoco su Gaza, ritenuto dall'ala destra della sua coalizione una resa ai terroristi. Dopo l'uscita dalla maggioranza di governo del partito populista di Liberman, Israel Beiteinu (Israele, casa nostra), la coalizione di maggioranza poteva contare su una risicatissima maggioranza, di soli 61 seggi sui 120 dell'Assemblea. In pratica, con l'uscita dei cinque deputati di Liberman, sarebbe bastato un ribelle per affossare il governo.Netanyahu, 69 anni, in carica da quasi dieci (e con un triennio alle spalle, tra 1996 e 1999), è favorito nei sondaggi. Lui punta su una coalizione simile a quella attuale, che ha dato vita al governo considerato da molti il più a destra della storia di Israele. «La coalizione attuale costituisce il cuore della prossima» e «chiederemo un mandato chiaro agli elettori per continuare a guidare il Paese con la nostra politica», ha detto. Il premier ha preferito tornare alle urne non soltanto alla luce dei sondaggi a lui favorevoli ma anche viste le grosse difficoltà a far votare una legge sulla coscrizione degli ebrei ultraortodossi nell'esercito, a cui si oppongono i due partiti religiosi della maggioranza. Con Netanyahu o contro Netanyahu: per l'assenza di un'opposizione organizzata e credibile, la campagna elettorale si combatterà sulla figura del premier uscente, un po' com'è stato per anni in Italia per Silvio Berlusconi. Netanyahu si presenterà come l'usato sicuro, l'unico con esperienza e credibilità tali da riuscire a proteggere Israele. I suoi avversari lo dipingeranno come un pericolo per la democrazia vista la serie di indagini per corruzione: la polizia ha, infatti, raccomandato la sua incriminazione in tre diverse indagini e il procuratore generale sta valutando come procedere. Tutto questo però non sembra, secondo gli analisti, cambiare di molto il numeri di seggi che il partito del premier, il Likud, e la sua coalizione conquisteranno ad aprile.Nelle elezioni si intravedono elementi comuni alla politica occidentale, dalla preoccupazione per il bilancio pubblico, alle proteste dei gilet gialli, dalla crisi della sinistra (rischia di perdere 15 seggi, passando da 24 a 9, secondo gli ultimi sondaggi) fino al ruolo di Donald Trump. Proprio la posizione del presidente degli Stati Uniti, grande alleato e sostenitore di Netanyahu, rischia di mettere in difficoltà la coalizione del premier. Trump ha infatti recentemente promosso, dopo l'apertura dell'ambasciata Usa a Gerusalemme, un piano di pace tra Israele e palestinesi. Un'idea che però, se rinnovata in questi mesi di campagna elettorale, rischia di mettere alle corde Netanyahu, che potrebbe essere costretto a scegliere tra la destra populista e il suo principale alleato. Una scelta che il premier non vorrà fare ma che lascerà automaticamente ampi spazi alla sua destra. Il Times of Israel è arrivato a sostenere che il Paese potrebbe risparmiare 1,8 miliardi di shekel (420 milioni di euro circa, cioè il costo stimato per la tornata elettorale) proclamando subito Netanyahu vincitore. Nessuno tra i suoi rivali annunciati sembra infatti in grado di soffiargli la guida del Paese. Ma a frenare tutto è la possibile candidatura di Benny Gantz, ex capo dell'esercito che, dopo pochi giorni dall'annuncio della creazione di un suo partito, già gode di buoni sondaggi. Tuttavia, la storia dei vertici dell'Idf che hanno tentato la via della politica è controversa: da una parte i successi di Yitzhak Rabin ed Ehud Barak, ma dall'altra il clamoroso flop di Amnon Lipkin-Shahak. E Gantz, secondo gli osservatori israeliani, è più simile come temperamento, appoggi politici e orientamenti a quest'ultimo piuttosto che ai primi due. L'unica strada per lui sarebbe quella di puntare sugli anti Netanyahu, dalla sinistra ai centristi fino ai falchi di destra, ma una campagna elettorale contro chi da dieci anni guida il Paese, è in testa ai sondaggi e ha ottimi alleati internazionali non si imbastisce in tre mesi. media3.giphy.com
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