2020-07-31
Elezioni a Hong Kong, la Cina trucca le urne
Esclusi 12 attivisti pro democrazia dal rinnovo del parlamentino locale. Tra loro anche Joshua Wong, il simbolo della battaglia per la libertà. La legge sulla sicurezza strumento per reprimere il dissenso. Versioni diverse sull'incontro tra Luigi Di Maio e il suo omologo di Pechino.È già stata ribattezzata, citando il celebre film di Robert Aldrich sullo sbarco in Normandia, «quella sporca dozzina». Dodici attivisti pro democrazia di Hong Kong hanno ricevuto ieri la lettera di squalifica dai funzionari elettorali e non potranno correre alle elezioni di settembre per il rinnovo della LegCo, il parlamentino locale, ancora in bilico a causa della fiammata di casi di Covid-19. Nello stesso giorno, quattro studenti (tre uomini e una donna di età compresa tra i 16 e i 21 anni) sono stati arrestati dalle autorità di Hong Kong con l'accusa di aver incitato sui social network alla secessione dell'ex colonia dalla Cina. Una notizia confermata dalla polizia che le associazioni per i diritti civili hanno interpretato come il segnale che la legge sulla sicurezza nazionale, approvata lo scorso giugno, verrà utilizzata per reprimere il dissenso e colpire chiunque chieda l'indipendenza e la democrazia a Hong Kong. Con questi arresti si chiarisce che la legge non servirà per «proteggere la sicurezza nazionale», ma per «mettere a tacere il dissenso», ha commentato Sophie Richardson, direttrice di Human rights watch per la Cina.Tra i dodici squalificati per «mancanza di requisiti», come spiegato dal governo di Hong Kong, c'è anche Joshua Wong, l'attivista simbolo delle battaglie pro democrazia nell'ex colonia britannica. Su Twitter il suo annuncio: «Sono stato appena squalificato dalle elezioni, malgrado fossi il principale vincitore delle primarie a Hong Kong». Sempre attraverso Twitter ha definito lo stop come la dimostrazione del «un totale disprezzo per la volontà degli abitanti di Hong Kong». E ancora: la Cina «calpesta l'autonomia della città e tenta di mantenere il potere legislativo della città sotto il suo controllo». La squalifica di «quasi tutti i candidati democratici», ha aggiunto Wong, è «la più grande repressione di sempre» sul movimento democratico della città. Di «violazione dei diritti fondamentali alla libertà di espressione e alla partecipazione a libere elezioni garantiti dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, che è incorporata nel quadro legale di Hong Kong tramite la Basic law», ha parlato Richardson di Human rights watch.Ma potrebbe non essere finita qui. Il governo di Hong Kong, guidato da Carrie Lam, ha precisato che «è possibile che altre candidature vengano invalidate», visto che le liste sono ancora «in fase di revisione». La governatrice ha incassato gli applausi dell'Ufficio di collegamento cinese a Hong Kong, che ha accusato gli attivisti di aver «superato la linea di fondo della legalità». Non si tratta di «censura politica, restrizione alla libertà di parola o privazione del diritto di battersi alle elezioni», ha provato a spiegare la rappresentanza cinese nell'ex colonia britannica. «Come poteva la Camera legislativa autorizzare nella sua assemblea questi delinquenti senza scrupoli che cercano di distruggere il modello “un Paese due sistemi" e la prosperità di Hong Kong nella sua assemblea», si chiede l'Ufficio in una nota.Si è parlato della situazione a Hong Kong e della tutela dell'autonomia dell'ex colonia britannica anche durante il colloquio in videoconferenza tra il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, ed il suo omologo cinese, Wang Yi. Di quella chiacchierata di ieri mattina, però, ci sono due versioni diverse: una della Farnesina, l'altra del ministero degli Esteri cinese. Che aggiunge qualcosa in più rispetto alla controparte italiana sostenendo che Pechino ha chiesto a Roma di rimanere «indipendente» davanti a «certi Paesi» che tentano di intromettersi nel loro rapporto (leggasi: Stati Uniti). Inoltre, secondo quanto diffuso da Pechino (probabilmente nel tentativo di tirare per la giacchetta Di Maio dopo le sue recenti dichiarazioni di atlantismo), il ministro degli Esteri italiano avrebbe ringraziato il governo cinese per l'aiuto contro il coronavirus e detto all'omologo che «l'Italia vorrebbe fare da ponte negli affari internazionali» agevolando il dialogo tra Cina e Unione europea.Il giorno dopo la rivelazione del New York Times dell'hackeraggio dei RedDelta legati al governo cinese contro il Vaticano, la diocesi di Hong Kong, la Missione di studio di Hong Kong e il Pontificio istituto missioni estere, la cui posta non ha funzionato per settimane mentre il sito di Asia news - critico sugli accordi tra Santa Sede e Pechino - non ha subito danni malgrado diversi attacchi andati a vuoto, si è discusso anche alla Camera. Montecitorio ha approvato di fatto all'unanimità le mozioni di maggioranza e opposizioni riguardanti «iniziative, in ambito internazionale ed europeo, in ordine al rispetto degli accordi internazionali relativi all'autonomia di Hong Kong e alla tutela dei diritti umani in tale territorio». Quella della maggioranza impegna il governo, tra le diverse cose, a sostenere in sede Ue «l'avvio di una riconsiderazione complessiva delle relazioni con la Cina popolare, alla luce delle ripetute violazioni dei diritti umani, ed in vista dell'adozione di possibili sanzioni in reazione alla reiterazione di tali violazioni». Quella dell'opposizione «ad assumere iniziative per aderire» al dialogo Ue sul «rispetto degli accordi internazionali che garantiscono l'autonomia» di Hong Kong «in forza del principio condiviso di «un Paese, due sistemi».