Male il quarto trimestre: Pil a -5%, contro il -2,5% americano e il +6,5% del Dragone. Nel 2020 perso il 6,8% Nel nostro Paese l'export è crollato del 9,7%. Il rischio è finire strangolati nella lotta fra Washington e Pechino
Male il quarto trimestre: Pil a -5%, contro il -2,5% americano e il +6,5% del Dragone. Nel 2020 perso il 6,8% Nel nostro Paese l'export è crollato del 9,7%. Il rischio è finire strangolati nella lotta fra Washington e PechinoIl Pil dei Paesi che usano l'euro nell'ultimo trimestre del 2020 non ha rialzato la testa. Ha deluso le aspettative di chi sperava che il Vecchio continente fosse riuscito a trovare un equilibrio tra la tutela della salute e della ricchezza. Purtroppo i ripetuti lockdown hanno lasciato il segno. Il calo del trimestre è stato dello 0,6%, ma se si si confronta con lo stesso periodo del 2019 la percentuale schizza al 5. Sempre preceduta da segno meno. Il dato complessivo annuale spalmato sui 12 mesi è ancora più sconfortante. Meno 6,8% nell'area euro e meno 6,4 nel complesso dell'Ue. In parallelo è necessario fare il confronto con gli Stati Uniti e la Cina. Il Pil a stelle e strisce è sceso di un 2,5% (ultimo trimestre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019). Praticamente la metà rispetto all'Ue. Stesso rapporto che gli Usa sono riusciti a tenere nei tre trimestri precedenti. Differente il discorso cinese.Qui i dati sono stellari. Ovviamente vanno presi per buoni immaginando che siano anche corretti. Fatta la debita premessa, il Pil del Dragone nell'ultimo trimestre del 2020 è salito del 6,5%. Uno sprint incredibile dovuto alla peculiare gestione del Covid, un mix di tecnologia e mano militare che solo Pechino può permettersi. In poche parole l'Europa arriva alla primavera, il giro di boa del primo anno di pandemia, con il fiato cortissimo. E con due fallimenti già confermati. Il primo è quello dei piani vaccinali. I vertici di Bruxelles (oltre che Angela Merkel) hanno ammesso gli errori di stima e i ritardi. Non solo. A oggi i poderosi miliardi del Recovery fund non esistono. E non esisteranno a breve. Il che significa che se Joe Biden farà bene e la Cina terrà il passo sarà molto difficile per il Vecchio continente resistere. Il rischio, ancor più grave oggi, è che diventi il vaso di coccio schiacciato tra quelli di ferro. Gli Stati Uniti potrebbero tornare a essere un importante alleato in una fase storica delicata per i rapporti interni all'Ue e le relazioni con Cina e Russia. A differenza di Donald Trump, Biden sta tentando di chiedere agli alleati Ue un approccio condiviso con la Cina e in seconda istanza con la Russia. L'annuncio del trattato Cai (Comprehensive agreement on investment) rischia di aggiungere tensione a quella che già esiste all'interno dei Paesi Ue. Spaccati su due diversi approcci alla condivisione del rischio debito. Gli Usa potranno spingere i Paesi del Mediterraneo a cercare una condivisone d'intenti con quelli del Nord. Solo quando ci sarà l'allineamento Biden potrà ottenere l'obiettivo di fronteggiare e cooperare con la Cina secondo l'ottica dei dem. Gli Usa non arriveranno a tale risultato se non ci sarà pacificazione dentro il Vecchio continente ma ciò non avverrà finché il Sud non otterrà qualche garanzia sugli Eurobond e sulle tutele alle proprie banche. Ecco che la Casa Bianca si aspetta da Mario Draghi una importante collaborazione su tali temi. Il problema è però in che condizioni economiche l'Ue arriverà alla trattativa finale. Più sarà affaticata più dovrà suggellare le relazioni accettando di cedere aziende e know how. Non solo nel campo della filiera dei vaccini, ma anche in quello dei settori cyber. Mentre nel 5G l'Ue ha poco da cedere. Inutile dire che i Paesi europei si troveranno ancor di più a dover fronteggiare le tentazioni cinesi e a dover scegliere strategie di lungo termine. Non realizzi di breve gioia.In questo scenario, l'Italia rappresenta un caso da letteratura, in negativo. L'export, dato fondamentale per il nostro Paese, ha segnato nel corso del 2020 in crollo complessivo del 9,7%. Hanno tenuto bene solo i settori di eccellenza. Il tema shopping, dunque, per la Penisola diventa di interesse doppio. Oggi Mario Draghi si trova a chiedere la fiducia in un momento in cui l'economia tricolore tocca il suo fondo e il piano vaccinale implode. Sono le due rotaie parallele necessarie per far ripartire l'Italia. Inutile dire che anche se il nuovo premier riuscisse a riscrivere il Recovery plan in sole tre settimane, i fondi Ue non si sbloccherebbero se non dopo l'estate. Nel frattempo ad aprile ci sono scadenze fiscali per almeno 10 miliardi di euro, fra 15 giorni finisce il blocco delle cartelle esattoriali e soprattutto a fine marzo quello dei licenziamenti. Ieri il neo ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha incontro altre parti sociali (domenica era stato il turno di Cgil, Cisl e Uil) e si muove nel tentativo di trovare una soluzione mediana. Mantenere il divieto di licenziamento solo per alcuni settori, quelli più colpiti e meno flessibili. Con tali numeri e cali statistici la via per la ripresa è veramente stretta.
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Oggi, a partire dalle 10.30, l’hotel Gallia di Milano ospiterà l’evento organizzato da La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Una giornata di confronto che si potrà seguire anche in diretta streaming sul sito e sui canali social del giornale.
Clicca qui sotto per consultare il programma completo dell'evento con tutti gli ospiti che interverranno sul palco.
Evento La Verità Lunedì 15 settembre 2025.pdf
Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Il conservatore americano era aperto al dialogo con i progressisti, anche se sapeva che «per quelli come noi non ci sono spazi sicuri». La sua condanna a morte: si batteva contro ideologia woke, politicamente corretto, aborto e follie del gender.