2021-07-18
Il capolavoro degli ecologisti sarà lasciarci tutti quanti al verde
Ursula von der Leyen (Ansa)
La rivoluzione verde annunciata da Ursula von der Leyen rischia di lasciare tanti italiani al verde. Non è una battuta: è il concreto pericolo che corriamo. Mentre gli ecologisti applaudono alla notizia che presto le auto non viaggeranno più né a benzina né a gasolio e i motori dovranno essere rigorosamente elettrici, qualcuno dovrebbe fare i conti dei posti di lavoro che si perderanno, ma anche degli incassi per le pubbliche amministrazioni che si volatilizzeranno e che, in qualche modo, dovranno essere rimpiazzati dalle tasse dei cittadini.Voglio fare pochi, ma semplici esempi. Partiamo dalla benzina. Se il motore a scoppio sarà sostituito da una batteria, è chiaro anche a un grillino che l'erario perderà gli introiti che gli provengono dalle accise sui prodotti petroliferi erogati dalle pompe delle stazioni di servizio. In base ai dati precedenti alla pandemia, non cioè nell'anno in cui gli italiani sono stati costretti a rinchiudersi in casa, lo Stato, grazie al pieno, incassava all'incirca 25 miliardi. Ipotizziamo che, vietando la produzione di veicoli a motore, nei prossimi vent'anni il parco auto elettrico si incrementi fino a raggiungere il 50% dei veicoli circolanti. Troppo? Beh, allora facciamo il 30%. Un terzo di 25 miliardi fa all'incirca 8,3 miliardi che verranno a mancare, ovvero più di ciò che costa ogni anno il reddito di cittadinanza, più di quanto costerebbe quota 100 se rimanesse viva anche nel 2022. Ma è ovvio che, con il passare degli anni e la rottamazione delle macchine che viaggiano a gasolio o a benzina, il buco nelle casse pubbliche in futuro sarà destinato ad aumentare, perché diminuiranno le vendite di prodotti petroliferi. Tralascio le considerazioni riguardanti la riduzione delle stazioni di servizio e la conseguente perdita di posti di lavoro e di imposte sugli utili delle compagnie petrolifere, perché qui rischiamo di addentrarci in un terreno complicato dove è difficile fare stime. Tuttavia, anche il solito grillino capisce che se ci sono più auto elettriche in circolazione e meno a motore, gli introiti alla pompa diminuiranno e le aziende licenzieranno, rinunciando al servizio. Dunque si apre un piccolo problema: chi pagherà i costi di questa «transizione ecologica». Noi.Ma andiamo avanti. Ogni anno il Comune di Milano, come molti altri municipi, incassa milioni con la scusa di scoraggiare l'ingresso in città dei veicoli inquinanti. A essere colpite sono le auto più vecchie, mentre quelle elettriche sono libere di scorrazzare gratuitamente perché non emettono polveri sottili. Qualora, come molto probabilmente accadrà, aumentino i veicoli elettrici, anche il grillino comprenderà che diminuiranno gli automezzi obbligati a pagare la tassa sulle emissioni inquinanti. Nel capoluogo lombardo i contribuenti ogni anno versano un obolo che si aggira intorno ai 30 milioni. Considerando il 30% di cui sopra, significa che fra qualche anno all'appello del bilancio municipale mancheranno una decina di milioni. Chi li pagherà? Come nel caso delle accise che verranno a mancare, la risposta mi pare abbastanza scontata: chi versa le tasse. Le imposte sulla benzina verranno sostituite da imposte per l'ambiente (come da tempo si paga in bolletta l'incentivo per l'energia solare), quelle per l'ingresso in città saranno ribattezzate con un altro nome, togliendo di mezzo lo scopo ecologico per far quadrare i conti.Fin qui potremmo dire che siamo a saldo zero: stangati eravamo e stangati saremo anche in futuro.Ma poi c'è un aspetto che pare sottovalutato da chiunque: intorno all'auto a motore lavorano centinaia di migliaia di persone. Moltissime per fabbricare pistoni, serbatoi, iniettori, radiatori. Ma se di tutto ciò non ci sarà più alcun bisogno, che faranno questi operai? Che fine farà il loro posto? Già sento la risposta: saranno destinati a nuove produzioni. Ovvio: come tutti i dipendenti delle fabbriche automobilistiche che nel corso degli anni sono state chiuse: da Arese a Termoli. Forse una parte sarà fortunata se produrrà batterie elettriche per autovetture. Ma gli altri? Soprattutto, che fine faranno i meccanici, ossia gli artigiani delle officine di riparazione che oggi cambiano l'olio, revisionano il motore, rimboccano il liquido refrigerante, sostituiscono pompe e cinghie di trasmissione? Anche loro verranno riciclati come gli operai delle catene di montaggio? Solo in Italia, lavorano nel settore alcune centinaia di migliaia di persone e complessivamente, intorno al mondo dell'auto, ne ruotano circa 600.000, forse addirittura di più. Che ne facciamo? In nome della rivoluzione verde li lasciamo al verde? Diamo anche a loro il reddito di cittadinanza? Oppure li rottamiamo affidandoli a Pasquale Tridico, il grillino che presiede l'Inps?Chiarisco: io non auspico più smog per tutti. Anche io sono per la conservazione dell'ambiente, l'aria pulita, il rispetto della natura, la riduzione delle polveri sottili eccetera. La macchina elettrica piace anche a me, perché non lascia scie puzzolenti e non fa rumore. Però so che è un lusso, non soltanto perché costa più di una vettura tradizionale, ma perché mi è noto che la rivoluzione verde avrà dei costi sull'occupazione e anche sul portafoglio degli italiani. Ma questo né ai contribuenti né ai dipendenti viene spiegato. Eh, già: la decrescita felice non è un pranzo di gala, ma un pranzo che qualcuno rischia di pagare a caro prezzo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)